Il conto delle vittime del sisma continua a salire: alle 20.00 di ieri, ora locale, superava le 12 mila. I feriti sono oltre 50 mila. Prosegue l’afflusso degli aiuti internazionali, mentre crescono le polemiche sui ritardi nei soccorsi e sulle speculazioni politiche intorno all’immane tragedia che ha colpito il sud-ovest della Turchia e il nord della Siria, un violentissimo terremoto di magnitudo 7,8 della scala Mercalli, seguito da centinaia di scosse d’assestamento.
In tutta l’area, il freddo rigido di questi giorni aggiunge insidie e difficoltà all’opera dei soccorritori e alla sopravvivenza dei superstiti. La situazione rischia di peggiorare: piogge gelate, bufere di neve e rischi di ipotermia.
In visita sui luoghi del disastro, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ammette iniziali ritardi e fa mea culpa: “Ci sono stati problemi negli aeroporti e sulle strade”, che hanno innescato lentezze e inefficienze. Adesso, “abbiamo mobilitato tutte le nostre risorse. Lo Stato sta facendo il suo lavoro”, anche se i soccorritori lamentano scarsità di uomini, di mezzi e di carburante.
Invece, il regime siriano del presidente Bashar al-Assad attribuisce i ritardi negli aiuti alle sanzioni d’una parte della comunità internazionali: il regime vuole che tutti gli aiuti transitino da Damasco, anche se non ha il controllo della zona terremotata. Il commissario europeo alla gestione delle crisi, Janez Lenarcic, sloveno, respinge “categoricamente” la tesi e spiega: “Abbiamo avuto una richiesta di assistenza dal governo siriano mercoledì mattina, l’abbiamo condivisa con gli Stati membri e li incoraggiamo a contribuire come richiesto”.
Testimoni riferiscono che il valico di frontiera di Bab al Hawa-Cilvegozu, tra Siria e Turchia, è ora aperto: i siriani sono pronti a ricevere gli aiuti umanitari internazionali, ma dicono che “finora nessun convoglio è arrivato”. Per l’Onu, Bab al Hawa è l’unico valico dove possono transitare aiuti dalla Turchia alla Siria.
Nella polemica, interviene la Cina, invitando gli Usa “a mettere da parte l’ossessione geopolitica, revocare immediatamente le sanzioni unilaterali alla Siria e aprire la porta all’assistenza umanitaria di fronte alla catastrofe”. Parole della portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, che denuncia “responsabilità” statunitensi nella crisi siriana.
Dai luoghi del sisma, giungono ancora notizie di salvataggi. Soccorritori italiani ad Antiochia estraggono vivi dalle macerie prima un giovane di 22 anni, individuato in una nicchia formatasi sotto solai crollati, e poi un ragazzo, fra i resti di un palazzo di sette piani. Nulla da fare, purtroppo, per una bambina, raggiunta quand’era ormai morta.
I soccorritori riferiscono di dovere scegliere tra chi cercare di salvare per primo. Ad Hatay, un team italiano è in contatto con due persone sopravvissute al crollo della casa, ma tuttora imprigionate: un ragazzo di 16 anni e una donna di 65. Una bimba di 18 mesi è stata trovata viva a Kahramanmaras; un bambino di otto anni è stato salvato ad Hatay: la madre, quasi incredula, lo ha stretto forte a sé.
A Salqin, in Siria, una bambina di 8 anni è stata soccorsa dopo essere rimasta intrappolata per oltre 40 ore: aveva gli occhi sbarrati, ma appariva in buone condizioni.
Nel cimitero di Gaziantep, in Turchia, sotto una tettoia del cimitero bare di metallo verde sono allineate in file di 10, in attesa che un imam le benedica prima di una frettolosa sepoltura.
In Siria, quasi 300 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case: il numero sembra riferirsi solo alle parti del Paese sotto il controllo del governo, non a quelle controllate da altre fazioni, più vicine all’epicentro del sisma.
Infine, mancano sempre notizie dell’imprenditore italiano Angelo Zen, che si trovava per lavoro nell’area del terremoto e che non ha più dato sue notizie.