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G20: Amburgo, i Grandi fantasmi della governance

Scritto per La Voce e il Tempo uscito il 13 luglio e datato 16 luglio 2017

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Se il G20 di Amburgo non si fosse fatto, nessuno ne avrebbe sentito la mancanza. E le centinaia d’agenti e di manifestanti rimasti contusi nelle proteste a margine del Vertice si sarebbero evitati botte e guai. Il fatto stesso che il siparietto di papa Trump e della figlia Ivanka sia divenuto il clou delle cronache fotografiche, insieme agli incidenti, la dice lunga sulla modestia dei risultati.

Nel G20 i crinali sono molteplici, politico/ideologici, regionali, economici. Gli spartiacque variano a seconda dei temi: questa frastagliatura di alleanze e posizioni è uno degli elementi di debolezza della capacità di governance del G20, del tutto inadeguata rispetto alle attese riposte nel Gruppo all’inizio della crisi economica del 2008/’09, nonostante esso rappresenti il 65% della popolazione e l’86% del Pil mondiali.

Mi dimentico la tregua in Siria? Nossignore. E se tiene è una buona cosa: qualche morto ammazzato in meno, in quella terra da sei anni insanguinata e martoriata. La tregua però non è frutto del Vertice ma del bilaterale tra i presidenti Usa Donald Trump e russo Vladimir Putin. Che, apparentemente, si sono piaciuti.

I figli dei Grandi, delizie e crucci

Il siparietto ‘padre / figlia’ segna la seconda e ultima giornata del G20 a leadership di turno tedesca. Il papà presidente lascia il tavolo dei lavori, per un incontro a margine, e la figlia ne prende il posto: pare una scena da ‘bimbi in ufficio’ e, invece, accade alla massima assise multilaterale globale. Trump s’allontana e non viene sostituito dal suo vice, o dal segretario di Stato, ma da Ivanka, che è ‘assistente speciale’ senza soldo – nel senso che non è retribuita – del padre presidente, con tanto d’ufficio alla Casa Bianca.

C’è un momento d’imbarazzo, ma i lavori proseguono: in fondo, se i rappresentanti degli Stati Uniti si comportano come fossero Kim nordcoreani, è affare loro. Ufficialmente, Ivanka era ad Amburgo perché è fra i promotori, con Angela Merkel, del fondo creato dalla Banca Mondiale per facilitare l’accesso ai prestiti delle donne imprenditrici nel Paesi in via di sviluppo. Il progetto ha finora raccolto 325 milioni di dollari (50 solo negli Usa) e punta a mobilitarne dieci volte di più.

Papà Donald, che si coccola la figlia ed è “molto orgoglioso” del lavoro di Ivanka, neppure capisce sorpresa e polemiche: “Angela era d’accordo”, twitta. E, con la consueta faccia tosta, sostiene: “Se Ivanka non fosse mia figlia, le sarebbe tutto molto più facile”.

Ma al ritorno in patria Donald sr sconterà la ubris paterna con la dabbenaggine del figlio primogenito Donald jr, scoperto dal NYT con le dita nella marmellata del Russiagate: non solo cascò nella trappola di un’avvocatessa russa che avrebbe avuto informazioni compromettenti su Hillary Clinton, ma la accolse alla Trump Tower con il genero Jared Kushner, il marito di Ivanka, e il manager della campagna Paul Manafort (senza, per altro, ottenerne nulla).

Costretto a pubblicare le sue imbarazzanti mail di quella vicenda, che il NYT stava per mettere online, adesso Donald jr passa il tempo a spiegare che papà non sapeva nulla. Ovviamente, non gli crede nessuno.

Minimi sussulti vitali dei leader dei Grandi

Ma torniamo al G20 di Amburgo. Dove, in realtà, qualche piccolo sussulto vitale i leader dei Paesi più ricchi lo hanno avuto. Hanno raggiunto un’intesa, che non era scontata, pro libertà degli scambi e contro il protezionismo – ma un passaggio contraddittorio  riconosce ai Governi il diritto di tutelare i propri interessi -. Sul clima s’è invece ripetuto lo scenario del G7 di Taormina con gli Stati Uniti isolati nel no agli Accordi di Parigi: là sei contro uno, qui 19 contro uno. Sull’economia, l’Fmi invita i leader a stemperare un po’ l’ottimismo della ripresa, alla luce dei rischi legati soprattutto alle instabilità politiche. La dichiarazione sulla lotta al terrorismo era scontata, pronta dalla vigilia.

Quanto all’immigrazione, le conclusioni del G20 non offrono all’Italia sponde concrete e lasciano ciascun Paese libero di tutelare i propri confini. Il premier Paolo Gentiloni raccoglie solidarietà e nulla di concreto: lui insiste che chi accoglie non dev’essere lasciato solo, ma la proposta dell’Ue per sanzioni dell’Onu agli scafisti salta causa opposizione di Russia e Cina.

Uno scenario che ricalca quello delle varie riunioni Ue dedicate ai migranti negli ultimi giorni: l’incontro informale dei ministri dell’Interno dei 28 a Tallin, la riunione di Frontex a Varsavia, l’appuntamento trilaterale Francia-Germania-Italia a Trieste. Certo non aiutano massimalismi e allarmismi italiani; come sono negativi egoismi e miopie nazionali, specie dei Paesi dell’Est.

… di qui in avanti, l’articolo riprende post già pubblicati il 7, 8 e 9 luglio …

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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