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Cina: partita a scacchi con l’Occidente sui tavoli di Taiwan e Ucraina

Scritto per Toscana Oggi uscito il 20/04/2023 in data 23/04/2023

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La Cina c’è, nell’economia e nei commerci, anche nella geo-politica, con la colonizzazione formato XXI Secolo della Nuova Via della Seta e gli avamposti militari. Ma per un anno non mette la testa fuori dal guscio nella diplomazia di pace dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Usa e Occidente, che per la pace non fanno nulla, la pungolano stizziti: Biden chiama Xi, lo sollecita, “fatti sentire da Putin”.

Poi la Cina si fa avanti: annuncia e pubblica un ‘position paper’, che vuole essere la base di partenza di un negoziato; Xi fa visita a Putin, raccoglie consensi fra i Brics (oltre a Cina e Russia, India, Sudafrica, Brasile) e riceve emissari europei al massimo livello. E l’Occidente, soprattutto gli Usa, se ne adontano: “Così non va bene, stai dalla parte di Mosca”. Non piace l’idea di un nuovo ordine mondiale che non sia più americano-centrico. Kiev s’allinea a Washington – o, forse, è viceversa -; gli europei danno primi segni di ordine sparso – in fondo, c’è da sorprendersi quando non lo fanno -.

Usa e Ue faticano a prendere atto che la Cina è ormai protagonista inevitabile sulla scena mondiale, politica ed economica, diplomatica e militare; e che tali pretendono di essere, nella sua scia, l’India di Modi, che è appena divenuto il Paese più popoloso al mondo, superando proprio la Cina, e che ha la presidenza di turno del G20; e pure il Brasile di Lula, che a Pechino nei giorni scorsi ha espresso, in sintonia con Xi critiche agli Usa (che non vogliono la pace), e il SudAfrica, che contesta la linea di Washington – sanzioni alla Russia e armi all’Ucraina -.

La missione semi-congiunta a Pechino del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha aperto una breccia nella compattezza atlantica sull’Ucraina, ma ha anche creato fessure nello schieramento europeo. Senza peraltro riuscire, almeno apparentemente, a indicare un percorso di pace, viste le reazioni di Mosca e di Kiev e l’impennata di tensione su Taiwan tra Pechino e Washington. Ora c’è la fila per andare a Pechino, con il premier spagnolo Pedro Sanchez, il capo della diplomazia europea Joseph Borrell e – in lista d’attesa – Giorgia Meloni.

Tornato in patria, dopo avere ricevuto in Cina un trattamento privilegiato rispetto a UvdL, Macron dice che l’Europa deve resistere alle pressioni di chi vuole farne un ‘follower’ degli Stati Uniti: “C’è il rischio che ci troviamo presi dentro crisi che non sono le nostre”, con riferimento a Taiwan.

Invece, von der Leyen ha intavolato una sorta di “partita a scacchi” – la definizione è di Eunews – con Xi: sono in gioco le relazioni economiche euro-cinesi e la pace in Ucraina. La ‘numero uno’ europea vede la necessità di riequilibrare i rapporti commerciali e di stabilizzare la scena globale, cercando “soluzioni attraverso il dialogo e la diplomazia”; Xi, invece, d’intesa con Putin e i Brics, punta a un ‘nuovo ordine mondiale’.

Secondo Politico.eu, la missione semi-congiunta ha approfondito le divisioni europee: se Macron voleva trasmettere un messaggio di unità dell’Ue, invitando UvdL ad accompagnarlo, il risultato non è stato quello auspicato. Pechino gioca a dividerli, applicando la tattica romana, del ‘divide et impera’.

Se la Cina manda messaggi di dialogo all’Europa e si dice pronta a parlare con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “al momento opportuno” e quando ci saranno “le giuste condizioni”, non fa altrettanto con gli Usa su Taiwan. Appena partiti Macron e UvdL, le forze armate cinesi conducono tre giorni di manovre aero-navali intorno all’isola, simulandone l’accerchiamento e impiegando almeno 12 navi da guerra e 91 aerei da combattimento. Nel dichiarare le manovre terminate, Pechino si dice “pronta a combattere”.

In questo contesto fluido e incerto, l’Italia deve iniziare a interrogarsi sul rinnovo dei memorandum d’intesa firmati il 23 marzo 2019 e destinati a migliorare le relazioni economico-commerciali italo-cinesi. Poi, vennero la pandemia e la guerra in Ucraina, cambiarono i governi e i contesti.

I memorandum, su Nuova Via della Seta, e-commerce e startup, sono validi per cinque anni e vengono automaticamente prorogati, salvo che una parte vi ponga termine dandone preavviso scritto di almeno tre mesi all’altra parte. Il Governo Meloni deve, dunque, decidere, entro fine anno, che fare.

Nel 2019, a firmare le intese furono l’allora vice-premier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e il presidente della commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme He Lifeng. Era il governo Conte 1, la coalizione giallo-verde tra M5S e Lega che, in politica estera, aveva impostazioni alternative rispetto a quelle dei governi successivi, nettamente meglio disposti verso l’Ue e più atlantisti. L’adesione italiana al programma geo-politico e infrastrutturale cinese suscitò echi negativi Usa e Ue: era un caso unico nel G7, non raro fra i 27 – almeno una dozzina di Paesi hanno fatto altrettanto -.

Ora, la riflessione italiana sul rinnovo o la denuncia degli accordi datati 2019 e Conte 1 coincide con una fase in cui la Cina del terzo mandato di Xi Jinping cala in tavola le carte da attore globale. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken definisce “matrimonio d’interesse” il rapporto Cina – Russia. Su AffarInternazionali.it, Vittoria Mazzieri di China Files osserva che la Cina ha “rafforzato la pretesa di proporsi come “potenza responsabile”, capace di “mediare” tra attori terzi.

Lo ha dimostrato, fra l’altro, rivendicando come un proprio successo diplomatico l’accordo tra Iran e Arabia Saudita, cioè tra un arci-nemico e un arci-amico degli Usa; e lo dimostra tagliando, quasi sistematicamente, sotto i piedi di Taiwan, l’erba delle relazioni diplomatiche. Di recente, l’Honduras è divenuto l’ultimo Paese ad abbandonare l’Isola Stato per la Repubblica popolare cinese: ormai, sono solo 13 gli Stati al mondo che riconoscono Taiwan.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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