Ucraina, punto – Mentre la Nato si appresta a un Vertice di guerra a Vilnius, all’inizio della prossima settimana, una delle sigle che lavorano per una nuova governance mondiale, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco, dalle iniziali in inglese), ha tenuto martedì 4 luglio un Summit virtuale. L’evento è stato il primo appuntamento internazionale cui il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato, dopo la rivolta del gruppo Wagner: un’occasione per mostrare ai suoi partner di avere il controllo della situazione interna.
Il leader russo ha ritrovato il presidente cinese Xi Jinping e altri capi di Stato che non condividono analisi e visioni dell’Occidente. Della Sco, fanno parte, con Cina e Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, tutti Paesi dell’ex Urss, e, inoltre, India, Pakistan e, ora, Iran. Si va verso l’inclusione della Bielorussia, il cui presidente Aleksander Lukashenko si è confermato buon alleato del Cremlino contribuendo a fermare la marcia dei Wagner su Mosca il 24 giugno.
“Il popolo russo è unito come mai prima d’ora”, ha detto Putin, ringraziando i partner per il sostegno manifestatogli durante la crisi. Mosca, ha aggiunto, sta combattendo “una guerra ibrida”, che le è stata scatenata contro da chi sostiene l’Ucraina, ma “continua a resistere con fiducia alle pressioni e alle sanzioni”.
Non tutto, però, fila liscio nell’Organizzazione. La scelta di tenere il Summit in formato virtuale, e non in presenza, è anche funzione dei rapporti tesi tra New Delhi e Pechino. Il leader indiano Narendra Modi, inoltre, intende mantenere una certa distanza dalle scelte russe: è da poco rientrato da una visita negli Stati Uniti, dove il presidente Usa Joe Biden lo ha accolto come un paladino della democrazia asiatica e non vuole guastarsi l’immagine.
I movimenti diplomatici, finalizzati a consolidare blocchi di potere e non a innescare azioni di pace, accompagnano cronache di guerra senza novità sostanziali sul fronte russo-ucraino: i russi tengono, in linea di massima, le posizioni acquisite da oltre sei mesi; e gli ucraini, con la loro controffensiva, fanno progressi marginali. Ma la situazione non è consolidata e scossoni sono possibili da un giorno all’altro, specie su singoli punti del lungo fronte (circa 1.500 chilometri).
Il direttore della Cia William Burns ha compiuto, a fine giugno, una missione segreta in Ucraina, dove – riferisce il Washington Post – sarebbe stato messo al corrente dei piani ucraini per porre termine al conflitto con la Russia: Kiev ambisce a riconquistare, entro l’autunno, il territorio perduto e conta di indurre Mosca ad accettare un ‘cessate-il-fuoco’ entro fine anno anno. Non è chiaro se Burns e gli Usa considerino realistico il piano ucraino, vista la diffusa diffidenza dei vertici militari degli Stati Uniti sulle possibilità che il conflitto si concluda con la vittoria sul campo dell’una o dell’altra parte.
Le indiscrezioni del Wp hanno indispettito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha intanto accolto con tutti gli onori il presidente del Consiglio spagnolo Pedro Sanchez, che ha significativamente voluto essere a Kiev il 1o luglio, giorno in cui la Spagna assumeva la presidenza di turno del Consiglio dei Ministri dell’Ue. Gli ingressi nell’Unione e nella Nato sono le stelle polari dell’azione internazionale dell’Ucraina.
Putin fragile, Prigozhin erratico, Zelensky tetragono, Francesco tenace
In due settimane, dunque, Putin pare avere ripreso il controllo delle leve del potere in Russia, anche se il tentato putsch dei mercenari del Gruppo Wagner ha fatto emergere – come non era mai avvenuto finora – “le fragilità del suo regime”, scrive Ettore Greco su AffarInternazionali. Mentre, da Mosca, la propaganda cerca di proiettare nella Federazione un’immagine di forze e di normalità, nelle cancellerie occidentali un collasso del sistema putiniano “è ora considerato più probabile”.
Alla percezione d’instabilità interna, e di insicurezza globale, contribuiscono l’erraticità e l’imprevedibilità delle sortite di Evgeny Prigozhin, il capo dei Wagner, che non fa sapere dov’è e non si mostra, ma diffonde messaggi audio. E l’ansia della comunità internazionale è anche alimentata dalle continue allusioni all’arma nucleare nelle parole incendiarie dell’ex premier ed ex presidente russo, ma sempre in subordine a Putin, Dmitry Medvedev, attualmente vice-presidente del Consiglio di Sicurezza nazionale.
Prigozhin a tratti parla come un penitente che cerca di riconquistare la grazia del signore e a tratti come un capitano di ventura che ancora controlla le sue truppe: promette “nuove vittorie al fronte” (quale?, i Wagner non sono più in Ucraina), mentre i destini suo e della sua milizia sono incerti. Molte informazioni che riguardano l’ex ‘cuoco di Putin’ sono contraddittorie e, comunque, difficili da verificare: secondo media russi, 10 miliardi di rubli (circa 110 milioni di euro) e cinque lingotti d’oro che gli erano stati sequestrati dopo il tentativo di putsch gli sarebbero stati restituiti – s’ignora il perché -.
Medvedev sostiene che, dal primo gennaio al 30 giugno, oltre 185.000 russi sono entrati a contratto nelle forze armate, 10.000 solo nell’ultima settimana. Ciò testimonia che “l’ammutinamento non ha in alcun modo influenzato l’atteggiamento dei cittadini verso il servizio volontario”; e che l’esercito può fare a meno dei mercenari al fronte, nonostante i Wagner siano stati protagonisti delle vittorie di Mariupol e di Bakhmut.
Ucraina: diplomazia e opinioni pubbliche
Le paturnie russe rendono il presidente Zelensky e i suoi fidi più tetragoni che mai al negoziato. Ma la diplomazia vaticana, dopo la missione a Mosca del cardinal Matteo Zuppi, non demorde: Zuppi fa rapporto a Papa Francesco sui contatti con Yuri Ushakov, assistente di Putin per la politica estera, e Maria Lvova-Belova, commissario per i diritti del bambino, oltre che con il patriarca Kirill. Sono in fieri nuovi passi, specie sul fronte umanitario: fonti russe moltiplicano, a sorpresa, le dimensioni del problema dei bambini ucraini deportati, parlando di quasi 700 mila.
La ricerca della pace ha più sostegno nelle opinioni pubbliche che nelle cancellerie. Un sondaggio di Quorum-Youtrend indica che una maggioranza di italiani vorrebbe un disimpegno di Roma rispetto nel conflitto russo-ucraino. I giudizi su Putin sono molto negativi, ma tutti i co-protagonisti del conflitto raccolgono critiche, da Zelensky a Prigozhin ai leader occidentali.
Dello stallo delle trattative con Kiev, Putin si lamenta al telefono con Modi, prima del Summit Sco: per il presidente russo, “c’è il rifiuto categorico di Kiev di adottare misure politiche e diplomatiche per risolvere il conflitto”. Zelensky, dal canto suo, rovescia l’accusa: i russi potrebbero porre termine alla guerra da un giorno all’altro, cessando l’invasione
Il ministero degli Esteri russo Serguiei Lavrov aggiunge un tassello al puzzle delle incertezze e dice che non ci sono “le basi” per prolungare l’intesa sull’export del grano ucraino dai porti sul Mar Nero oltre la scadenza del 17 luglio. La ‘pace del grano’ è in vigore da oltre un anno: la mediazione turca prova a evitarne il collasso.
Nell’imminenza del Vertice della Nato, è ufficiale che il segretario generale dell’Alleanza atlantica, il norvegese Jens Stoltenberg, resterà al suo posto un altro anno, com’era già stato ventilato. Pare, invece, escluso che a Vilnius la Nato decida di fornire all’Ucraina aerei da guerra tipo F-16: “Addestrare piloti e tecnici e fare la logistica non sarà possibile durante la controffensiva”, dice l’ammiraglio l’ammiraglio Rob Baeur, presidente del comitato militare del Patto atlantico.
Invece, l’Amministrazione Biden sta valutando se rafforzare le consegne di missili a Kiev con gli Atacms, con gittata fino a 300 chilometri. Funzionari e militari statunitensi temono che l’Ucraina possa usarli per colpire il territorio russo, segnando un escalation nel conflitto e a rischio di allargarlo.
Guardando a Vilnius, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba dice con qualche esagerazione che sarebbe “suicida” se la Nato non aprisse all’ingresso dell’Ucraina dopo la fine del conflitto: “Non ripetete l’errore del 2008”, quando, dopo la guerra in Georgia, la candidatura dell’Ucraina non fu accolta.
Ucraina: notizie dal fronte, bombe a grappolo e mine –smentite– a Zaporizhzhia
I fronti di guerra sono sostanzialmente in stallo, nonostante gli ucraini rivendichino, con misura, progressi nella loro controffensiva e i russi persistano nel rito letale dei bombardamenti notturni, con droni e missili, sulle città ucraine. C’è una strage a Kramatorsk, dove è stata colpita e distrutta un’affollata pizzeria; e ci sono vittime a Kherson, Kharkiv e in altre località
Droni ucraini tornano a volare, e ad essere intercettati, nel cielo di Mosca: all’alba di martedì, cinque velivoli senza pilota vengono abbattuti nella regione della capitale, senza danni né vittime. Per tre ore, viene interrotto il traffico all’aeroporto di Vnukovo, uno dei tre scali internazionali moscoviti: il Cremlino denunncia un nuovo attacco “terroristico” ucraino che non sarebbe stato possibile “senza l’aiuto degli Stati Uniti e dei loro alleati della Nato”; Kiev, come al solito, non s’attribuisce la responsabilità dell’azione.
Dall’inizio della controffensiva, gli ucraini avanzano di 500, 1000 metri al giorno, non di più; e non su tutto il fronte, ma in aree circoscritte. Raggiungere obiettivi tangibili richiederà tempo e sarà “molto sanguinoso”, dice il capo di Stato Maggiore Usa, Mark Milley, incontrando a Washington giornalisti specializzati.
Il generale ammette che il Pentagono sta valutando “da tempo” se fornire munizioni a grappolo all’Ucraina: sono bombe che si aprono in aria, prima di toccare il suolo, rilasciando proiettili che si disperdono su porzioni di terreno vaste. Dal 2010, uso, produzione e stoccaggio di tali ordigni sono proibiti da una convenzione firmata da 84 Paesi, fra cui l’Italia. Stati Uniti, Russia e Ucraina, però, non vi hanno mai aderito. Alcuni Paesi Nato hanno già dato a Kiev queste bombe non intelligenti, mentre i russi le usano sul campo dall’inizio dell’invasione.
L’omologo ucraino del generale Milley, il generale Valery Zaluzhny, replica irritato a chi sottolinea la lentezza della controffensiva: “Non è uno show… Ogni giorno, ogni metro costano sangue… “. E la persistente superiorità aerea russa è un grosso handicap per le forse ucraine.
Mosca parla di centinaia di perdite al giorno inflitte agli ucraini a afferma di avere respinto attacchi in tre settori: Donetsk, a sud di Donetsk e Krasny Liman. Kiev, invece, rivendica due chilometri d’avanzata nella regione di Zaporizhzhia, in direzione di Berdiansk, sulla costa del Mar d’Azov.
Kiev rinnova gli allarmi sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dai russi, ma dove continuano ad operare tecnici ucraini: il sito rimane “estremamente vulnerabile” per Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Ma le fonti dell’Agenzia smentiscono un’affermazione di Zelensky, secondo cui i russi avrebbero minato l’area.
Russia: voci e dubbi nel ‘dopo Prigozhin’
A Mosca, dove torna a farsi vedere il ministro della Difesa Sergej Shoigu, obiettivo di strali e critiche di Prigozhin, non è chiaro che cosa stia succedendo e resta oscura la situazione del generale Sergej Surovikin, un ex comandante delle operazioni in Ucraina, di cui non si hanno notizie certe da sabato 24 giugno.
Documenti in possesso della Cnn fanno ipotizzare che il generale fosse un esponente segreto d’alto bordo del Gruppo Wagner: su di lui, e magari su altri comandanti militari e boiardi civili, Prigozhin probabilmente contava per il successo del putsch: è caccia, dunque, a quinte colonne e golpisti ‘in sonno’.
Considerazioni che fanno dire all’ex vice-presidente Usa Mike Pence, in visita a Kiev, che “non si sa” se Putin abbia ripreso il pieno controllo della situazione, anche se il Cremlino ha organizzato tutta una serie di eventi per fare emergere l’unità del Paese e delle forze armate sotto la leadership del presidente. Secondo fonti d’intelligence occidentali, citate dal Wall Street Journal, Putin e i suoi avrebbero saputo con due giorni d’anticipo della sommossa e avrebbero così potuto disinnescarla.