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Ucraina: punto, Zelensky affossa mediazione Papa, fa colletta armi

Scritto per La Voce e il Tempo uscita il 18/05/2023 in data 21/05/2023 e, in versioni diverse, per il Corriere di Saluzzo del 18/05/2023 e per il blog di Media Duemila del 18/05/2023 https://www.media2000.it/ucraina-zelensky-boccia-mediazione-papa-fa-colletta-armi/

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In Ucraina, sembra una partita a scacchi. Gli ucraini muovono i pedoni nell’area di Bakhmut e riconquistano una casella di territorio – 20 kmq, dicono -. Ma non è l’inizio della controffensiva di primavera: scaramucce sanguinose in un fazzoletto di terra martoriata, per di più giudicato strategicamente irrilevante. I russi lanciano su Kiev, nella notte tra lunedì e martedì, l’attacco più intenso di sempre, per numero di missili e droni: una prova di terrore, che non sposta d’un centimetro le posizioni.

Quello che si muove senza remore è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: in meno di 72 ore, tra sabato e lunedì, è a Roma e in Vaticano, a Berlino, Parigi e in Gran Bretagna. Tornato in patria, riunisce i vertici militari, per illustrare ai generali quanto ottenuto come ulteriori forniture di armi e munizioni; e interviene in video-conferenza al Vertice del Consiglio d’Europa a Reykjavik, dove – assente la Russia, espulsa dall’organizzazione dopo l’invasione dell’Ucraina – i leader di 50 Paesi circa decidono di creare un registro internazionale delle atrocità e dei danni di guerra.

Il tour europeo di Zelensky non avvicina la pace.  Di tutti gli incontri del presidente ucraino sabato a Roma, l’unico che poteva avvicinare la fine del conflitto – o almeno una sospensione delle ostilità – era quello con Papa Francesco, inserito in un disegno negoziale della Santa Sede.

Ma Kiev insiste che l’unico piano di pace praticabile è quello ucraino. Confortato dal coro di leader che dichiarano pubblicamente di volere essere “al fianco dell’Ucraina fin quando sarà necessario” e che chiedono “una pace equa” – e chi direbbe il contrario? -, Zelensky è piuttosto scoraggiante, quasi scostante, dopo il colloquio in Vaticano: “Con tutto il rispetto per sua Santità, non abbiamo bisogno di mediatori… Il piano di pace è il nostro – riconquistare i territori occupati, ndr – … Non intendo parlare con Putin, piccolo dittatore che uccide i propri cittadini…”.

L’unico ruolo ‘consentito’ alla diplomazia vaticana è quello di impegnarsi per restituire alle famiglie “i bambini rapiti”: un obiettivo umanitario significativo, ma che, come uno scambio prigionieri. non incide sulle sorti del conflitto; un gesto di carità più che un esercizio di diplomazia.

Invece Francesco è impegnato in un tentativo di dialogo fra le parti in guerra, il necessario prologo a un’eventuale tregua: “La Madonna di Fatima, Madre di Gesù e nostra, ci aiuti a costruire vie d’incontro e sentieri di dialogo verso la pace, e ci dia il coraggio di intraprenderli senza indugio. Preghiamo insieme”, aveva scritto sabato mattina il Pontefice su Twitter, nell’anniversario dell’apparizione della Vergine a Fatima, parrocchia di campagna della diocesi di Leiria, nella conca d’Iria, in Portogallo: era il 1917, l’Europa era insanguinata dalla Grande Guerra e la Madonna invitò tre pastorelli bambini, Lucia do Santos e i cugini Francesco e Giacinta Marto, a pregare per la pace.

Bergoglio di sicuro lo fa e continua a sollecitare i fedeli a farlo. Ma tesse pure una tela di contatti e missioni. Ricevendo Zelensky, il Papa si è messo, agli occhi di Mosca, in una posizione di parte, esattamente come aveva fatto il presidente cinese Xi Jinping, agli occhi di Kiev, quando fece visita al leader russo Vladimir Putin il 20 marzo. Adesso, Francesco deve assolutamente riuscire ad avere un contatto con Putin, come Xi in capo a un mese è poi riuscito ad avere un contatto con Zelensky; altrimenti la missione di pace è fallita prima di cominciare – sempre che ci sia margine per portarla avanti -. L’avvicendamento nell’ambasciata russa presso la Santa Sede può essere d’aiuto.

Invece che ad avvicinare la pace, i contatti di Zelensky mirano ad avvicinare la controffensiva di cui Kiev continua a rinviare l’inizio e ad ampliare gli obiettivi. Per farla scattare, “mi mancano ancora un paio di visite”, dice Zelensky, dopo avere incassato domenica dal cancelliere tedesco Olaf Scholz l’ennesima generosa fetta di aiuti militari: una battuta per dire che ha ancora bisogno di armi, munizioni, equipaggiamenti. E qualcosa dopo raccoglie a Parigi e in Gran Bretagna.

La giornata romana di Zelensky tra palazzi del potere e tappeti rossi mediatici
Più che ai 40′ di colloquio con il Papa, a Roma Zelensky pare dare importanza agli incontri un po’ rituali e molto retorici con gli interlocutori italiani: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che parla di “pace giusta, che non somigli a una resa”; e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con cui è ‘Giorgia’ e ‘Vladi’, che va oltre, “L’Ucraina vincerà”. Zelensky la lusinga: “Oggi a Roma siamo diventati più forti”.

Mentre le truppe russe ripiegano a Bakhmut, unico punto del fronte dove accade qualcosa, l’attore divenuto presidente e, ora, alfiere della resistenza all’invasione si gode a Roma la passerella rossa diplomatica sciorinata per lui al Quirinale e a Palazzo Chigi, oltre che quella mediatica offertagli dalla tv pubblica e non solo. La giornata romana s’era aperta con lo sbarco a Ciampino da un aereo dell’aeronautica militare che l’aveva prelevato in Polonia. Nella città blindata, c’è il ‘faccia a faccia’ con Mattarella e il bilaterale con Meloni, senza testimoni e senza interpreti – insiste Palazzo Chigi -, parlando di forniture di armi (una priorità per Zelensky) e di ricostruzione (un business per Meloni).

Nel pomeriggio, la puntata in Vaticano, dove il presidente ha donato al Pontefice una Madonnina fatta con i resti di un giubbotto antiproiettile. Francesco gli dice che “servono gesti di umanità”. Infine, il gran finale mediatico con uno show nel salotto di Bruno Vespa eccezionalmente allestito sul Vittoriale.

Le tappe a Berlino, Parigi e agli Chequers
Meno ‘glamour’, ma più concrete le tappe successive di Zelensky ‘l’europeo’, in Germania, Francia e Gran Bretagna. A Berlino, incassa il mega-aiuto tedesco in armamenti per 2,7 miliardi. E a Parigi il presidente francese Emmanuel Macron gli promette mezzi blindati e addestramento per le truppe e concorda su nuove sanzioni anti-Russia, da decidere in sede Ue. Il presidente ucraino twitta soddisfatto: “A ogni visita, le capacità difensive e offensive dell’Ucraina si espandono e i legami con l’Europa si rafforzano e cresce la pressione sulla Russia”.

Il premier britannico Rishi Sunak lo riceve nella residenza di campagna, agli Chequers: l’abbraccio fra i due sancisce un’unità di intenti non scalfita, qui, da tentazioni pacifiste. Londra promette ulteriori forniture di centinaia di missili anti-aerei e droni, vuole addestrare piloti ucraini sugli F-16 (che, però, non ha) e parla d’adesione dell’Ucraina alla Nato: temi controversi, in ambito europeo e atlantico.

La sintesi della ‘tour europeo’ di Zelensky è che Kiev continuerà a ricevere dall’Occidente armi e aiuti, mentre i russi ‘regolari’ e mercenari litigano e si trovano sulla difensiva a Bakhmut, dopo essere stati per mesi all’attacco in modo inconcludente. Ma i desideri dell’Ucraina di aderire all’Ue e alla Nato non sono sul punto di essere esauditi: media Usa scrivono che dal Vertice dell’Alleanza a Vilnius l’11 e 12 luglio non verrà un invito formale a Kiev, mentre i negoziati con l’Ue richiederanno tempo e, soprattutto, pace.

L’intox incrociato dei servizi segreti
Proprio i media Usa dedicano poca attenzione – almeno a livello di breaking news – all’andirivieni del presidente ucraino tra i palazzi del potere europeo. Nel fine settimana, la notizia oltre Oceano è uno scoop del Washington Post, che, citando fonti d’intelligence, presta a Zelensky atteggiamenti e intenti bellicosi sgraditi alla Casa Bianca.

“Zelensky – nota il WP – s’è guadagnato la fiducia dei governi occidentali impegnandosi a non usare le armi che gli sono state fornite per colpire la Russia in casa. Ma, in privato, il presidente ucraino ha proposto una direzione ben più audace, colpendo in territorio russo”. E, in particolare, Zelensky “ha ipotizzato l’occupazione di villaggi in Russia per avere più leva su Mosca, il bombardamento d’un oleodotto che porta petrolio della Russia in Ungheria e l’impiego di missili a lungo raggio così da colpire a Russia nei suoi confini”. Mosse che rischiano di coinvolgere l’Occidente nel conflitto, perché fatte con armi Nato.

Per i rapporti di intelligence citati dal WP, il presidente ucraino ha “un istinto aggressivo, che contrasta con l’immagine pubblica di uomo calmo e stoico che resiste all’invasione russa”. A fine gennaio, ha suggerito la possibilità di “condurre attacchi in Russia” mentre le truppe di terra ucraine “occupavano città di confine”, si legge in un documento ‘top secret’.  In un altro incontro a febbraio, invece, s’è detto “preoccupato” perché l’Ucraina “non ha missili di lungo raggio capaci di colpire truppe russe in Russia” e ha “suggerito attacchi a distaccamenti a Rostov” con droni. E ha poi ipotizzato che l’Ucraina faccia “saltare” l’oleodotto Druzhba.

Tutti piani cassati da Usa e Nato, ma cui Zelensky ha solo in parte rinunciato, come le cronache delle ‘punture di spillo’ ucraine in territorio russo indicano. Queste notizie possono, in parte, spiegare perché l’Occidente resti cauto sulla richiesta di Kiev di avere aerei da combattimento, oltre che sistemi anti-aereo e carri armati.

Da entrambe le parti, i servizi segreti, in questa fase, sono molti attivi, operativamente e nel campo dell’intox dell’informazione. Il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kirill Budanov, ammette responsabilità di Kiev nelle uccisioni recentemente avvenute di figure mediatiche russe. A chi gli chiede se Kiev potrebbe cercare di eliminare personalità russe nazionaliste e influenti, Budanov risponde: “Ne abbiamo già raggiunti molti, comprese personalità pubbliche e dei media”. La lista di attentati e sabotaggi, in Russia o nei territori ucraini occupati, si allunga di giorno in giorno.

Citando, invece, i servizi segreti occidentali il Washington Post afferma che il capo dei Wagner Evgheny Prigozin si sarebbe offerto di rivelare agli ucraini la posizione delle truppe russe regolari, in cambio di un ritiro da Bakhmut, dove i suoi mercenari stanno subendo forti perdite. Illazione subito smentita.

Che i rapporti tra Prigozin e i vertici militari russi siano pessimi lo prova però un post su Telegram dedicato al capo di Stato Maggiore russo Valery Gerasimov: “Ho letto un articolo su Gerasimov d’un esperto militare australiano, un generale. L’articolo si intitola ‘più pericoloso del nemico’… Un comando militare così scarso – Prigozin usa un’espressione volgare, ndr – è molto importante per la vittoria del nemico…”. A consentire agli ucraini di recuperare posizioni intorno a Bakhmut è stata la 72a brigata russa, un’unità creata l’autunno scorso e accusata dai Wagner di scarso morale e limitata efficacia al fronte.

Infine, secondo la Cnn, l’intensità straordinaria degli attacchi aerei russi degli ultimi giorni vuole confondere le difese aeree ucraine, con lanci di missili da più direzioni contemporaneamente. Ma questa scelta avrebbe pesanti controindicazioni, perché la Russia starebbe intaccando le sue riserve di munizioni ad alta precisione.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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