“Una telefonata allunga la vita”, recitava anni fa uno sketch pubblicitario di grande successo. Può, invece, una telefonata accorciare la guerra? La chiamata tra i presidenti cinese Xi Jinping e ucraino Volodymyr Zelensky alimenta speranze e, forse, illusioni. “Lunga e significativa”, la definisce Zelensky: era la prima conversazione fra i due leader dall’invasione dell’Ucraina 14 mesi or sono; ed era attesa dal 20 marzo, quando Xi aveva reso visita a Mosca al presidente russo Vladimir Putin. Dopo la telefonata con Xi, Zelensky, scrive l’Ap, appare “su di giri”, ottimista”; e Pechino fa sapere di avere nominato un proprio inviato per cercare “una soluzione politica” al conflitto ucraino.
Che, però, continua con uno stillicidio – dicono le cronache ucraine – di bombardamenti con missili e droni e d’attacchi russi (decine ogni giorno, sempre respinti). Le informazioni sono contraddittorie e difficili da verificare: Kiev e Mosca rivendicano entrambe avanzamenti lungo il fiume Dnipro che divide Kherson, nel sud del Paese; a Bakhmut, nel Donetsk, il capo del Wagner Evgheny Prighozin annuncia che i suoi uomini non faranno più prigionieri e le fonti di Kiev riferiscono che i russi “hanno migliorato” le loro tattiche.
La testa di ponte ucraina a Est del Dnipro potrebbe rivelarsi un avamposto della controffensiva che starebbe per scattare – c’è chi dice il 30 aprile, chi il 3 maggio, c’ chi afferma che il 98% delle armi e munizioni promesse dall’Occidente sono già arrivate in Ucraina –, in vista della quale i russi avrebbero allestito linee difensive con trincee successive. Fonti militari di Kiev parlano di un lasso di tempo tra i tre e i sei mesi per la riconquista dei territori occupati.
Saltuariamente, gli ucraini colpiscono in Crimea o sul territorio russo; e un loro drone carico d’esplosivo sarebbe caduto vicino a Mosca. Ma capita pure che un aereo russo sganci, per errore, una bomba su una propria città nei pressi del confine ucraino, facendo due feriti e creando allarme nella popolazione locale.
Come sempre, le notizie dal fronte s’intersecano con notizie d’intelligence dove il livello di ‘intox’, di per sé molto alto, è incrementato dai ‘Discord leaks’, la fuga di documenti del Pentagono che danno un’idea di quanto profondo sia il coinvolgimento degli Usa nel conflitto: “Siamo dentro tutti gli aspetti della guerra, tranne l’avere uomini sul terreno”, sintetizza il Washington Post.
Per la Bild, il 23 aprile gli ucraini tentarono di uccidere Putin con un drone. Secondo fonti ucraine, ci sarebbe stata una rissa con sparatoria a Bakhmut tra soldati russi e mercenari del Wagner. L’Ap scrive che Washington evitò in extremis che Kiev lanciasse una serie di attacchi in profondità sul territorio russo nell’anniversario dell’invasione, il 24 febbraio. E sui media Usa rimbalzano dettagli dei contrasti su Bakhmut, la cui strenua difesa non sarebbe né capita né condivisa dagli americani.
Sui fronti diplomatici, il rinnovo della ‘pace del grano’ conclusa nel giugno scorso resta in bilico, perché il G7 non dà via libera all’export dei cereali russi – e perché la mediazione turca è frenata dalla campagna elettorale e dalle condizioni di salute del presidente Recep Tayyip Erdogan -. L’Italia gioca le sue carte sul tavolo della ricostruzione. Gli Stati Uniti fanno dispetti alla Russia e non danno il visto ai giornalisti al seguito del ministro degli Esteri Serguiei Lavrov, che presiede a New York il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E Berlino e Mosca combattono una guerra delle spie a colpi di reciproche espulsioni di diplomatici.
Secondo le stime dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (il Sipri), il 2022 è stato l’ennesimo anno record per l’industria militare: la spesa globale nel settore della difesa è stata di 2.240 miliardi di dollari; e la guerra in Ucraina, che pur garantisce ai produttori di armi un giro d’affari importante, pesa solo in parte, perché conflitti nel Mondo ve ne sono ovunque. Gli Usa spendono più di tutti – oltre un terzo del totale -, davanti alla Cina.
Una telefonata attesa cinque settimane: contenuti, effetti e reazioni
La telefonata di Xi a Zelensky, si cui Washington non sarebbe stata preventivamente informata, può essere un passo verso una soluzione diplomatica della guerra russo-ucraina, anche se la sintesi dell’ora di conversazione, riportata dai media cinesi, non contiene le parole “Russia” e “guerra” e ribadisce punti già sottolineati da Xi in dichiarazioni pubbliche: “Promuovere la pace e il dialogo” e rispettare la sovranità territoriale di tutti gli Stati – vuol dire ‘compresa quella cinese su Taiwan’ -.
Xi assicura Zelensky che la Cina non getterà “benzina sul fuoco” in Ucraina: un’affermazione che Politico legge come un impegno di Pechino a non fornire armi od altre forme di assistenza militare a Mosca.
Pechino ha presentato, ormai due mesi or sono, un piano di pace in 12 punti, che finora Stati Uniti e alleati europei hanno accolto con grande scetticismo, ritenendo i cinesi troppo vicini ai russi. Zelensky, dal canto suo, si era sempre detto interessato ad aprire un canale con Xi, soprattutto dopo il vertice bilaterale russo-cinese del 20 marzo. In seguito alla conversazione, Kiev ha sciolto il nodo della nomina dell’ambasciatore a Pechino, designando un ex ministro.
A telefonata avvenuta, Washington l’ha positivamente commentata. Secondo John Kirby, portavoce del Consiglio Usa per la Sicurezza nazionale, “chiedevamo da tempo che la Cina ascoltasse la prospettiva ucraina”.
L’Ucraina verso l’Ue e la Nato: le promesse e i fatti
Il cammino dell’Ucraina verso l’Ue e verso la Nato prosegue su due piani: le promesse, che sono tante, e i fatti, che sono pochi, fatto salvo il flusso di armi e di aiuti che prosegue spedito.
Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg, in visita a Kiev, dice che l’Ucraina merita un posto nella Nato; e vuole portare avanti i colloqui sull’invio di caccia a Kiev. Berlino frena: “La decisione non è imminente”, i problemi sono altri, fa sapere il governo tedesco.
E Le Monde rivela che Parigi ha negato a Kiev l’accesso alle mappe digitali della Bielorussia, che avrebbero consentito alle forze ucraine di lanciare missioni con droni o caccia a bassa quota contro depositi di armi. Il rifiuto è motivato dal desiderio di evitare un’espansione del conflitto.
Rispondendo a Stoltenberg, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha ricordato che impedire l’ingresso nella Nato dell’Ucraina è uno degli obiettivi dell’operazione militare speciale russa,
Se ne riparlerà a luglio al Vertice della Nato di Vilnius, quando l’adesione di Kiev all’Alleanza sarà “in cima all’ordine del giorno”, dice Stoltenberg. Di qui ad allora, però, ci saranno da valutare eventuali sviluppi diplomatici conseguenti alla telefonata Xi – Zelensky e la controffensiva ucraina, se sarà stata condotta.
In previsione di essa, l’Ucraina riempie gli arsenali: riceve carri armati dai Paesi Nato europei e missili anti-missile Patriot dagli Stati Uniti, ma lamenta la lentezza dell’Ue nell’inviare munizioni, nonostante le decisioni siano state prese. Washington stanzia l’ennesimo pacchetto pro-Ucraina: 325 milioni di dollari in assistenza militare, accompagnati dalle parole del segretario di Stato Antony Blinken, “la Russia può mettere fine al conflitto oggi stesso”, arrestando l’aggressione e ritirando le proprie truppe. Finché non lo farà, “gli Stati Uniti e i loro alleati e partner resteranno dalla parte dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”.