“Noi saremo dalla parte del dialogo e della pace”. A Monaco, sulla guerra in Ucraina, il capo della diplomazia cinese Wang Yi schiera la Cina nel campo pacifista, parlando alla conferenza sulla sicurezza, tradizionale forum geo-politico internazionale, che quest’anno assume particolare rilievo nell’imminenza dell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Wang accende un cerino di speranza quando dice: “Presenteremo un piano, cioè la nostra posizione sul superamento della crisi”. Pechino si spenderà per la pace in Ucraina, perché “la pace deve avere una chance”.
In realtà, le sure che Wang allinea nel suo discorso e in conferenza stampa riproducono le posizioni cinesi tradizionali: “Tutti i Paesi devono rispettare i principi di sovranità e di integrità territoriale. E non deve esserci in questo una doppia morale”: un riferimento esplicito a Taiwan, con il no cinese “ai separatismi”; e una chiosa. “Posso assicurarvi – dice – che Taiwan è parte del territorio cinese: non è mai stato uno Stato autonomo e non lo diventerà neanche in futuro; non siamo noi a volere cambiare la situazione, sono le forze separatiste” dell’isola Stato. “Noi respingiamo il separatismo”.
Il ministro afferma che “la Cina vuole rendere il mondo un posto più sicuro” e vuole “lasciarsi indietro la mentalità della guerra fredda”, che riemerge , invece, nell’atteggiamento dell’Occidente. Wang, infine, ripete che le guerre nucleari “non ci devono essere” e non sarebbero, comunque, “vinte”: “Va evitata una catastrofe nucleare e ci dobbiamo impegnare insieme contro l’uso di armi chimiche e biologiche”.
Le parole di Wang, di cui si attende un incontro con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, che consenta di archiviare la ‘guerra del pallone‘ tra Usa e Cina, cadono, però, in territorio non fertile: con diverse sfumature, tutti i leader che intervengono a Monaco si allineano al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che invita gli occidentali “a non commettere verso la Cina e/o altri regimi autoritari lo stesso errore fatto con la Russia”: “Non dobbiamo diventare troppo dipendenti dai prodotti e dalle materie prime che importiamo da loro”.
Assenti, come all’equivalente forum economico mondiale di Davos, i russi, gli ucraini sono presenti a Monaco con il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, che eccezionalmente veste ‘da civile’ e non ‘da militare’: “Stiamo combattendo sul terreno ma vogliamo anche la pace. Non una pace a tutti i costi, però; non ‘pagata’ dagli ucraini … Non vogliamo più accordi di Minsk, o linee di contatto: abbiamo visto che non fermano la Russia”.
Kuleba si mostra fiducioso sull’arrivo di nuovi aiuti e di nuove armi – e nessuno lo smentisce, anzi – : “Avremo i caccia, è solo questione di tempo e di procedure”, dice, ammiccando al Regno Unito, il cui premier Rishi Sunak vuole che la Nato modifichi il proprio Trattato, per potere meglio assistere Kiev.
Stoltenberg invita a “dare all’Ucraina quello che chiede”, perché “l’opzione peggiore è che la Russia vinca”: il presidente russo Vladimir Putin “non pianifica la pace, ma nuove offensive” e cerca “contatti con altri regimi autoritari come l’Iran e la Corea del Nord”. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, progetta che l’Ue “raddoppi il sostegno militare”. E il G7 ribadisce la volontà di sostenere l’Ucraina, “anche militarmente”. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz dice che l’Ucraina “è parte dell’Europa libera” e conferma l’invio dei tank: “Prima Putin capisce che ha fallito, prima la guerra finisce”. Il presidente francese Emmanuel Macron pensa che l’Europa debba “armarsi, se vuole difendersi”.
Da parte Usa, la vice-presidente Kamala Harris e il segretario di Stato Blinken insistono sui crimini di guerra e contro l’umanità compiuti dai russi in Ucraina e “formalmente accertati”: “Coloro che li hanno perpetrati e i loro superiori saranno chiamati a risponderne”. Per Harris, un anno dopo “Kiev resiste e la Nato è più forte”. Blinken ‘certyifica’ 200 mila soldati russi caduti nell’invasione e quasi un milione di russi fuggiti dal Paese per non andare in guerra o perché contro la guerra. Il presidente Usa Joe Biden, che salta Monaco, sarà in Polonia martedì 21, in vista dell’anniversario dell’invasione.