Usa 2024 punto – Gli elettori che martedì 5 novembre vanno alle urne per Usa 2024 devono scegliere fra due diverse visioni degli Stati Uniti: da una parte, quella per noi più rassicurante della candidata democratica Kamala Harris; dall’altra, quella per noi più inquietante del candidato repubblicano Donald Trump. L’esito del voto dirà quale percezione il Paese ha di se stesso e determinerà –scrive in un’analisi l’Ap – “come il Paese sarà visto nel Mondo, con ripercussioni nei decenni a venire”.
Se gli Stati Uniti non hanno avuto, in questi anni, né la sagacia diplomatica di impedire lo scoppio delle guerre – l’invasione dell’Ucraina era forse evitabile – né il peso strategico per farle cessare, l’imminenza delle loro elezioni presidenziali basta, di fatto, a congelarle: in Ucraina, il fronte è sostanzialmente fermo da mesi; in Medio Oriente, il conflitto resta in bilico tra speranza di tregua e rischio di deflagrazione regionale.
La paralisi delle scelte e l’incertezza delle prospettive non contribuiscono a risparmiare vite umane: le cronache ripropongono ogni giorno bombardamenti notturni incrociati tra Russia e Ucraina, spesso con vittime civili; e Israele continua a menare colpi letali nella Striscia di Gaza e in Libano, facendo ogni giorno decine, talora centinaia di vittime civili, bambini, donne, anziani.
Chi prova a parlare il linguaggio della pace senza avere la forza di imporla viene ignorato, come accade a Papa Francesco, o emarginato, come accade al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, colpevole di ascoltare le ragioni degli altri (e non solo quelle d’Israele, o dell’Occidente).
Un presidente degli Stati Uniti legittimato dal voto popolare per i prossimi quatto anni innescherà una dinamica diversa? E’ possibile, anche se la dinamica prevedibilmente imposta agli eventi dall’elezione dell’una o dell’altro sarà molto diversa: più lenta e più progressiva quella di Harris, più rapida e più dirompente quella di Trump. Ma vediamo a che unto è la corsa fra i due.
Usa 2024: Harris-Trump, sondaggi in equilibrio, Stati in bilico, incertezza massima
“E’ il momento per l’America di cantare una nuova canzone, la canzone della dignità”: parole e musica di Beyoncè, che annuncia il sostegno a Harris in un comizio in Texas, a Houston. Ma sondaggi e guru lasciano presagire che l’America possa, invece, scegliere la solita solfa di Trump, che in un podcast sostiene che “i nemici interni” sono peggio del leader nord-coreano Kim Jong-un, con cui – ricorda – “andavo d’accordo”.
Gli americani paiono consapevoli dell’importanza del voto e ne sono coinvolti: decine di milioni, oltre 50 milioni, hanno già fatto la loro scelta, presentandosi ai seggi aperti per l’ ‘early voting’ o spedendo per posta la loro scheda. Trump e i repubblicani vedono il voto anticipato o per posta come fumo negli occhi e lo criticano apertamente, preparandosi a farne motivo di contestazione, se non dovessero vincere. Ma alcuni degli Stati in bilico, la Georgia, la North Carolina, il Michigan, hanno stabilito record d’affluenza alle urne nel loro primo giorno di early voting, con file ai seggi.
Sondaggi alla mano, l’incertezza è massima: Harris e Trump sono testa a testa a livello nazionale, un indice negativo per la vice-presidente, perché i democratici sono generalmente maggioranza nell’Unione, e sono pure testa a testa negli Stati in bilico, sette, dove la corsa si deciderà.
I guru Usa continuano ad attribuire 226 Grandi Elettori sicuri, o quasi, a Harris e 219 a Trump, lasciandone però fluttuanti 93: per esserne eletti, bisogna averne 270 su 538. Gli Stati incerti sono Pennsylvania (19 Grandi Elettori), Michigan 15 e Wisconsin 10 nella Rust Belt: North Carolina 16 e Georgia 16 nel Sud; Arizona 11 e Nevada 6 all’Ovest.
Usa 2024: le campane a morto della stampa ‘liberal’ per la candidata progressista
Ma titoli e articoli della stampa ‘liberal’ suonano campane a morto per la candidata democratica. Un’analisi della Cnn, intitolata “quel che molti stranieri non possono capire”, spiega bene quel che è appunto incomprensibile a molti europei, cioè che tanti americani possano votare Trump nonostante le fanfaronate, le menzogne, le volgarità. Il New York Times nota che gli sforzi di Harris d’intercettare i voti repubblicani moderati non stanno avendo successo.
Dopo avere messo in fila i temi che favoriscono Trump, l’inflazione, l’immigrazione e la mancanza di discontinuità tra la vice Harris e il presidente Joe Biden, la Cnn chiude così il suo commento: “I sostenitori di Harris vanno su tutte le furie quando sentono discorsi del genere. Dopo tutto, il suo rivale è un criminale condannato, è stato sottoposto per due volte a procedimenti di impeachment, mente ogni volta che apre bocca e cercò di rubare le elezioni del 2020. Ma la politica non è ‘fair’, non è corretta”.
Alle analisi dei media, fanno eco le parole di Trump. In una intervista, l’ex presidente dice che, se eletto, licenzierà “in due secondi” Jack Smith, il procuratore speciale che ha istruito i casi federali contro di lui per la sommossa del 6 gennaio 2021 e per i documenti sottratti alla Casa Bianca.
A Kalamazoo, in Michigan, un’altra ‘donna eccellente’ dell’America progressista, Michelle Obama, s’è detta “frustrata” e “arrabbiata” perché molti “ignorano il declino mentale e l’incompetenza grave” di Trump, che continua a diffondere “bugie” e “teorie complottiste”, mentre Harris deve assoggettarsi a “un doppio standard” rispetto al suo rivale.
Trump replica dalla Pennsylvania che Harris alla Casa Bianca sarebbe “un disastro”: “Ci porterà sicuramente alla terza guerra mondiale con la sua incompetenza… Eleggerla presidente vorrebbe dire scommettere su milioni di vite”, perché non saprebbe come cavarsela con il presidente russo Vladimir Putin e con quello cinese Xi Jinping, che la tratterebbe “like a baby” (“Le porterebbe via presto tutte le caramella… Sarebbe un gran maestro di scacchi che gioca con una principiante…”).
Usa 2024: Trump, la familiarità con i cattivi del Mondo come fiore all’occhiello
Man mano che l’Election Day si avvicina, tanto più le guerre in atto nel Medio Oriente e in Ucraina s’intrecciano con la campagna elettorale. Specie il conflitto tra Israele e Hamas, allargato al Libano e sempre sul punto di coinvolgere l’Iran, è una spina nel fianco dei democratici: il premier israeliano Benjamin Netanyahu si comporta da promotore elettorale di Trump e gli dà l’opportunità di parlare del “fallimento dell’America” sulla scena internazionale, sotto l’Amministrazione Biden-Harris.
I due rivali si contendono i voti degli ebrei americani e degli arabo-americani, questi ultimi potenzialmente determinanti in Michigan e in Pennsylvania, due degli Stati in bilico.
A fronte dell’importanza della posta in gioco, la campagna, specie quella repubblicana, non ha avuto toni molto elevati. Harris porta sul palco con sé Beyoncé e Michelle Obama, Bruce Springsteen e Spike Lee, icone talora discutibili della cultura e della società. Trump, inseparabile da Elon Musk, si circonda di cospirazionisti e di adulatori e affida l’appello a votarlo alla leggenda del wrestling, uno dei suoi sport preferiti, forse perché è tutto finto, Hulk Hogan, o al negazionista del Covid e transfuga dalla sua propria famiglia Robert F. Kennedy jr.
I due candidati vice di Usa 2024, Tim Walz, governatore del Minnesota, per Harris e JD Vance, senatore dell’Ohio, per Trump, restano, un po’ dimessi, a fare tappezzeria. Walz, 60 anni, coetaneo di Harris, bilancia con la sua figura di uomo bianco le tante diversità della sua boss – donna e di ascendenza nera e indiana -. Vance, 40 anni, è il giovane che fa da spalla al vecchio capo, 78 anni, il più anziano candidato alla presidenza di tutti i tempi e se sarà eletto il più anziano presidente a entrare in carica.
La nuova tattica di Trump, in questo rush finale di Usa 2024, è di mettere in risalto la sua familiarità con i cattivi del Mondo, come se fosse un fiore all’occhiello. Ripete che negozierà la pace fra Russia e Ucraina senza però dire come; e parla dei “nemici interni”, i suoi oppositori politici, contro i quali vuole mobilitare l’esercito.
Harris, invece, insiste sull’accusa a Trump di essere un fascista: “Non difenderà la Costituzione, la ucciderà”. Parole che trovano ampia eco sui media Usa, ma che risuonano di meno nell’elettorato: non intaccano lo schieramento ‘trumpiano’, non mobilitano più di tanto quello democratico. E c’è un fermento inconsueto fra i media ‘liberal’: il Los Angeles Times e il Washington Post, il giornale del Watergate, rompono la tradizione di schierarsi per il candidato progressista, per volere esplicito dei loro editori Jeff Bezos, fondatore di Amazon, e Patrick Soon-Shiong, imprenditore biotech d’origini sino-sudafricane, che si preoccupano di tutelare più gli affari che i valori.
In un articolo nella pagina dei commenti del suo giornale, Bezos offre una spiegazione del perché abbia optato per ‘zero endorsement’ verso Usa 2024: gli americani – dice – non hanno fiducia nei media e puntare sull’uno o sull’altro candidato “può dare una percezione di pregiudizio e di mancanza d’indipendenza. Porvi termine è una decisione di principio ed è la decisione giusta”.
Usa 2024: lo spettro della violenza dopo il voto
C’è l’ansia che il clima di contrapposizione della campagna e la polarizzazione delle posizioni sfocino, dopo il voto, in violenza politica. Negli Stati Uniti, dopo la sommossa sobillata da Trump del 6 gennaio 2021, ci sono stati almeno 300 casi di violenza politica; e già oltre 50 quest’anno. Qualche esempio: a York, in Pennsylvania, un uomo ha aggredito un gruppo di persone pro-Harris, colpendo con un pugno in testa un uomo di 74 anni; in Michigan, invece, un soggetto ha investito e ferito con il suo Suv un uomo di 81 anni che stava mettendo in giardino un cartello pro-Trump.
I dati citati sono stati raccolti e verificati dalla Reuters. L’aumento della violenza è il più rilevante dagli Anni 70, quelli delle Pantere Nere e dell’esercito di liberazione simbionese e dei disordini di Los Angeles. La causa è l’accentuarsi delle tensioni innescate da figure polarizzanti come Trump. E gli esperti avvertono che l’atmosfera tesa di questi ultimi giorni di campagna elettorale potrebbe condurre a nuove violenze, soprattutto negli Stati in bilico.
Secondo l’Ap, i giudici di Washington che processano e condannano i facinorosi del 6 gennaio – centinaia sono finiti in carcere e Trump li considera patriotti e promette di liberarli – temono che l’esito delle elezioni preluda a ulteriori violenze: i ‘trumpiani’ continuano ad alimentare le teorie false e cospirative che avvelenarono il clima nel 2020/’21.
Centinaia di schede già votate per Usa 2024 sono andate perse nell’Oregon e a Vancouver, Stato di Washington, quando incendi sono stati appiccati a buche delle lettere riservate ai voti per posta. La polizia ha arrestato un sospetto.
E gli addetti ai seggi subiscono pressioni e intimidazioni e molti per paura abbandonano l’incarico. In Nevada, il turnover di supervisor degli scrutatori è quasi incessante. La tattica ‘trumpiana’ pare mirata, più che a garantire la regolarità del voto, a scoraggiare soprattutto le minoranze, più esposte e più fragili, dall’andare a votare.
Vincere con la paura è anche questo. Harris contrappone speranza. Che richiede, però, coraggio