Da Ginevra, l’Onu lancia una raccolta di 5,6 miliardi di dollari da destinare ad aiuti all’Ucraina, dove 15 milioni di persone patiscono le conseguenze dell’aggressione russa. A Bruxelles, i Paesi della Nato e i loro partner decidono di aumentare la produzione di munizioni e la fornitura a Kiev. L’annuncio è stato fatto dal segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg, al termine di due giorni di consulti militari.
Sui caccia, come previsto, nessuna decisione – e Londra ora frena: bisognerebbe mandare almeno 200 uomini della Raf in Ucraina “e non se ne parla” -. Sui carri armati, le consegne vanno a rilento: i Leopard 2 tedeschi non saranno un battaglione, ma mezzo, sommando 14 della Bundeswehr e tre del Portogallo – un battaglione ucraino conta 31 carri -; 18 ipotizzati dall’Olanda sono in ‘stand by’. 14 Leopard, ma di un modello più antiquato, arriveranno dalla Polonia.
Da Mosca, il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov avverte che la scelta dell’Occidente di fare dell’Ucraina una roccaforte anti-russa sta raggiungendo il punto di non ritorno. Quasi a confermarlo il capo della diplomazia Ue Josep Borrell dice al Parlamento europeo che, dopo la guerra, “avremo bisogno di nuovi leader in Russia, che aiutino la riconciliazione. Dopo la seconda guerra mondiale, in Europa è successo”. Borrell liquida i dubbi degli eurodeputati sull’efficacia delle sanzioni e dice: “Per ottenere un negoziato, per arrivare alla pace, bisogna aiutare l’Ucraina a vincere la guerra … Dobbiamo continuare con gli aiuti e dobbiamo aumentarli … La guerra si deciderà tra primavera ed estate”.
Negli Usa, però, si indebolisce il sostegno alla forniture di armi all’Ucraina: un sondaggio per conto dell’Ap indica che gli americani favorevoli all’invio di armi a Kiev sono scesi dal 66 al 48%. E solo un americano su tre è d’accordo per gli aiuti finanziari. L’Amministrazione Biden, però, tira dritto: stanzia 500 milioni di dollari per sopperire alla carenza di munizioni per obici. E quasi 600 milioni di dollari per munizioni e ricambi arrivano da Gran Bretagna e Paesi del Nord Europa.
In visita a Kiev, il premier svedese Ulf Kristersson vive un’ora d’apprensione per un allarme aereo poi rientrato, aggira le domande sui caccia (“La Svezia vuole creare una coalizione internazionale che se ne occupi”) e è vago sui tempi di consegna all’Ucraina di artiglieria svedese.
Per la tv statale ucraina, sei obiettivi aerei sono stati intercettati su Kiev e in gran parte abbattuti: pare fossero palloni da ricognizione, forse destinati a rilevare le difese antiaeree.
Sul terreno, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che oggi interverrà all’apertura del Festival di Berlino, riconosce che la situazione “più difficile” è quella di Bakhmut, dove, però, gli ucraini “resistono e infliggono perdite al nemico”. I russi, martedì, avrebbero perso nel Lugansk quasi 300 uomini, ma continuano a lanciare attacchi, anche verso Bilohorivka e Kreminna. Nel Donetsk, invece, a Pokrovsk, un condominio è stato colpito: ci sono feriti, forse morti sotto le macerie.
Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, che pareva destiunato a essere rimosso, mantiene invece il posto, per decisione di Zelensky.
All’Onu, la Russia chiede una riunione del Consiglio di Sicurezza perché un’inchiesta giornalistica suggerisce che il sabotaggio ai gasdotti NordStream del settembre scorso sia stato fatto dagli Usa con complicità norvegesi.