Ucraina un anno dopo – Passati i giorni della retorica bellicista, prima dell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina, speranze e attenzioni sono ora rivolte alla Cina, che annuncia un’iniziativa di pace, senza però darne dettagli. Nelle more di notizie da Pechino, giovedì l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato con 141 voti a favore, 7 contrari e 32 astenuti una risoluzione che afferma “la necessità di raggiungere, il prima possibile, una pace completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite”. Il testo “ribadisce l’impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e integrità territoriale dell’Ucraina, entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti”, e chiede “la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe”. Tra i 75 cosponsor della mozione, anche l’Italia.
Fra i Paesi astenuti, vi sono Cina e India, oltre a SudAfrica, Angola, Zimbabwe, Etiopia, Algeria, Pakistan, Cuba. Insieme, fanno ben oltre il 40% della popolazione mondiale. I sette no sono, oltre alla Russia, Bielorussia, Siria, Eritrea, Nord Corea, Nicaragua e, per la prima volta, il Mali.
Da quando si sa che la Cina lavora a un’iniziativa di pace, l’Occidente ha accentuato la diffidenza verso Pechino, dopo averla per un anno sollecitata a non limitarsi a fare da spettatore del conflitto.
Anche Kiev è guardinga sull’iniziativa cinese: in una conferenza stampa congiunta con il presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dice di non avere ancora visto piani di pace cinesi, ma si dichiara favorevole a un incontro con emissari cinesi.
E se Zelensky celebra, oggi, in un discorso, “un anno di invincibilità” e prevede che gli ucraini “trionferanno sul territorio russo”, il ministro della Difesa britannico Ben Wallace avverte, citando fonti d’intelligence, che “la guerra può durare un altro anno”. L’unica voce sobria e accorata è quella di Papa Francesco, che parla di “triste anniversario”, senza avere mai cessato di invocare la pace.
Una conferma che fermenti di diplomazia, tuttavia, sussistono, sotto lo strato di retorica di guerra dell’anniversario dell’invasione, viene da una fonte neutrale per antonomasia, il ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis. In un’intervista, rivela che colloqui per una soluzione del conflitto si stanno tenendo a Ginevra “nella massima discrezione” e – per ora – non ai più alti livelli. “Questa guerra finirà un giorno tramite una trattativa. Costruire la pace è complicato e necessita molta diplomazia”, una soluzione imminente è molto difficile “a meno di un miracolo”.
Le linee guida della diplomazia cinese
I contenuti del piano cinese, che viene descritto come un ‘position paper’ in vari punti, si possono dedurre dai discorsi fatti nell’ultima settimana, a Monaco, a Mosca, all’Onu, da emissari di Pechino: Nell’emiciclo del Palazzo di Vetro, ieri, la Cina spiegava che il dialogo è “l’unica strada percorribile per risolvere la crisi” e che è ”prioritario arrivare a un cessate-il-fuoco”: “Integrità territoriale e frontiere di un Paese vanno sempre rispettate” e vanno evitati attacchi a civili o infrastrutture civili; nel contempo, non si devono applicare “doppi standard” e “vanno prese sul serio le preoccupazioni di sicurezza legittime di ogni Paese”.
Decodificato, vuol dire che se l’integrità dell’Ucraina va rispettata, anche quella della Cina deve esserlo (con Taiwan cinese); e che bisogna tenere conto delle priorità di sicurezza della Russia, evitando l’inclusione dell’Ucraina nella Nato.
Pechino sostiene di essere stata, fin dall’inizio della crisi, “con fermezza dalla parte del dialogo e della pace, promuovendo il dialogo e svolgendo un ruolo responsabile e costruttivo per attenuare tensioni e sofferenze”. E il capo della diplomazia cinese Wang Yi sollecita all’Europa “un ruolo più attivo e costruttivo nella promozione dei colloqui di pace” e le impartisce una lezione in parte meritata: “L’Europa dovrebbe pensare seriamente che condizioni possono essere create per ottenere un cessate-il-fuoco e la fine della guerra, che quadro possa garantirle la stabilità a lungo termine e che ruolo possa riflettere la sua autonomia strategica”.
Al presidente russo Vladimir Putin, Pechino ribadisce di volere sviluppare i rapporti con la Russia, svolgendo, però, un ruolo “costruttivo” per una soluzione politica della guerra in Ucraina. E, poi, dice di apprezzare “la disponibilità di Mosca per i negoziati”.
Le ‘querelles’ collaterali su armi di Pechino a Mosca, Moldavia e Transnistria, nucleare
Sulle armi alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, la Cina smentisce e il Pentagono puntualizza, ma la Casa Bianca non arretra e la Nato persiste: ci sono “segnali” che Pechino abbia piani per aiutare Mosca nella guerra, dice il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, rivelando all’Ap che gli Stati Uniti e i loro partner hanno già invitato Pechino a “desistere” dai suoi piani che “costituirebbero una violazione del diritto internazionale”.
Il Pentagono, però, mette i puntini sulle i delle parole di Stoltenberg: al momento non risulta che Cina abbia fornito “aiuti letali” alla Russia nella guerra “illegale” contro l’Ucraina. Sabrina Singh, vice-portavoce del Pentagono, osserva, però, che Pechino “non ha nemmeno escluso” la possibilità di farlo. E, se lo facesse, “ci saranno delle conseguenze”.
La Cina respinge le accuse: “La cosiddetta intelligence degli Stati Uniti non è altro che speculazione e calunnia contro la Cina”, sbotta il portavoce del Ministero degli Esteri Wang Wenbin: Washington continua a “diffamare” Pechino.
C’è pure l’intreccio di accuse e smentite sulla Moldavia: secondo Mosca, Kiev si prepara a invadere la Transnistria, l’autoproclamata repubblica separatista filo-russa; Kiev accusa Mosca di fomentare una crisi politica in Moldavia e di preparare provocazioni militari; Chisinau smentisce crisi e minacce.
E se gli Stati Uniti ‘raffreddano’ l’impatto della decisione di Putin di sospendere il Trattato nucleare New Start, l’unico attualmente esistente fra le due Super-Potenze atomiche – la “postura nucleare” Usa non cambia: “Crediamo che una potenza nucleare debba continuare a collaborare con gli altri Paesi dotati di armi atomiche e consideriamo la decisione di Mosca irresponsabile” -, Washington, invece, aumenta il numero dei ‘consiglieri militari’ dislocati a Taiwan per addestrare le truppe locali contro la minaccia cinese.
L’impatto del conflitto sugli equilibri mondiali
Il Washington Post, giorni fa, titolava che il conflitto “sta approfondendo il divario globale”, mettendo a nudo “i limiti dell’influenza statunitense”: “la Russia – scriveva il WP – sta capitalizzando sulla disillusione nei confronti degli Usa per acquisire simpatie nel Sud Globale. Nelle ultime sei settimane, il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov è stato ricevuto in nove Paesi dell’Africa e del Medio Oriente”.
Analoga l’analisi dell’Ap, secondo cui l’invasione “ha cambiato il Mondo”: “E’ stata una catastrofe per l’Ucraina e una crisi per il Pianeta”, che è oggi un posto “più instabile e timoroso”. Per la Russia, l’anno trascorso è stato intessuto “di accuse audaci e bombardamenti, ritirate umilianti e assedi sfibranti”.
La settimana dell’anniversario è stata un crescendo di retorica bellicista, con il discorso di Putin sullo stato dell’Unione e la visita a Kiev del presidente Usa Joe Biden, il bagno di folla di Putin mercoledì e il discorso a Varsavia di Biden, l’incontro di Putin con Wang Yi e il Vertice di Biden con il Gruppo dei Nove dell’Alleanza più vicini, e più ostili, alla Russia (Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria, Romania, i tre Baltici).
Oltre a sospendere il New Start, Putin revocava il decreto sulle linee di politica estera del 2012 che metteva tra gli obiettivi la cooperazione con l’Ue per creare “un unico spazio economico e umano dall’Atlantico al Pacifico”, oltre allo sviluppo delle “relazioni con la Nato”. Ai Nove, Biden ripeteva che la Nato difenderà “ogni centimetro del suo territorio” e giurava d’intervenire in caso d’invasione: “Siete in prima linea per la nostra difesa collettiva”.
Le fluttuazioni dell’opinione pubblica: sì al sostegno all’Ucraina, meno alle armi
Secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro standard, pubblicato in coincidenza con l’anniversario dell’invasione, i cittadini europei continuano a essere fortemente solidali con l’Ucraina e favorevoli alle iniziative prese per sostenere quel Paese e il suo popolo. Ampio è il consenso sull’accelerazione della transizione energetica e sulla riduzione della dipendenza dell’Ue dalle fonti energetiche russe.
Il 91% degli intervistati è d’accordo con la fornitura di sostegno umanitario e l’88% è favorevole all’accoglienza nell’Ue delle persone in fuga dalla guerra. L’erogazione di aiuti finanziari all’Ucraina è approvata dal 77% degli intervistati, mentre l’imposizione di sanzioni economiche anti-russe vede d’accordo il 74% degli intervistati.
I cittadini europei continuano a essere favorevoli al divieto di diffusione dei media statali russi (67%) e al finanziamento da parte dell’Ue dell’acquisto e della fornitura di attrezzature militari destinate all’Ucraina (65%). Invece, la fornitura diretta di armi vede le opinioni pubbliche nazionali più divise: negli Stati Uniti, la misura è controversa, ma non polarizza la società.
Nel complesso, la maggioranza dei cittadini europei (56%) rimane soddisfatta della risposta dell’Ue all’invasione russa dell’Ucraina. Il 77% degli intervistati europei è a favore di una politica di difesa e sicurezza comune tra gli Stati dell’Unione (stessa percentuale dell’estate scorsa), il 16% è contrario. Sembra quasi che i cittadini dicano ai loro leader le stesse cose che dice la Cina.