Joe Biden ha l’esperienza per guidarci in uno dei momenti più tragici della nostra storia recente: è uno dei concetti espressi da Barack Obama nel video-messaggio con cui ha ieri dato l’endorsement nella corsa alla Casa Bianca al suo ex vice, candidato democratico a Usa 2020. “Ora – ha aggiunto Obama, riferendosi all’epidemia di coronavirus in atto – è il momento di lottare per quello in cui crediamo”.
L’endorsement dell’ex presidente, che ha sempre lavorato dietro le quinte per unire il partito contro Donald Trump, è arrivato il giorno dopo che il principale rivale di Biden, Bernie Sanders, già ritiratosi dalla corsa, aveva dato il suo appoggio a Biden. Obama ha così suggellato la ritrovata coesione democratica, dopo una corsa alla nomination che aveva visto in lizza fino a 25 candidati.
“Scegliere Joe come mio vice è stata una delle migliori scelte che abbia mai fatto … Joe è diventato un amico stretto – ha ancora detto fra l’altro Obama nel suo messaggio – … Credo che abbia tutte le qualità di cui abbiamo ora bisogno in un presidente … Sa come lavorare con gli alleati”.
Una qualità che pare invece mancare al presidente in carica, impegnato a litigare con i governatori degli Stati dell’Unione e con l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, un’agenzia dell’Onu, cui ha sospeso i finanziamenti – gli Stati Uniti ne sono il principale contribuente – accusandola d’avere insabbiato la diffusione del coronavirus e d’avere commesso errori costati vite umane. Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, commenta: “Non è proprio il momento di ridurre le risorse dell’Oms”.
Unitisi dietro Biden, i democratici, dopo una fase di concordia nazionale, sono tornati ad attaccare Trump, che – ha detto Nancy Pelosi, la speaker della Camera, con la sua “incompetente reazione” all’epidemia “è un disastro che mette a rischio le vite degli americani. E’ un leader debole, scarso, che non si assume responsabilità e che scarica le colpe” sugli altri. La Pelosi ha inviato una lettera di questo tenore ai deputati democratici.
Nella giornata di martedì 14 aprile, i morti da coronavirus nell’Unione sono tornati a essere oltre duemila – 2.228 -, i deceduti sono saliti in totale a circa 26 mila e i contagi hanno superato quota 600 mila, secondo i dati della Johns Hopkins University. Trump, che all’inizio negava la minaccia del virus, dice adesso di sperare che i morti, a conti fatti, siano meno di cento mila.
Oms a parte, il suo nuovo nemico sono i governatori democratici, gli ammutinati del Bounty, li chiama in un tweet, definendo il film “uno dei suoi preferiti” – il remake con Marlon Brando, probabilmente, non l’originale con Clark Gable -: “Un ammutinamento in buon vecchio stile è eccitante, specie quando gli ammutinati hanno bisogno di così tante cose dal loro Capitano”, che sarebbe lui, il presidente. Forse, però, Trump ricorda male la trama: il capitano è odioso e il capo degli ammutinati – in questo caso, Andrew Cuomo – affascinante.
Il presidente alimenta lo scontro con i governatori sulla riapertura dell’America per rilanciare l’economia. Le previsioni dell’Fmi aggiornate sono che il Pil Usa calerà nel 2020 del 5,9% e crescerà nel 2021 del 4,7%; la disoccupazione salirà nel 2020 al 10,4% e scenderà nel 2021 al 9,1%.
Lo scontro tra il presidente e i governatori esplode quando Cuomo contesta, sulla Nbc, l’asserito “potere totale” – noi diremmo “i pieni poteri” – di Trump sulla rimessa in moto del Paese: “Non abbiamo un re, abbiamo un presidente, che non ha un potere totale”. Se Trump “mi ordinasse di riaprire mettendo a rischio la salute dei cittadini dello Stato di New York, io non lo farei”.
Trump replica via Twitter: “Cuomo chiama e implora ogni giorno, persino ogni ora, per ogni cosa … Gli ho procurato tutto, a lui e agli altri; ora pare volere l’indipendenza! Ciò non accadrà”. Cuomo, a questo punto, frena ed evoca lo spirito di collaborazione: “Il presidente vuole lo scontro, ma con me non lo avrà”.