Dieci giorni di tensioni sociali in Francia, dopo che, il 27 giugno, un ragazzo di 17 anni di Nanterre, Nahel, è stato ucciso da un poliziotto gli ha sparato mentre cercava di sottrarsi a un controllo: proteste, incendi, violenze, migliaia di arresti, un’altra vittima, a Marsiglia – un giovane letalmente colpito da un proiettile di gomma -.
Florian M., l’agente che ha ucciso Nahel, è in carcere: non nega il fatto – del resto, il video di un passante lo documenta -, ma nega di avere pronunciato la frase “Ti spariamo in testa” che si sente nel video; e dice di avere sparato perché temeva che il suo collega venisse trascinato via dal Suv di Nahel, che stava ripartendo a forte velocità per forzare il blocco.
Da qualche sera, la protesta s’è un po’ stemperata, anche se l’episodio di Marsiglia, su cui un’inchiesta è in corso, e un fatto del 14 giugno finora non reso pubblico hanno un po’ riattizzato la rabbia dei giovani delle periferie di Parigi e delle grandi città. Ad Angoulème, Nouvelle Aquitaine, un ragazzo di 19 anni, Oussein, è deceduto durante un controllo di polizia: era alla guida di un’auto e non s’è fermato a un posto di blocco. Si sa che un agente è stato incriminato per omicidio volontario e interdetto temporaneamente dalla professione.
Dal 27 giugno, sono oltre 3.600 gli arresti effettuati – appena una ventina la scorsa notte -, centinaia i feriti e i contusi. Non si contano gli immobili danneggiati, le vetrine infrante, le auto rovesciate ed i cassonetti bruciati. Il portavoce del governo Olivier Véran dice che “l’ordine è stato ristabilito”.
Ma il leader dell’opposizione di sinistra Jean-Luc Melenchon descrive una Francia delle banlieues, abitate soprattutto da immigrati di seconda o terza generazione, di origine africana e musulmani, “impaurita dalla sua polizia”. E la destra che fa riferimento a Marine Le Pen soffia sul fuoco organizzando ronde anti-immigrati e anti-musulmani per “riprendersi la Francia”.
Francia: la radicata tradizione delle proteste violente
La propensione a esprimere la contestazione al potere di turno e la protesta in modo anche violento attraversa da secoli la società francese, almeno dalla Rivoluzione francese di cui il 14 luglio ricorrerà il 234° anniversario. La presidenza di Emmanuel Macron è già stata segnata, nel 2019, dalle sommosse animate dai Gilets Jaunes contro il ‘caro carburanti’ e, l’anno scorso, dall’opposizione alla riforma delle pensioni. E l’estate è stagione di fiammate di rabbia ricorrenti nelle banlieues, dove c’è un carico di tensione sociale, specie da parte dei giovani, molto alto.
Così, la rabbia per l’uccisione di Nahel s’intreccia con la frustrazione per stratificazioni e diseguaglianze della società francese. E le fiammate di rabbia e violenza a loro volta innestano reazioni da parte dei francesi che non condividono le ragioni o i comportamenti dei manifestanti.
Sulla situazione attuale, incide, inoltre, una maggiore polarizzazione della società francese rispetto al passato; e conta pure la situazione politica, con il presidente Macron che non dispone nell’Assemblea nazionale di una sua maggioranza e che non s’è fin qui dimostrato molto versato nella ricerca di compromessi.
In questo momento, in particolare, l’azione del presidente e del governo deve contemperare vicinanza alla famiglia della vittima e comprensione per l’esasperazione dei giovani con la tutela delle istituzioni e la protezione degli altri cittadini che sono stati danneggiati dalle proteste o ne sono semplicemente irritati o spaventati.
Francia: una crescente polarizzazione
Macron è stato eletto nel 2017 e poi rieletto nel 2022 con programmi fortemente europeisti, anche se più nelle dichiarazioni che non nelle realizzazioni. Ma la scelta e la riconferma del presidente non sono state davvero una scelta dei francesi a suo favore, quanto piuttosto un voto per tenere Marine Le Pen, arrivata al ballottaggio, lontana dall’Eliseo, con i suoi slogan sovranisti, xenofobi, anti-Islam e anti-Ue. Tant’è vero che poco dopo essere stato confermato, Macron non ha più ottenuto la maggioranza nelle elezioni parlamentari.
Chi sono i manifestanti? Cittadini francesi, figli o nipoti di immigrati, che sono nati, cresciuti e andati a scuola in Francia. Se la prima generazione di immigrati tende a confrontare il livello di vita raggiunto con quello del Paese da cui proviene, le generazioni successive percepiscono di più disuguaglianze e minori opportunità.
Negli Anni Dieci del XXI Secolo, ciò ha favorito radicalizzazione islamista, e scelte terroristiche, d’una frangia di giovani. Adesso, alimenta la frustrazione e la protesta, innescata – va sempre ricordato – dal ricorso alla forza eccessivo e criminale da parte di un poliziotto nei confronti d’un’adolescente. Ed è positivo che i francesi manifestino indignazione per quanto successo, che, per fortuna, in Europa è raro, mentre in America è purtroppo frequente.