Dwight F. Davis su un ‘court’ fine Ottocento / inizio Novecento: pantaloni lunghi bianchi, t-shirt bianca con sopra un maglioncino con il collo a V, la preparazione del dritto scolastica lungo la linea di fondo, piede sinistro avanti, ginocchio destro piegato, braccio destro ben indietro, la racchetta – piccola e di legno – aperta (un po’ troppo, per i canoni odierni). Una palla di Sinner passerebbe prima che lui accenni il movimento, un po’ compassato; ma allora, cioè a cavallo tra il XIX e il XX Secolo, le palline viaggiavano più lente, molto più lente.
Le foto dell’epoca ci consegnano un Dwight Fillet Davis quasi in posa sui campi da tennis – anche gli scatti degli obiettivi erano meno veloci -: più elegante che atletico, più impostato che muscoloso. Un campionissimo, Davis non lo è mai stato: un buon giocatore di un tennis ancora pionieristico. Più che alle vittorie, il suo nome è legato all’invenzione e all’organizzazione del torneo a squadre più prestigioso, e più antico, di questo sport: la Coppa Davis.
Ventenne, Dwight nel 1899 ne progettò la formula iniziale, traducendola in pratica nel 1900; e ne giocò le prime due edizioni, vincendole con gli Stati Uniti – nella prima, capitanava la squadra -. All’inizio, e per quasi mezzo secolo, si chiamo International Lawn Tennis Challenge; e soltanto dopo la morte di Davis, da poco finita la Seconda Guerra Mondiale, divenne, proprio in suo onore, la Coppa Davis.
Il percorso della Davis
Il torneo si disputa ogni anno, interrotto soltanto dai conflitti mondiali. E, fino al 1960, la vittoria, anzi la finale, rimase un affare riservato a un club ristretto di quattro Paesi: Australia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. La prima a intrufolarsi nel quadrumvirato fu proprio l’Italia, con le finali del ’60 e del ’61, entrambe perse contro l’Australia; il primo ad aggiudicarsi il trofeo fuori dal giro fu nel ’74 il SudAfrica, che però vinse senza giocare per via dell’apartheid allora vigente nel Paese.
Dopo avere sconfitto in semifinale a Johannesburg gli italiani per 4 a 1, i sudafricani dovevano affrontare in casa in finale l’India, che si rifiuto di affrontarli, lasciano loro il successo a tavolino. Così, la prima vittoria ‘extra Super Quattro’, senza polemiche e diatribe, fu quella della Svezia ‘Borg dipendente’ l’anno dopo .
Tutte cose che Davis non vide: la coppa d’argento da lui donata e destinata al vincitore era toccata, fin quando lui era vivo, 12 volte agli Stati Uniti, nove alla Gran Bretagna, sette all’Australia e sei alla Francia. Nato a Saint Louis nel Missouri nel 1879, Dwight veniva da una famiglia importante: il nonno, Oliver Dwight, era stato sindaco di Saint Louis dal 1858 al ’61; un cugino, Chauncey Ives, fu sindaco dal 1863 al ’64.
Davis il tennista
Studente all’Università di Harvard e poi a quella di Washington, sportivo, Davis s’impose nel 1899 nel campionato americano universitario e fu due volte finalista, e due volte battuto, agli US Open del 1898 e del ’99, ma si rifece in doppio, vincendo il titolo per tre anni consecutivi, ‘900, ‘901 e ‘902, in coppia con Holcombe Ward. Nel 1901, la coppia raggiunse la finale del torneo già allora più prestigioso, Wimbledon. Una foto li ritrae seduti, la racchetta in pugno, dopo un successo.
Mentre studiava e giocava, Davis ebbe l’idea della competizione a squadre e riuscì a concretizzarla in tempi molto brevi. Del resto, le prime edizioni furono un affare privato tra Usa e Gran Bretagna: il fatto di disputarsi in America era un handicap per le altre squadre. Solo quando il torneo si giocò in Europa, la partecipazione si allargò.
Nel 1904, Davis partecipò alle Olimpiadi che si svolsero a casa sua, a Saint Louis. Fu però eliminato al secondo turno del torneo di singolare. Nel torneo di doppio, con Ralph McKittrick, perse ai quarti di finale.
Davis l’uomo, l’amministratore, il militare, il politico
Terminati la carriera sportiva e il percorso universitario – studiò giurisprudenza alla Washington University Law School -, Davis non fece mai l’avvocato, ma s’avvicinò alla politica: fu molto attivo nella sua città natale e ricoprì il ruolo di commissario per i parchi pubblici di Saint Louis dal 1911 al 1915. Durante il suo mandato, ampliò le strutture sportive e creò i primi campi da tennis municipali degli Stati Uniti.Nel frattempo, nel 1905, s’era sposato con Helen Brooks.
Durante la Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, Davis, che aveva allora 36 anni, si addestrò militarmente nel 1915 e poi, tra il 1916 e il ’17, visitò l’Europa come membro del Rockefeller War Relief Board. Quando gli Stati Uniti entrarono nel conflitto, fu arruolato come soldato semplice nella Missouri National Guard.
Mandato in Francia, promosso ufficiale, prestò servizio in una brigata di fanteria della 35° divisione e si guadagnò una croce di guerra: fu congedato con il grado di colonnello della riserva
Tornato alla vita civile e politica dopo la Grande Guerra, nel 1920 cercò di conquistare un seggio al Senato per il partito repubblicano: ottenne alle primarie oltre il 38% delle preferenze, ma non la nomination. Ma sotto le successive presidenza repubblicane ebbe posti di rilievo.
Fu al servizio del presidente Calvin Coolidge, succeduto nel 1923 a Warren G. Harding, deceduto improvvisamente d’infarto, come assistente del segretario alla Guerra (1923-‘25) e come segretario alla Guerra (1925-‘29) – oggi diremmo alla Difesa -. In seguito fu governatore generale delle Filippine (1929-‘32), durante la presidenza di Herbert Hoover.
Un decennio, quello degli Anni Venti, in cui gli Stati Uniti crebbero, tra battaglie retrograde, come quella del proibizionismo, e dilagare della criminalità organizzata, senza però accorgersi dell’arrivo della Grande Crisi del 1929, che precipitò l’Unione in anni drammatici di povertà e disperazione, e neppure della tragedia che si preparava in Europa con l’avvento al potere di fascismo e nazismo.
Nel 1924, Davis ebbe il suo momento di maggiore notorietà, quando, il 15 dicembre, il settimanale Time gli dedicò una copertina, allora onore mediatico ambitissimo.
Nel 1932, gli morì la moglie, Helen. Nel 1933, sposò Pauline Sabin, dopo aver iniziato, nel 1933, a trascorrere gli inverni in Florida, vivendo a Meridian Plantation, vicino a Tallahassee: un’abitudine che non avrebbe più abbandonato.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando di anni ne aveva ormai 63, fu il primo e unico direttore generale degli Army Specialist Corps, un’unità che ebbe vita breve. Dopo di che, divenne consigliere con il grado di generale.
Morì a Washington il 28 novembre 1945, dopo mesi di malattia, e fu sepolto nel cimitero nazionale di Arlington, il cimitero degli Eroi d’America. Nel 1956 venne inserito nella National Tennis Hall of Fame (ora divenuta la International Tennis Hall of Fame): un riconoscimento del suo contributo allo sport sia come giocatore che – soprattutto come organizzatore.