Guerre – In un anno in cui quasi la metà della popolazione del Pianeta, oltre tre miliardi di persone, sono chiamate alle urne, poco più di cento mila contadini dello Iowa, che vanno a votare nonostante bufere di neve, vento gelido, temperature polari, tengono in ostaggio i destini di Usa e Mondo e danno corpo al fantasma di una Terza Guerra Mondiale.
I 50 mila circa, uno su due dei votanti, che alle primarie repubblicane, il 15 gennaio, hanno scelto Donald Trump hanno rafforzato, nei peggiori guerrafondai della nostra Terra, come nei dittatori senza rispetto per i diritti umani e nei Signori del Fossile del negazionismo climatico, la percezione che il magnate ex presidente possa tornare alla Casa Bianca: un ‘tana libera tutti’ per chi mette profitto e potere sopra ogni altro valore.
Grande quasi come mezza Italia (146 mila kmq), lo Iowa, una pianura uniforme, 3.100.000 abitanti, ha una forte comunità d’origine tedesca o scandinava, gente un po’ rude e chiusa. Bianchi e protestanti sono larghissima maggioranza: neri ce ne sono relativamente pochi, musulmani meno. Non è uno spaccato dell’Unione, ma ne è un tassello del puzzle. A votare, ci vanno in pochi; e vincono sempre i conservatori.
Non c’è da stupirsi, quindi, che, nelle primarie, che qui hanno la forma di assemblee – i caucuses, parola indiana -, Trump vinca, anzi stravinca: supera il 50% dei voti. Ron DeSantis, governatore della Florida, arriva secondo, poco sopra il 20% e dopo qualche giorno si ritira. Nikki Haley, ex governatrice della South Carolina, è terza, poco sotto il 20%. Così, restano in corsa solo Donald e Nikki, alla prova d’appello del New Hampshire, Stato più liberal, dove s’è votato martedì 23.
Nonostante la modestia e le anomalie del campione, i risultati dei caucuses dello Iowa, primo atto delle primarie verso Usa 2020, danno un’impronta alla corsa alla nomination repubblicana. Attenzione!, però: nel XXI Secolo, se non c’era di mezzo un presidente in carica, i repubblicani dello Stato non ci hanno mai azzeccato: hanno sempre puntato su un cavallo perdente. Vero è che, stavolta, i distacchi sono nettissimi, mentre in passato tutto s’era giocato in un fazzoletto di voti.
Guerre: la nemesi di Trump allunga un’ombra sul 2024
La vittoria di Trump e la sensazione che il magnate ex presidente viaggi verso la nomination e possa tornare alla Casa Bianca, complice la debolezza elettorale di Joe Biden, incide sugli sviluppi delle guerre in atto nel Mondo: in Medio Oriente, dove i rischi di allargamento del conflitto si fanno giorno dopo giorno maggiori, e in Ucraina, dove c’è stallo.
La stessa fragilità di Biden è un rischio per la pace, che già non c’è più: nel Mar Rosso, in Yemen, in Iraq e in Siria, il presidente, per mostrare che ha polso, compie atti di forza, attacchi missilistici, raid aerei, i cui rischi, però, sono ben superiori ai benefici.
Per motivi diversi, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente russo Vladimir Putin possono credere che sia nel loro interesse stare a vedere se davvero il loro ‘amico’ Trump ridiventa presidente, schivando i processi che lo attendono. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sente il pericolo e invita a Kiev Trump, che dice di potere fare finire la guerra da un giorno all’altro.
In Ucraina, il conflitto è divenuto di posizione, di logoramento, di trincea. Il fronte è immobile, complice il Generale Inverno; la presenza russa nei territori annessi con referendum farsa si consolida; la stanchezza dell’Occidente nell’aiutare l’Ucraina – con gli aiuti americani tenuti fermi, non a caso, dai repubblicani in Congresso – rende illusori gli obiettivi di riconquista ucraini.
Innescata dai raid terroristici di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre – circa 1200 vittime, oltre 250 ostaggi, di cui la metà ancora in mano ai rapitori -, la guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas ha fatto più di 25 mila morti in 110 giorni, deborda dalla Striscia di Gaza, provoca fiammate in CisGiordania e al confine tra Libano e Israele; e produce metastasi nel Mar Rosso e nello Yemen, in Iraq e in Siria, in Iran e in Pakistan.
Il conflitto ha così tante sfaccettature che è difficile tenere dietro agli sviluppi ed è illusorio sperare che, a un certo punto, non si saldino insieme, anche quando non c’entrano magari nulla l’una con le altre. E la nemesi di Trump allunga sul 2024 ombre di guerre.