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Usa 2024: – 174, processo a Trump, depone teste chiave; sondaggi, Biden arranca

Scritto il 14/05/2024 per la sezione Usa 2024 del mio sito e ripreso da The Watcher Post https://www.thewatcherpost.it/usa/usa-2024-174-processo-a-trump-depone-teste-chiave-sondaggi-biden-arranca/

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Usa 2024 174 – Giornate cruciali, ieri e anche oggi, nel processo a Donald Trump per avere cercato, con successo, ma usando mezzi illeciti, di impedire agli elettori l’accesso a informazioni per lui pregiudizievoli, all’epoca di Usa 2016. A deporre, nell’aula del tribunale di New York, c’è Michael Cohen: allora, l’avvocato tuttofare, e un po’ anche paraninfo, del magnate; oggi, il suo peggiore accusatore. Tutto sta a credergli, perché Cohen è stato, nel frattempo, radiato dall’albo degli avvocati e condannato a una pena detentiva, scontata; e ha ammesso di avere mentito al Congresso per proteggere Trump (e la difesa del magnate insinua che adesso stia mentendo per incastrarlo).

Mentre ascolta in aula la deposizione di Cohen, che conferma la tesi dell’accusa, senza aggiungere nulla di nuovo, Trump incassa la buona notizia di un sondaggio del Siena College per New York Times e The Philadelphia Inquirer, che lo vede avanti, sia pure testa a testa, alcuni Stati ritenuti determinanti per Usa 2024 – il rilevamento riguarda Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Georgia, Arizona e Nevada -. Per Joe Biden, la cattiva notizia è che l’andamento dell’economia e la guerra nella Striscia di Gaza minacciano la tenuta della sua coalizione.

Usa 2024: processo a Trump, la deposizione di Cohen
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Michael Cohen on his way to Manhattan criminal court. Julia Nikhinson/Associated Press

Cohen, che si presenta come “il fixer di Trump”, con un’espressione che evoca Pulp Fiction, riferisce sul suo ruolo nel negoziare e nel versare un compenso di 130 mila dollari alla pornostar Stormy Daniels, perché tacesse su una sua asserita relazione sessuale con il magnate, che la nega, nel 2006, la cui rivelazione nel 2016 avrebbe compromesso la corsa alla Casa Bianca dell’allora candidato repubblicano.

Cohen afferma che agì su mandato di Trump, che gli chiese – ripetutamente – “di non fare uscire storie imbarazzanti sul suo conto”; racconta anche come fu rimborsato della somma da lui versata nel 2017; e conferma che il magnate era preoccupato per le elezioni e non per le eventuali reazioni della moglie Melania alla storia di corna. L’accusa fa pure ascoltare in aula un audio in cui Trump dà ordine di comprare il silenzio di un’altra donna, la coniglietta di PlayBoy Karen McDougal.

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Michael Cohen leaves his apartment building on his way to Manhattan criminal court, Monday, May 13, 2024, in New York. (AP Photo/Julia Nikhinson)

Per tutto il tempo, la difesa ha cercato di tenere viva nella mente della giuria l’immagine di Cohen, un traffichino, accusato, a sua volta, per avere violato le regole sul finanziamento delle campagne e per avere mentito al Congresso in precedenti audizioni – cosa da lui ammessa in aula – e condannato per frode fiscale. Nel 2018, dopo essersi riconosciuto colpevole delle accuse federali, cambiò atteggiamento: da leale a Trump, al punto da dire di essere pronto “a ricevere una pallottola al suo posto”, ne divenne il principale accusatore.

Per l’accusa, Cohen è il teste più importante, più ancora della pornostar Stormy Daniels, che ha già deposto, ma ha deficit di credibilità che si prestano alla narrativa di Trump e dei suoi legali: il caso è costruito non su basi solide, ha motivazioni politiche. Cosa che l’ex presidente ha ribadito a fine udienza: “E’ triste per il Paese e per New York… Il giudice è corrotto”.

La deposizione di Cohen prosegue oggi. Ieri, notati in aula il senatore dell’Ohio J.D. Vance, uno dei tanti potenziali vice di Trump, e il senatore dell’Alabama Tommy Tuberville. La scorsa settimana, s’era visto il senatore della Florida Rick Scott.

Usa 2016: sondaggi, Biden e Trump in altalena nella Rust Belt

Secondo il sondaggio del Siena College per New York Times e The Philadelphia Inquirer, Trump è davanti a Biden in cinque dei sei Stati in bilico testati tra gli elettori registrati; il duello è più serrato tra i probabili elettori. I dati sono consistenti con quelli dell’ultimo analogo sondaggio.

Tra gli elettori registrati, Biden è avanti solo in Wisconsin (47% a 45%); Trump guida Pennsylvania (47% a 44%), Michigan (49% a 42%), Georgia (49% a 39%), Arizona (49% a 42%), e Nevada (50% a 38%). Tra i probabili elettori, il presidente è avanti in Michigan; in Wisconsin e Pennsylvania la corsa è testa a testa.

I risultati sono simili se il confronto include altri candidati. L’indipendente Robert F. Kennedy Jr. ottiene una media del 10% di suffragi nei sei Stati, sottraendo voti, più o meno equamente, a Biden e a Trump.

Nel 2020, Biden vinse in tutti e sei gli Stati contesi. Per essere rieletto, gli basterebbe, però, imporsi in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, a patto di conservare tutti gli altri Stati vinti nel 2020.

Il sondaggio indica, inoltre, che i candidati democratici sono avanti in quattro corse che possono determinare la maggioranza al Senato nella prossima legislatura (Arizona, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin) e fanno meglio del presidente.

Trump ha così commentato il sondaggio uscendo dall’aula del tribunale di New York: “Anche se mi tengono qui per settimane, invece di fare campagna elettorale, abbiamo i numeri migliori” verso Usa 2024.

Usa 2024: anche Kamala Harris dice una parolaccia

ANSA – Anche alla vice-presidente Kamala Harris è sfuggita in pubblico, forse per la prima volta, una parolaccia. “Dobbiamo sapere che a volte le persone ti aprono la porta e la lasciano aperta. Ma a volte non lo fanno. E allora devi buttare giù quella fottuta porta”, ha detto, parlando ai giovani della necessità di abbattere le barriere, durante un incontro tra americani asiatici, nativi delle Hawaii e delle isole del Pacifico.

I presidenti e i loro vice non usano abitualmente un linguaggio volgare ma il ricorso alla parolaccia sta diventando sempre più comune, per lo più in conversazioni private o trapelate sui media. Biden ha recentemente definito Trump “uno stronzo malato” e il premier israeliano Benjamin Netanyahu un “ragazzaccio del cazzo”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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