L’epidemia come scorciatoia per realizzare le promesse mancate della sua presidenza, dal blocco dell’immigrazione alla restituzione agli americani dei posti di lavoro nel manifatturiero. Certo, è una scorciatoia seminata di decine di migliaia di morti – lui considera un successo non andare oltre 60 mila – e di decine di milioni di disoccupati – già 22,5 milioni in cinque settimane -, l’economia in recessione e il petrolio addirittura ‘sotto zero’ (bisogna pagare per venderlo).
Ma tutto ciò è sempre colpa di qualcun altro – e anche questa è una scorciatoia -: la Cina, che non si sa che cosa combini nei laboratori di Wuhan – e chi se n’importa se gli scienziati assicurano che il virus è naturale, dagli animali all’uomo, e non è una manipolazione genetica -; dell’Oms che tiene bordone alla Cina e non diede l’allarme in tempo – circostanza smentita -; degli esperti che, se fosse per loro, “terrebbero chiuso tutto”; e dei governatori (democratici) che non vogliono riaprire, magari perché sono alle prese con focolai di contagio ostinati.
A causa “dell’attacco del nemico invisibile”, Donald Trump, l’uomo che prende la scorciatoia, annuncia il blocco temporaneo dell’immigrazione negli Stati Uniti: di briefing in tweet, il magnate presidente afferma la necessità “di proteggere i posti di lavoro del nostro grande Paese” – gli agricoltori di California e Texas s’arrangino, per gli stagionali che garantiscono il raccolto -. Trump esalta la rinascita dell’America dal lockdown anti-epidemia e loda i governatori che stanno riaprendo i loro Stati, allentando o revocando del tutto le restrizioni: il presidente, in piena campagna elettorale, torna a solleticare, come fece con successo nel 2016, gli istinti anti-establishment dell’individualismo americano, ammiccando alla Alt-right, ma anche ai libertari, cioè i renitenti alle regole, specie se sono imposte dallo Stato..
L’America è guarita? Mai stata così malata, dicono le cifre, anche se il contagio potrebbe avere raggiunto il suo picco e, in alcuni Stati, anche in quello di New York, il più colpito, sta calando. Secondo i dati della Johns Hopkins University, che lunedì contava 1.433 decessi, i positivi al virus negli Usa s’avviano a raggiungere quota 800 mila – un contagiato su tre al Mondo è statunitense -, mentre le vittime hanno ormai superato quota 42 mila.
Ma il Texas e gli Stati del Sud cominciano a riaprire attività non essenziali, stimolati dal presidente e sotto la pressione delle proteste di cittadini e piccoli imprenditori: nelle numerose manifestazioni dei giorni scorsi, non sono mai mancati i cartelli della campagna di Trump. Indizio di una regia che non sarà forse del presidente, ma certo del suo staff.
Fra gli Stati che riaprono, oltre al Texas, c’è la South Carolina che autorizza la riapertura di empori, negozi al dettaglio e mercati dell’usato, a patto di rispettare le linee guida sulle distanze sociali. Inoltre, la Georgia darà via libera da venerdì 24 a palestre, barbieri e parrucchieri, saloni di bellezza, centri massaggi e tatuaggi; e da lunedì 27 anche a ristoranti e cinema. In Tennessee, l’ordine di stare a casa sarà revocato a partire dal 30 aprile; nell’Indiana dopo il 1° maggio
Conscio che il magnate sta utilizzando l’epidemia per ritrovare la sintonia con il suo elettorato, nonostante i morti, i posti di lavoro perduti e il tonfo del Pil, Joe Biden, il candidato democratico alla Casa Bianca, esce dal riserbo degli ultimi giorni e attacca Trump: ha fallito – sostiene -, perché non ha agito in tempi rapidi contro l’epidemia e ciò “sta costando enormemente all’America”. “E’ finito il tempo delle scuse”, aggiunge Biden, riferendosi al fatto che il presidente scarica puntualmente la responsabilità di quanto accade su altri.
L’ex vice-presidente di Barack Obama si sente forte dell’unità del partito ritrovata sul suo nome e sta per ricevere l’endorsement di Michelle Obama, un ‘wild card’ da giocare con le donne e i neri (c’è chi s’immagina un ‘dream ticket’ Joe-Michelle, anticamera d’una presidenza dell’ex first lady nel 2024).
Dalla Casa Bianca, nel briefing quotidiano, il magnate presidente difende il suo operato: “Da mesi non lascio la Casa Bianca e ho salvato molte vite umane”, sostiene, citando la decisione di bloccare i voli dalla Cina, anche se in realtà alcuni collegamenti sono tuttora operativi e il divieto d’ingresso negli Usa dalla Cina non vale per i cittadini statunitensi, i residenti e le loro famiglie.
In prospettiva elettorale, l’epidemia allunga la sua ombra sull’Election Day: secondo un sondaggio del Wall Street Journal, una netta maggioranza di americani, il 58%, è favorevole a rivedere e cambiare la legge elettorale, in modo che tutti abbiano la possibilità di votare per posta. Due quinti degli intervistati sono invece contrari. I lockdown hanno già alterato la corsa alla Casa Bianca, inducendo diversi Stati a rimandare – per ora a giugno – le primarie previste tra aprile e maggio.