HomeEuropaUsa 2024: guerra e pace, incognita Trump su Ue, Ucraina, MO, quasi...

Usa 2024: guerra e pace, incognita Trump su Ue, Ucraina, MO, quasi un incubo

Scritto, in versioni diverse, e in giorni diversi, per La Voce e il Tempo uscito il 14/11/2024 in data 17/11/2024, per Toscana Oggi uscito il 14/11/2024 in data 17/11/2024, per il Corriere di Saluzzo del 14/11/2024,

-

Post Usa 2024 tra guerra e pace – Dopo l’elezione di Donald Trump a 47° presidente degli Stati Uniti, le ricerche online su cosa fare per lasciare gli Usa e trasferirsi altrove sono aumentate di oltre il 1000 per cento per il Canada, dell’800 per cento per l’Australia e di quasi il 2000 per cento per la Nuova Zelanda. I giornali, come il Washington Post, pubblicano guide su tutto quello che bisogna sapere per installarsi in quei Paesi e anche in Gran Bretagna e in Irlanda; e avvertono che non tutto è oro quel che luccica altrove.

L’impulso all’esilio di milioni di americani è un effetto del ritorno di Trump alla Casa Bianca, che avverrà il 20 gennaio, giorno del passaggio dei poteri dal presidente Joe Biden al suo successore.

Il successo del repubblicano Trump sulla sua rivale, la democratica Kamala Harris, è stato netto, più di quanto ci s’attendeva. Il magnate ha vinto in tutti gli Stati in bilico e ha vinto il voto popolare, che aveva sempre perso: sia nel 2016, quand’era stato eletto, battendo Hillary Clinton; sia nel 2020, quand’era stato battuto da Biden.

Forse per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, viene a mancare il bilanciamento dei poteri voluto dai Padri fondatori: il potere esecutivo e quello legislativo sono nelle mani di un solo partito – e questo era già accaduto -, ma in realtà di un solo uomo; e il potere giudiziario, rappresentato dalla Corte Suprema, gli è acquisito e lo ha aiutato in questa sua terza corsa alla Casa Bianca. L’insieme di fattori induce milioni di americani a progettare la fuga e spaventa il Mondo intero.

Gli Usa vivono una fase anomala, e potenzialmente pericolosa, di dieci settimane di vuoto di potere: la Casa Bianca, che era debole, è ora debolissima, con un presidente a fine mandato e la sua vice ‘licenziata’ dal voto. Il presidente eletto prepara a ritmo serrato la sua squadra – ha già assegnato tutti i ruoli di politica estera e di sicurezza – e perfeziona le liste di proscrizione (‘traditori’ da tenere fuori e funzionari da estromettere).

241113 - Usa 2024 dopo - pace - guerra - Putin - Netanyahu
Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu (Fonte: The Times of Israel)

Mentre l’Europa “comunque vada ha perso” – titola Politico -, il presidente russo Vladimir Putin e il premier israeliano Benjamin Netanyahu traggono vantaggio da questa situazione. Israele fa sistematicamente decine di vittime ogni giorno nella Striscia di Gaza e nel Sud del Libano, ormai nell’indifferenza da assuefazione dell’opinione pubblica internazionale; e la Russia si predispone all’inevitabile trattativa prossima ventura cercando di consolidare le posizioni sul terreno.

Di fronte all’accelerazione delle decisioni di Trump, il presidente Biden invia in Europa il segretario di Stato Antony Blinken per conferire con gli alleati, specie sull’Ucraina. Ma è mossa tardiva e, soprattutto, destinata a restare inefficace, come tutti i moniti sul Medio Oriente.

Trenta giorni dopo la lettera del 13 ottobre, che dava a Israele un mese per migliorare la situazione nella Striscia, i media Usa notano che l’ultimatum di Biden a Netanyahu perché gli aiuti umanitari, viveri e medicinali, tornassero ad affluire a Gaza in misura adeguata è scaduto senza che nulla sia davvero cambiato; anzi, la scarsità di viveri nel Nord è oggi divenuta carestia, fame. E non c’è stata reazione statunitense.

Usa 2024: l’esito del voto
241107 - Usa 2024 + 2 - Harris - concession speech
Vice President Kamala Harris speaks at Howard University in Washington, D.C., on November 6, 2024 (Fonte: Rolling Stone)

Una settimana dopo l’Election Day, il computo dei Grandi Elettori è ormai definitivo: 312 a Trump, 226 a Harris. Trump ha avuto oltre 75 milioni di voti, un milione in più che nel 2020; Harris meno di 72 milioni, quasi esattamente 10 milioni in meno di Biden nel 2020 – con oltre 81 milioni di voti, resta il presidente più votato nella storia dell’Unione -.

L’affluenza alle urne è stata inferiore al 2020, quando superò il 66%, ma superiore al 2016, quando si attestò al 60%.

Al Senato, i repubblicani hanno conquistato la maggioranza: hanno 53 seggi (da 49), i democratici sono 47 (da 51). Alla Camera, restano da assegnare alcuni seggi: i repubblicani ne hanno 214, sette dei quali sottratti ai democratici, e sono molto vicini alla maggioranza di 218 su 425; i democratici sono a quota 205 – cinque i sottratti ai repubblicani -.

Usa 2024: i democratici e i dieci milioni di elettori scomparsi

Sulla scomparsa di quei dieci milioni di elettori democratici, è intenso il dibattito su media e social: il maschilismo strisciante fra i neri e gli ispanici, l’ostilità latente delle donne bianche a una prima presidente donna nera; l’insoddisfazione della sinistra (soprattutto fra i giovani) per le posizioni dell’Amministrazione Biden sul conflitto in Medio Oriente (troppo filo-israeliana) non paiono sufficiente a spiegarli, ma certo ne motivano una grossa fetta.

I media Usa s’interrogano sul futuro del partito democratico, i cui leader e i cui sostenitori sono usciti tramortiti dal voto del 5 novembre. Il New York Times osserva: “Dopo l’elezione di Trump nel 2016, i social networks ribollivano di proteste e di rabbia. Adesso, il disappunto sui social è diverso: pare quasi che non sia successo nulla; o sembra di essere a un funerale”.

In un’analisi, sempre il NYT scrive: “I democratici si preparano a sottoporre ad autopsia il cadavere del loro partito. Ma non sanno a che medico legale affidarla”. C’è, tuttavia, consenso sul fatto che Harris non abbia saputo dare risposte alle preoccupazioni dei cittadini – l’inflazione e l’immigrazione in primis – e si sia troppo concentrata su Trump e sui pericoli da lui rappresentati per la democrazia

Usa 2024: Trump “dittatore per un giorno”

E mentre tra i democratici volano gli stracci, con Nancy Pelosi a puntare il dito contro Biden, che s’è fatto da parte troppo tardi, Trump prepara le prime mosse del suo rientro alla Casa Bianca, quando vuole essere – parole sue – “dittatore per un giorno”..

Fra le misure che può adottare con ordini esecutivi, una spinta alla deportazione degli immigrati ricorrendo all’esercito, la concessione della grazia agli insorti del 6 gennaio 2021 e la cancellazione dei processi in cui lui è imputato.

Un altro obiettivo a breve termine è l’uscita degli Usa dagli accordi sul clima di Parigi: andirivieni ormai stucchevole, dentro con Obama, fuori con Trump 1, di nuovo dentro con Biden, di nuovo fuori con Trump 2; e, soprattutto, lesivo delle possibilità per il Pianeta di centrare obiettivi ritenuti minimi e indispensabili per frenare il riscaldamento globale, nel segno di un negazionismo ispirato non dalla scienza ma da mere e miopi considerazioni economiche a breve termine.

Una 2024: Trump, le reazioni internazionali

Le reazioni del Mondo alla rielezione di Trump, che pochi leader davvero auspicavano, sono state per lo più formali e ingessate: l’Ue, la Nato e i leader dei 27 celano il timore di guerre dei dazi e disimpegno atlantico dietro dichiarazioni di disponibilità a lavorare insieme -; la Cina ostenta indifferenza; Iran e Mondo arabo restano sulle loro.

Fanno eccezione Putin e Netanyahu, il premier ungherese Viktor Orban, che dà una sponda europea, e il presidente argentino Javier Milei, l’uomo della motosega, che si propone come gauleiter nell’America Latina.

In un’analisi sul Washington Post, Ishaan Tharoor nota che la vittoria di Trump “cementa il trionfo dell’Occidente illiberale”: se durante il primo mandato del magnate alla Casa Bianca la leadership dell’Occidente era, in un certo senso, passata alla cancelliera tedesca Angela Merkel, ora che ci sono leadership deboli in Francia e in Germania “non c’è un’alternativa”.

Da allora, del resto, “l’estrema destra in Europa ha fatto notevoli progressi… Un’Amministrazione Trump galvanizzata può, inoltre, vedersi in sintonia con alleati di estrema destra in Italia e Olanda”.

Usa 2024: Trump, guerra e pace

Sui fronti di guerra, Trump vuole dare concretezza allo slogan: “Io le guerre non le comincio, le faccio cessare”. Indicazioni sono già venute dai contatti con Netanyahu, un suo sodale, e con Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelenski.

Con Netanyahu, l’intesa è una sorta di carta bianca fino al 20 gennaio, giorno dell’insediamento, purché poi torni la calma nella Regione. Con Putin, più che con Zelensky, che sta sul chi vive, l’ipotesi è un cessate-il-fuoco lungo la linea del fronte attuale, in attesa che i negoziati definiscano futuri assetti dei confini russo-ucraini e anche i percorsi dell’Ucraina verso Ue e Nato.

A Putin, Trump chiederebbe di evitare escalation nell’intensità del conflitto di qui all’insediamento, proprio mentre le forze russe sono impegnate, insieme ai loro alleati nord-coreani, nella riconquista dell’area della regione di Kursk occupata da mesi da forze ucraine.

Alla telefonata con Zelenski, ha partecipato il miliardario Elon Musk, ormai un’ombra di Trump, capace di esercitare una notevole influenza sul magnate presidente. E, per l’Europa, e il Mondo, è un’altra cattiva notizia.

Usa 2024: Trump, nomine a raffica

Della transizione, Trump e Biden hanno ieri parlato alla Casa Bianca: un incontro di prammatica, che però Trump, nel 2020, non volle avere, così come non riconobbe mai la sua sconfitta.

Da inizio settimana, si fatica a stare dietro al ritmo degli annunci di Trump, che – è opinione diffusa sui media Usa – accelera la composizione della sua squadra per potere fare una partenza lanciata con la propria Amministrazione il 20 gennaio e realizzare il più cose possibile il primo giorno e/o nei primi cento giorni, senza avere le pastoie delle nomine.

La notizia più fresca e che più colpisce è la scelta del tandem Musk / Vivek Ramaswami per guidare un neo-creato Dipartimento dell’efficienza governativa: il Daily Signal, un media online di destra, legato alla Heritage Foundation, presenta la decisione come “un’onda d’urto”; e Trump stesso parla di un ‘progetto Manhattan’ – l’operazione che produsse la bomba atomica, sul finire della Seconda Guerra Mondiale -.

Musk è stato vicinissimo a Trump, specie nella fase finale della campagna elettorale, Ramaswami è stato un suo rivale nella fase iniziale della corsa alla nomination repubblicana e si è poi trasformato in un suo sostenitore. Sui media, affiorano però dubbi sulla tenuta di questo team inedito e fatto tutte di prime donne, personaggi di cui l’imprevedibilità – vale soprattutto per Trump e Musk – è tratto caratteristico.

Scrive il Washington Post: “Trump trasforma due dei suoi supporters miliardari in supervisori dell’Amministrazione federale”. Il nuovo Dipartimento dovrà stimolare “drastici cambiamenti” nella burocrazia federale “entro il 4 giugno2026”, cioè entro le elezioni di midterm: minimizzare regole e sprechi e ristrutturare le agenzie federali.

Le altre nomine annunciate vanno tutte nel senso -notano i media- di premiare fedelissimi di Trump che lo hanno aiutato in campagna elettorale. Limitiamoci al team di politica estera e di sicurezza, che è al completo, a partire dalle scelte del senatore della Florida Marco Rubio a segretario di Stato e del deputato – sempre della Florida – Michael Walz a consigliere per la Sicurezza nazionale.

Rubio, che nel 2016 contese a Trump la nomination repubblicana, sarà il primo latino messo a capo della diplomazia statunitense. Walz è un colonnello dell’esercito in congedo, reduce di guerra, ed è stato un vivace critico della politica estera dell’Amministrazione Biden; in particolare, ha posizioni da falco nei confronti della Cina.

Kristi Noem, governatrice del South Dakota, il cui nome era anche circolato come candidata vice, sarà responsabile della sicurezza interna: avrà un ruolo chiave nella chiusura del confine ai migranti e nella deportazione di milioni di ‘irregolari’. Noem sovraintenderà alla risposta ai disastri naturali e sarà responsabile del Secret Service e della sicurezza degli aeroporti e dei voli.

Pete Hegseth, un veterano delle guerre in Iraq e in Afghanistan, sarà segretario alla Difesa. Hegseth, come co-conduttore sulla Fox del talk dei week-end ‘Fox & Friends’, è stato vicino a Trump, che lo chiama ora a dirigere il Pentagono e 1,3 milioni di militari in servizio attivo. Hegseth non ha esperienze politiche, a parte un tentativo – fallito – di diventare senatore del Minnesota nel 2012. Da commentatore, ha criticato l’Amministrazione Biden per l’approccio debole alla sicurezza nazionale e in un libro ha descritto vertici militari più preoccupati di rispettare la diversità che di fronteggiare minacce globali.

Trump, inoltre, ha offerto alla deputata di New York Elise Stephanik, un’altra sua suffragetta, l’incarico di rappresentante permanente degli Usa all’Onu – il posto che fu tenuto da Nikki Haley nel biennio iniziale del primo mandato -.

Altre nomine riguardano il direttore della Cia, che sarà John Ratcliffe, un ex deputato texano, e l’ambasciatore degli Usa in Israele, che sarà Mike Huckabee, un ex governatore dell’Arkansas.

Ratcliffe diresse l’intelligence nazionale nelle ultime battute del primo mandato di Trump, durante la pandemia da coronavirus. Huckabee, a due riprese candidato alla nomination repubblicana, sempre senza successo, è un pastore battista ed è il padre di Sarah Huckabee Sanders, che è stata portavoce di Trump alla Casa Bianca ed è attualmente governatrice dell’Arkansas.

Strenuo sostenitore di Israele, Huckabee dovrà contribuire a riportare una ‘pax americana’ nell’area. La sua scelta è una conferma dell’intenzione di Trump di allineare la politica estera degli Stati Uniti agli interessi israeliani.

Nel Trump 2 – ha già fatto sapere il magnate –, non ci sarà posto né per Nikki Haley, la sua rivale per la nomination repubblicana, l’ultima a desistere, che poi gli ha dato l’endorsement, ma che in campagna elettorale non s’è fatta vedere, a parte una sortita sul Wall Street Journal; e neppure  per Mike Pompeo, che, nel primo mandato, fu capo della Cia e poi segretario di Stato e che si pensava potesse assumere la guida del Pentagono come segretario alla Difesa, ma che paga le distanze prese dal magnate dopo il 6 gennaio 2021

gp
gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

ULTIMI ARTICOLI

usa 2020

coronavirus - elezioni - democrazia - ostaggio

Coronavirus: elezioni rinviate, democrazia in ostaggio

0
Elezioni rinviate, elezioni in forse, presidenti, premier, parlamenti prorogati: la pandemia tiene in ostaggio le nostre democrazie e, in qualche caso, le espone alla...