Nel lungo week-end americano del Memorial Day, lunedì 25, Donald Trump torna sui suoi campi da golf, per giocare una partita, ma anche, e forse soprattutto, per dare un altro segnale di ‘ritorno alle normalità’, come se l’emergenza coronavirus fosse finita. La sortita del presidente in Virginia è la prima del magnate in uno dei suoi club di golf dall’inizio di marzo.
Intanto, Joe Biden è vicino alla certezza matematica della nomination democratica alla Casa Bianca dopo la vittoria nelle primarie delle Hawaii, dove conquista 16 delegati – otto vanno al suo rivale, ormai ritiratosi, Bernie Sanders -. Nei calcoli dei media, Biden ha attualmente 1.566 delegati. Gliene servono 1.991 per garantirsi la nomination, che, comunque, nessuno più gli contesta. Tra una buga al golf e l’altra, Trump ironizza in un tweet sul suo successo e sulla sua candidatura: “Sleepy Joe non può portarci grandezza e splendore. E’ il motivo per cui io sono qui”.
Trump continua a spingere per la riapertura dell’Unione e la ripresa delle attività a pieno ritmo, nonostante le cifre dell’epidemia restino drammatiche: i morti per coronavirus negli Stati Uniti sabato sono stati 1.127. Le vittime in totale sono oltre 97 mila e i contagi sono oltre 1.622.000, secondo i dati della Johns Hopkins University.
La risposta della Casa Bianca è instillare il dubbio che i numeri siano gonfiati, mentre normalmente si ritiene siano sottostimati. L’Amministrazione Trump considera che i dati includano persone che, pur se infettate dal virus, sono morte per altre patologie. Posizioni e comportamenti ‘negazionisti’ del presidente inducono il sindaco di Baltimora Bernard Jack Young a chiedergli di non fare visita alla città con la first lady Melania domani nel Memorial Day, per evitare assembramenti e lasciare le forze dell’ordine concentrarsi sulll’azione anti-epidemia. Trump a sua volta diffida Eric Garcetti, il sindaco di Los Angeles, dall’estendere l’isolamento.
La stampa di qualità tiene, invece, alta la guardia contro il coronavirus: il New York Times esce oggi con in prima pagina i nomi e brevi necrologi di mille vittime, spiegando “Mille persone sono solo l’un per cento del bilancio totale dei morti … Nessuno di loro era solo un numero”.
Il Washington Post torna sull’origine dell’epidemia negli Usa e ricostruisce le caotiche circostanze della decisione di Trump in marzo di bloccare i voli dall’Ue, che – è la tesi – accelerò la diffusione del coronavirus nell’Unione, innescando un ritorno precipitoso e massiccio di cittadini americani che temevano di non potere più farlo.
Sul fronte elettorale, è vivace la polemica, tutta interna al campo repubblicano, tra Trump e l’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, che vuole riprendersi a novembre il seggio di senatore dell’Alabama, lasciato per entrare nell’Amministrazione, da cui fu poi estromesso dopo il midterm perché il presidente se ne sentiva tradito – o, almeno, non abbastanza protetto – nel Russiagate. Trump gli fa campagna contro, sostenendo nelle primarie repubblicane Tommy Tuberville.
“Alabama non credere a Jeff Sessions. Ha deluso il Paese”, twitta Trump. Sessions, che non è ‘cuor di leone’, trova il coraggio di replicare: “Lo so che sei arrabbiato, … ma io ho fatto il mio lavoro … I tuoi sentimenti personali non decidono chi l’Alabama sceglierà come senatore, lo farà la gente dell’Alabama”. Il botta e risposta va avanti: “Jeff hai avuto la tua chance e l’hai sprecata. Non hai coraggio e hai rovinato molte vite. Dovresti lasciare la corsa”.