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Usa: aborto, l’Alabama lo vieta, la Corte Suprema incombe

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/05/2019

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L’America bigotta e ipocrita di Donald Trump fa un altro passo indietro verso lo smantellamento dei diritti civili conquistati negli ultimi cinquant’anni. Dopo la Camera, il Senato dell’Alabama ha approvato con una netta maggioranza – 25 voti contro sei – la legge più restrittiva dell’Unione sull’aborto, che lo vieta in tutte le circostanze, anche in caso di incesto o stupro. Unica eccezione, quando è in gioco la vita della mamma.

Prima dell’Alabama, altri quattro Stati – da ultimo, recentemente, la Georgia – hanno approvato leggi dette “del battito di cuore”, che proibiscono l’aborto da quando si percepisce il battito del cuore del feto, cioè ancora prima che una donna s’accorga di essere incinta.

Il voto nel Senato di Montgomery, la capitale dello Stato, era stato rinviato la settimana scorsa, quando la seduta del Senato venne interrotta in un contesto caotico. Il provvedimento deve ora essere firmato dalla governatrice repubblicana Kay Ivey, che non s’è ancora pronunciata, ma che s’è sempre dichiarata contro l’aborto.

Se la legge entrerà in vigore, praticare l’interruzione di gravidanza nello Stato sarà un reato punito fino a 99 anni di carcere – anche solo tentarlo costerà una condanna a dieci anni -. C’è il rischio, osservano i critici del provvedimento, che misure così drastiche incoraggino procedure clandestine, con pericoli per le donne che vi si sottopongono, e penalizzino in misura sproporzionata i poveri e le minoranze, mentre per i ricchi sarebbe più facile aggirare la norma trasferendosi in un altro Stato.

Unanime la protesta dei democratici contro la legge: diversi aspiranti alla nomination democratica per Usa 2020 si sono pronunciati, da Biden a Sanders, alle donne in lizza. Il provvedimento, però, spiegano analisti del New York Times, non è stato concepito per essere attuato, perché le riserve sulla costituzionalità sono numerose, ma proprio perché i giudici sollevino la questione e facciano finire il caso alla Corte Suprema. Su una cui sentenza del 1973, nel caso Roe vs Wade, si fonda il riconoscimento dei diritto costituzionale di porre termine a una gravidanza, diritto non avallato da nessuna legge federale – fino ad allora, spettava agli Stati decidere in merito -.

L’Alabama è uno degli Stati più conservatori d’America: il suo politico più in vista è stato George Corley Wallace, governatore per quattro mandati, sempre in corsa per la presidenza dal ’64 al ’76 – e sempre sconfitto -, costretto su una sedia a rotelle per le conseguenze d’un attentato, definito dai suoi biografi «il perdente più influente del XX secolo», ostinatamente favorevole alla segregazione razziale nel periodo delle lotte degli afro-americani per i diritti civili.

Lo Stato partecipa a un largo movimento conservatore che vuole riportare la questione dell’aborto davanti alla Corte Suprema, sfruttando il fatto che le recenti nomini di giudici conservatori da parte del presidente Trump hanno creato i presupposti per un giudizio che rimetta in forse l’affermazione del diritto costituzionale all’aborto e restituisca a pieno il potere di decisione agli Stati.

La partita alla Corte Suprema è forse più aperta di quanto i conservatori non sperino: Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh, i due giudici designati da Trump e che dovevano dare alla Corte un’impronta decisamente conservatrice, hanno finora assunto posizioni discordanti in casi che avevano a che fare con la pena di mortr, la genitorialità responsabile, i diritti degli imputati e altri temi. Esperti legali indicano al New York Times che Gorsuch e Kavanaugh votano in modo diverso “più spesso del previsto”. Gorsuch, alla Corte dal 2017, tende a essere più a destra, Kavanaugh, che s’è insediato l’anno scorso, s’è spesso schierato con il presidente della Corte John Roberts, che fa da baricentro del collegio di nove giudici. Di qui a quando l’aborto sarà eventualmente ridiscusso, il giudice Kavanaugh potrebbe però essersi liberato del suo complesso di ultimo arrivato, per cui ha più remore a dire come davvero la pensa.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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