Ucraina – Morire per Bakhmut: lo fanno da mesi giorno dopo giorno decine, talora centinaia, di militari, nell’uno e nell’altro campo. Litigare per Bakhmut lo fanno politici e generali, a Mosca come a Kiev. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è ai ferri corti con il suo comandante che pensa che sarebbe meglio abbandonare la città e risparmiare uomini e mezzi, salvo poi ricomporre un’unità di facciata. E il capo dei mercenari del Gruppo Wagner, Evgeny Prigozhin, se la prende con il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, senza coinvolgere il presidente Vladimir Putin, perché avrebbe lasciato i suoi uomini a corto di munizioni e costretti a battersi nei corpo a corpo con le letali palette dell’esercito russo modello ‘800.
Sulla linea del fronte, la caduta della città del Donetsk sembra imminente – ma sono settimane che lo si scrive -. Analisti indipendenti affermano che le forze russe hanno ormai accerchiato, almeno su tre lati, le unità ucraine. Quando Bakhmut cadrà, sarà la prima volta da otto mesi che i russi riescono a occupare una città ucraina, dopo la presa di Lysychansk ai primi di luglio. Il segretario alla difesa Usa Lloyd Austin minimizza la battaglia, che sarebbe “più simbolica che strategica”. Se fosse davvero così, l’averla combattuta con perdite tanto pesanti sarebbe stata una scelta criminale. Secondo la Bild, il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny avrebbe già suggerito a Zelensky, fin dal mese scorso, di lasciare Bakhmut per ragioni tattiche, ma il presidente ha su questo punto un’opinione completamente diversa e l’ha fatta fin qui valere.
Forse reagendo a queste illazioni, che la Bild attribuisce “a fonti della leadership politica ucraina”, la presidenza ucraina ha ieri pubblicato un comunicato per dire che Zelensky ha fatto una riunione con i vertici militari per discutere in dettaglio la situazione a Bakhmut: il comandante in capo Zaluzhny e il comandante del gruppo di truppe operativo-strategico Khortytsia, Oleksandr Syrsky, si sono detti favorevoli a proseguire la difesa della città.
Fronte russo, Prigozhin torna a lamentarsi per la carenza di munizioni e denuncia “un tradimento” per i ritardi nelle consegne. “Gli ordini di consegna – scrive Prigozhin in un post sui social – sono stati dati il 23 febbraio. Ma finora la maggior parte delle munizioni non è stata inviata”. Il capo dei Wagner vede due possibili ragioni per questo ritardo: “Ordinaria burocrazia o tradimento”.
Il mese scorso, Prigozhin aveva rivolto dure critiche al ministro Shoigu e al capo di Stato Maggiore, Valery Gerasimov, accusandoli di “tradimento” per non avere fornito munizioni al suo gruppo. E ora torna a ripetere che “se il Gruppo Wagner si ritira ora da Bakhmut, l’intero fronte crollerà”.
Il capo dei mercenari esclude la sua partecipazione a una manifestazione a San Pietroburgo domani, nell’anniversario di una manifestazione di donne russe che l’8 marzo 1917 rivendicarono la fine della guerra (e che fu il prologo della rivoluzione d’Ottobre). Prigozhin è attento a tranquillizzare Putin: “Non ho ambizioni politiche. Noi combattiamo e proteggiamo gli interessi della Russia”.
Fonti ucraine hanno ieri diffuso il video dell’esecuzione di un prigioniero ucraino disarmato da parte di militari russi che lo insultano e riprendono la scena. Le immagini mostrano l’uomo che dice “Gloria all’Ucraina”, dà un tiro di sigaretta e viene crivellato di colpi.
Fonti russe affermano che ordigni ucraini hanno colpito il villaggio di confine di Iskra, rimasto senza elettricità perché “le strutture di approvvigionamento energetico” nel distretto di Khomutiv sono state danneggiate.
Da oggi, a Stoccolma, il Consiglio informale Difesa dell’Ue si riunisce per riaffermare il sostegno all’Ucraina: la Commissione europea propone ai 27 di finanziare con un miliardo di euro l’acquisto di munizioni, specie di artiglieria, da mandare a Kiev.
In un’intervista alla Cnn, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ripete che ci sarebbero “conseguenze” se la Cina inviasse armi alla Russia per la guerra in Ucraina, dicendosi, però, abbastanza ottimista sul fatto che Pechino si asterrà dal farlo.