Ci sono due notizie quasi speculari che dicono come la guerra in Ucraina stia incidendo sui valori e sulle prospettive. Una è che il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba rivela con orgoglio che l’86% delle scuole di Kiev, compresi gli asili, si sono dotate di un rifugio anti-aereo: roba da brividi nella schiena, perché scuola dovrebbe essere sinonimo di aule, biblioteche, laboratori, palestre, mense, non bunker. “Abbiamo 1085 rifugi nelle strutture educative” dell’area metropolitana, dice Kuleba.
L’altra è che la Russia reintroduce l’insegnamento e l’addestramento militare, mimetizzato come “nozioni di base sulla sicurezza della vita”. La nuova materia, che sarà obbligatoria dal prossimo anno scolastico, comprende tecniche di utilizzo delle armi, dalle mitragliatrici alle bombe a mano. Un retaggio dei tempi dell’Unione sovietica – la formazione militare fu obbligatoria fino al 1993 -; un segno d’un clima in cui un ragazzo di 19 anni rischia una pena detentiva per un post sui social “lesivo” delle forze armate russe e “propedeutico” al terrorismo.
Bunker da una parte, ‘libro e moschetto dall’altra: il conflitto in Ucraina militarizza le società e crea atmosfere repressive dei diritti umani, a partire dal diritto al dissenso. Politico.eu segnala che scuola e insegnamento sono un fronte di guerra in Ucraina, dove è pure in corso “uno scontro ideologico”, con Mosca che vuole che migliaia di studenti e insegnanti, nei territori occupati, adottino il sistema didattico russo.
Ansie e paure si ripercuotono in Europa, nel momento in cui gli analisti occidentali riconoscono che “la straordinaria virata” – fonte: Cnn – dell’Amministrazione Biden e del governo tedesco sui carri all’Ucraina alza il rischio di coinvolgimento dell’Occidente nel conflitto.
Le lancette dell’ ‘orologio dell’Apocalisse’ si avvicinano alla mezzanotte dell’Olocausto nucleare: gli Scienziati atomici, che ogni anno misurano il rischio di catastrofe atomica, riducono da 100 a 90 secondi il margine di sicurezza e pubblicano per la prima volta il loro bollettino in russo e ucraino, oltre che in inglese.
Non a caso l’avanzamento delle lancette coincide con l’ok di Washington e Berlino, finora esitanti, alla fornitura all’Ucraina di carri armati “d’alta gamma”, rispettivamente gli Abrams e i Leopard. Se i sistemi di difesa anti-aerea servono a stornare attacchi, i carri servono a ricacciare gli invasori: significano condividere che la guerra possa chiudersi solo una volta ristabilita l’integrità territoriale del Paese attaccato e, quindi, di fatto, protrarre il conflitto.
Certo, restano molte incognite: i numeri – Kiev ne chiede centinaia, ne avrà forse 150; e i tempi, perché prima i carristi ucraini devono addestrarsi: Abrams e Leopard non entreranno in azione prima della primavera. Teoricamente, l’annuncio dell’imminenza del loro arrivo potrebbe indurre Mosca a negoziare. Praticamente, è probabile che la spinga a lanciare una nuova offensiva di terra, prima che gli ucraini dispongano dei nuovi mezzi.
Negli ultimi giorni, gli opposti oltranzismi hanno dominato la scena, in attesa che il Vertice dell’Ue a Kiev venerdì 3 febbraio possa magari chiarire il disegno europeo, che però appare già definito, aiutare l’Ucraina, proseguire il percorso d’adesione, aprire le porte della Nato. I russi reagiscono all’annuncio dei carri con tracotanza – “Li distruggeremo” –; intensificano gli attacchi su città e infrastrutture ucraine; e mostrano i muscoli testando sull’Atlantico il loro missile ipersonico Zircon, Gli ucraini si vantano di poter arrivare fin sulla Piazza Rossa, conducono attacchi sul territorio russo e, appena avuta certezza dei carri, chiedono i caccia: Biden e Scholz, per ora, dicono no.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg invita la Corea del Sud a modificare la legge che le vieta l’export di armi verso Paesi in guerra. Ed esperti militari occidentali pensano che l’Ucraina dovrebbe cambiare strategia: dalla guerra d’attrito nel Donbass alla ripresa della controffensiva, profittando dello scarso morale delle truppe russe, nelle cui fila defezioni e diserzioni sarebbero numerose.
Aggiungono tensione le dichiarazioni incendiarie del ex premier britannico Boris Johnson, smentite da Mosca, secondo cui il presidente russo Vladimir Putin, prima di invadere l’Ucraina, lo avrebbe minacciato di bombardare il Regno Unito – ma perché il funambolico Boris lo racconta ora? -. E qualche smagliatura c’è, in campo Ue e Nato: con un ricatto sui curdi, la Turchia tiene in ostaggio l’adesione all’Alleanza di Svezia e Finlandia – improbabile uno sblocco, prima delle presidenziali del 14 maggio -.
In ogni caso, la decisione di inviare i carri segna un’escalation nella guerra e nel coinvolgimento dell’Occidente: quasi un anno di conflitto in Ucraina “su vasta scala” e, mai come ora, senza una prospettiva di pace.
Il sì ai carri trapela mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky fa una purga di vice-ministri, governatori, stretti collaboratori per l’emergere di episodi di corruzione: una lebbra che contamina la democrazia ucraina. La propaganda russa, che ci ha sempre giocato su, rincara la dose: a Kiev, è cominciata “una nuova spartizione della torta”; ne è rimasta poca, ma “questi vampiri insaziabili continuano a dividersela”. L’informazione occidentale interpreta il ‘repulisti’ come una conferma della volontà di Zelensky di ‘fare pulizia’. Papa Francesco rinnova le preghiere e gli appelli: ma è solo, ormai, a volere la pace.