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Guerre pesano su Usa 2024, che paralizza conflitti e diplomazia (tranne quella russa)

Scritto, in versioni diverse, per La Voce e il Tempo uscito il 24/10/2024 in data 27/10/2024, il Corriere di Saluzzo del 24/10/2024 e il blog di Media Duemila https://www.media2000.it/guerre-pesano-su-usa-2024-che-paralizza-conflitti-e-diplomazia-tranne-quella-russa/

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Guerre, punto – Man mano che l’Election Day di Usa 2024, il 5 novembre, si avvicina, tanto più le guerre in corso nel Medio Oriente e in Ucraina s’intrecciano con la campagna elettorale. Soprattutto il conflitto tra Israele e Hamas, ormai allargatosi al Libano e sempre sul punto di coinvolgere l’Iran, è una spina nel fianco dei democratici, anche perché il premier israeliano Benjamin Netanyahu si comporta da promotore elettorale del candidato repubblicano Donald Trump e gli offre il destro di parlare del “fallimento dell’America” sulla scena internazionale, sotto l’Amministrazione Biden-Harris.

Nel contempo, l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti – ormai siamo a una decina di giorni dal voto – sembra quasi ‘congelare’ i conflitti e di sicuro ne attutisce l’eco nella copertura dei media occidentali, nonostante le cronache continuino a registrare litanie di raid e attacchi aerei e al suolo israeliani in Medio Oriente, con bilanci pesanti di vittime civili, e consueti bombardamenti notturni russi e ucraini.

Sulle guerre di Israele, grava, inoltre, l’ipoteca di una risposta all’Iran, dopo la gragnola di missili del 1o ottobre. Il conflitto in Ucraina fa, invece, da sfondo a un’offensiva diplomatica russa: i Brics tengono un Vertice a Kazan allargato a 36 Paesi, con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, cui si contrappone, con minore eco, se non sui media italiani, il G7 dei ministri degli Esteri.

La ‘tre giorni sul Volga’ offre al presidente russo Vladimir Putin lo scenario per 15 incontri bilaterali e l’opportunità per riproporre, insieme al presidente cinese Xi Jinping, il disegno di un nuovo ordine mondiale, contrapposto a quello consolidato d’impronta occidentale. Il ‘quartetto del caos’, Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, come lo definiscono i media Usa, preoccupa, ma demonizzarlo può non essere l’approccio giusto per neutralizzarlo.

Parlando a Miami, in Florida, a una tavola rotonda con leader ispanici. Trump soffia sul fuoco: “Putin e Xi – che lui presenta comne suoi amici, ndr – pensano che noi americani siamo stupidi”, perché “abbiamo un presidente incompetente come Joe Biden”. E la sua rivale Kamala Harris, l’attuale vice-presidente, è “una pazza estremista e di sinistra”, “ancora più incompetente”.

Guerre: MO, prospettive tregua incerte e quanto mai labili
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Soccorsi a Gaza dopo un bombardamento (Fonte. Euronews)

Le prospettive di una tregua appaiono incerte, sia in Libano che nella Striscia di Gaza. Il segretario di Stato Usa Anthony Blinken ha incontrato a inizio settimana Netanyahu a Gerusalemme: gli Usa,  specie dopo l’uccisione del capo di Hamas Yahya Sinwar, premono per un cessate-il-fuoco, insieme alla liberazione degli ostaggi tuttora detenuti, vici o morti

 Ma Netanyahu ha più volte detto che vuole andare avanti. E, d’altro lato, i fondamentalisti insistono che non intendono rilasciare gli ostaggi catturati durante i massacri del 7 ottobre, 1200 vittime e oltre 250 sequestrati, un centinaio dei quali mai restituiti alle loro famiglie. Sul fronte nord, anche Hezbollah dice di non essere disposto a una tregua fin quando l’esercito israeliano conduce operazioni nel Paese dei Cedri; e gl,i sciiti proseguono il lancio di razzi e droni, uno dei quali, domenica, ‘bucando’ le difese israeliane, ha anche raggiunto una residenza di Netanyahu a Cesarea.

L’Amministrazione statunitense insiste sull’importanza di “mettere fine alla guerra a Gaza, rilasciare tutti gli ostaggi e alleviare le sofferenze del popolo palestinese”. E secondo Axios Israele ha consegnato a Washington un piano di tregua in Libano. Ma c’è la sensazione che nessuno farà concessioni fino alle elezioni presidenziali: i conflitti restano in ‘stand-by’, un limbo, però, armato e sanguinoso.

Sulle intenzioni di Israele, fa riflettere un convegno sul tema “Conquistare, cacciare, reinsediare” promosso dall’estrema destra, con la partecipazione di esponenti del Likud (il partito di Netanyahu). Partendo dal 2005, quando avvenne il disimpegno di Israele da Gaza e l’allora premier Ariel Sharon ordinò che migliaia di coloni lasciassero l’enclave, politici e accademici hanno discusso il futuro della Striscia, prospettando il ritorno degli insediamenti ebraici.

In questo clima, l’ennesima missione mediorientale di Blinken appare destinata all’ennesimo ‘nulla di fatto’. Le incertezze sulle attuali leadership di Hamas e degli Hezbollah – fatti fuori i leader, Israele non dà sistematicamente tregua ai loro successori – rendono persino difficile capire chi sono gli interlocutori con cui trattare. Le speranze di progressi sono realisticamente limitate a migliorare la situazione umanitaria nella Striscia, con l’arrivo di più aiuti, medicinali, viveri, carburante.

In Libano, Israele ha cominciato a prendere di mira le istituzioni finanziarie di Hezbollah. Hamas e le milizie sciite libanesi stanno accusando i colpi loro inferti nelle ultime settimane.

Guerre: Ucraina, missili, aiuti e intrecci diplomatici

241024 - guerre - Brics - Vertice -KazanSenza mai interrompere lo stillicidio notturno letale di raid, droni e missili, il fronte ucraino è più dinamico sul piano diplomatico che su quello militare. E i leader dell’Ue, che ricevono a Bruxelles per l’ennesima volta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, versano nuovi aiuti per 35 miliardi di euro.

Il Vertice dei Brics a Kazan, che viene ostentatamente presentato come “il più grande evento internazionale mai ospitato sul territorio russo”, è un modo per mostrare che, a quasi tre anni dall’invasione dell’Ucraina e nonostante il mandato di cattura emesso dalla Corte di Giustizia dell’Aia per crimini di guerra, la Russia non è isolata, anzi allarga la sua sfera d’influenza, e Putin non fatica a trovare interlocutori, dall’Onu – Guterres – alla Nato – il presidente turco Racep Tayyip Erdogan -.

I Brics si stanno rapidamente allargando, senza peraltro acquisire coesione: dopo che Russia, Cina, India, Brasile e SudAfrica sono stati raggiunti in gennaio da Iran, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita e Emirati arabi uniti, Turchia, Azerbaigian e Malaysia hanno presentato domanda formale e altri hanno già espresso l’intenzione di farlo. La prospettiva è quella di un’espanzione degli scambi e della cooperazione nell’area Brics, ‘bypassando’ le sanzioni imposte dalle governance nazionali e multinazionali occidentali.

Guerre: l’impatto sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti

Harris è in imbarazzo perché, in quanto vice-presidente, è vincolata alla decisioni di politica estera del presidente Joe Biden, anche se cerca di mantenere un tono più empatico rispetto a Biden sia verso Israele che verso i palestinesi. Trump, invece, può dire quel che vuole senza essere mai chiamato a rispondere, presso il proprio elettorato, delle affermazioni più improbabili (ma questo è un leit motiv di tutta la campagna e non riguarda solo la politica estera).

240923 - Usa 2024 42 - Harris - Trump
Kamala Harris e Donald Trump, in una combo dell’ANSA

Un sondaggio della Ap, su cui si basa tutta l’analisi, indica che il conflitto in Medio Oriente non dà un vantaggio né ad Harris né a Trump: quattro americani su 10 pensano Trump farebbe meglio, quattro su dieci pensano che farebbe meglio Harris; e due su dieci non si pronunciano.

Secondo un sondaggio di Arab News Research and Studies Unit con YouGov, gli arabo-americani sono leggermente più propensi a votare per Trump che per Harris, 43% a 41%, con un 4% di favori per la candidata verde Jill Stein. Il segnale mette in discussione le possibilità di Harris di imporsi nel Michigan, che ha una grande popolazione arabo-americana.

Le cifre sono in linea con un precedente sondaggio fatto dall’Arab American Institute. Il sostegno ad Harris nella comunità arabo-americana è stato minato dall’appoggio dell’Amministrazione Biden alla guerra di Israele contro Hamas a Gaza. L’ultimo rilevamento mostra che Trump ha più credito di Harris sulla capacità di risolvere il conflitto (39% a 33%).

Trump soffia di continuo sul fuoco mediorientale e invita a trovare la talpa che rivela i piani d’Israele contro l’Iran: “Gli Stati Uniti hanno fatto trapelare documenti altamente riservati su Israele, dati strategici e bellici…. Potrebbero provenire dal Dipartimento della Difesa… Israele è stato seriamente danneggiato e compromesso da questa fuga… Dovete trovare la talpa! Israele non vuole più condividere documenti con gli Stati Uniti. E chi può biasimarli!”, scrive su Truth, mentre Netanyahu ritarda, per scelta o perché costretto dalla fuga di informazioni, la risposta all’Iran. L’Fbi indaga, indipendentemente dalle strumentalizzazioni di Trump.

Secondo il New York Times, che cita fonti d’intelligence, la Russia sta considerando di innescare proteste, e anche violenze, dopo l’esito delle presidenziali statunitensi. La Russia e anche l’Iran potrebbero muoversi dopo il voto per mettere a rischio il processo democratico, soprattutto se Trump dovesse perdere. Le agenzie di intelligence ritengono che “attori stranieri” potrebbero condurre “operazioni di influenza, mettendo alla berlina la democrazia statunitense e alimentando dubbi sui risultati delle elezioni”.

 

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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