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Ucraina: punto, solo guerra, zero pace; crescono i rischi e la paura

Scritto per La Voce e il Tempo uscito lo 02/02/2023 in data 05/02/2023 e, in altra versione per il Corriere di Saluzzo dello 02(02/2023 e per il blog di Media Duemila https://www.media2000.it/ucraina-solo-guerra-zero-pace-crescono-i-rischi-e-la-paura/

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Sulla guerra in Ucraina, c’è un fermento diplomatico come non c’è mai stato prima. Ma, in realtà, non sta succedendo nulla che avvicini la pace. Venerdì, a Kiev, c’è il Vertice Ue – Ucraina, da cui Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, attende buone notizie sul processo d’integrazione europea del suo Paese: una pantomima, perché, a conflitto finito, i 27 finanzieranno la ricostruzione, ma saranno molto cauti sui tempi d’ingresso dell’Ucraina nell’Unione.

Il presidente Usa Joe Biden annuncia una visita in Polonia, probabilmente intorno al 24 febbraio, anniversario dell’inizio dell’invasione. Per il Cremlino, i presidenti russo, Vladimir Putin, e cinese, Xi Jinping, s’incontreranno a Mosca, forse in marzo – Pechino, però, non lo conferma -. E le stime del Fondo monetario indicano che, nonostante pandemia e guerra, l’economia internazionale se la cava meglio del previsto. Pure la Russia, che, causa sanzioni, doveva collassare, cresce: Mosca ha evidentemente trovato chi le compra petrolio e le vende quel che le serve.

Ma si parla sempre di armi, con dolore di Papa Francesco, che, domenica, all’Angelus, ha pregato, per l’ennesima volta, per la martoriata Ucraina. Sul Washington Post, Ishaan Tharoor sostiene che “l’Occidente dovrebbe cambiare rotta in Ucraina”: puntare sul negoziato alla ricerca della pace e non sulla prosecuzione del conflitto per un tempo indefinito, tra rischi di allargamento – come evidenza un rapporto della Rand Corporation, un influente think tank di Washington – e incertezze delle opinioni pubbliche. Un sondaggio del centro di ricerca Pew indica un aumento degli americani che ritengono che l’Amministrazione Biden abbia già concesso troppo a Kiev.

Il rapporto della Rand dimostra che l’Occidente dovrebbe fare di più per innescare una trattativa e meno per perpetuare la guerra. Invece, Leopard e Abrams, le Rolls-Royce dei carri armati, non sono ancora arrivati in Ucraina ed è già partito il tiramolla delle diplomazie sui caccia e sui missili che Kiev chiede. Biden dice “No” agli F16, poi apre uno spiraglio sui missili e fa sapere che discuterà con Zelensky la fornitura “di nuove armi”. Emmanuel Macron non esclude gli F16, Olaf Scholz boccia l’idea e pure Rishi Sunak è contrario.

La situazione sul terreno e i fermenti nelle capitali
Sul terreno, la linea del fronte resta ferma a Bakhmut, mentre gli allarmi aerei risuonano ogni giorno su tutta l’Ucraina. Fonti militari disparate danno per imminente una nuova controffensiva russa – ci sarebbero 362 mila militari russi in territorio ucraino – e parlano di 200 mila soldati uccisi o feriti dall’inizio dell’invasione. Per l’Onu, le vittime civili accertate sono circa 8000.

Le fonti di Kiev battono sul tasto delle armi: l’Ucraina ha bisogno di almeno 200 caccia occidentali, in sostituzione dei suoi velivoli sovietici di vario tipo ormai obsoleti – e parte dei quali sono stati messi fuori combattimento -: “L’F16 è ora il candidato più probabile” per ammodernare l’arsenale ucraino, dice Yuriy Ignat, portavoce dell’Aeronautica militare.

Da Varsavia, il vice-ministro della Difesa polacco Wojciech Skurkiewicz nega che vi siano colloqui per l’invio di F16 all’Ucraina – la Polonia è stata la prima a dire sì alla fornitura dei carri armati -. Lunedì, Kiev aveva detto di avere avuto “segnali positivi” da Varsavia.

L’escalation nel trasferimento di armi a Kiev crea dissensi nell’Ue e nella Nato. A parte l’Ungheria, da sempre fredda sulle sanzioni e ostile all’invio di armi, il presidente croato Zoran Milanovic si attira gli strali ucraini criticando la fornitura dei tanks, che – afferma – “prolunga la guerra”.

Su AffarInternazionali.it, l’ambasciatore Francesco Bascone rileva il valore più politico che militare delle forniture occidentali: i 31 Abrams arriveranno in primavera e sono complicati da gestire; i Leopard della Germania sono solo 14 e, con quelli di altri Paesi, saliranno a 80-100. In tutto, sempre pochi: meno della metà dei 300 tanks giudicati necessari da Zelensky.

Echi del conflitto in Asia: le mosse di Washington e di Mosca
L’Alleanza atlantica cerca sponde in Asia. Martedì, a Tokyo, il segretario generale Nato Jens Stoltenberg avvertiva il premier giapponese Fumio Kishida sui rischi che il conflitto riverberi in Asia: “Pechino osserva con attenzione quanto sta accadendo in Ucraina”, che potrebbe “accadere domani in Asia”. Se l’Occidente – è la tesi degli Usa – sarà remissivo sull’invasione dell’Ucraina, Pechino potrebbe essere incoraggiata a invadere Taiwan.

Giappone e Nato concordano che le sicurezze transatlantica e dell’Indo-Pacifico sono interconnesse; e che la guerra in Ucraina non è una sfida “solo europea”. “La Cina – afferma Stoltenberg – non è un nostro avversario, ma bullizza i suoi vicini e minaccia Taiwan: è una sfida da capire e gestire”. Lunedì, a Seul, il capo della Nato aveva chiesto alla Corea del Sud di modificare la legge che vieta l’export di armi a Paesi in guerra, così da potere rifornire l’Ucraina.

Secondo il New York Times, il Pentagono si dà da fare per garantirsi l’accesso alle basi nelle Filippine, con gli obiettivi di consolidare la presenza militare statunitense nell’area e di dissuadere la Cina dall’invadere Taiwan.

In questo contesto, Russia e Cina mantengono stretti contatti, anche se Pechino non avalla l’annuncio di Mosca d’un incontro a marzo tra Putin e Xi – per i russi “un evento centrale” nei rapporti fra i due Paesi -. L’invito risale a un colloquio virtuale fra i due il 30 dicembre. La Cina, però, critica l’Occidente per le armi all’Ucraina – “Washington pensi ai negoziati, non alle armi” – ed enfatizza la promozione ”della cooperazione bilaterale” con la Russia, “che contribuisce allo sviluppo globale pacifico”.

Il New York Times scrive che l’economia russa sopravvive alle sanzioni occidentali grazie a Paesi vicini e alleati che le forniscono dai generi alimentari a telefonini e lavatrici: sono ex repubbliche sovietiche, come Bielorussia, Kazakhstan e Kirghizistan, ma anche Paesi come la Cina, l’Iran e la Turchia. Così, il Pil russo cresce invece di diminuire e il volume dell’export di petrolio russo resta alto, nonostante embarghi e ‘price cap’.

Nella guerra in Ucraina, c’è anche un fronte mediorientale. In visita in Israele, il segretario di Stato Usa Antony Blinken afferma che la Russia trasferisce tecnologie all’Iran e che l’Iran, a sua volta, fornisce alla Russia la tecnologia dei droni usati sul territorio ucraino. Usa e Israele, “uniti nell’affrontare le azioni iraniane destabilizzanti e pericolose”, affermano “l’impegno comune” di impedire che Teheran si doti di armi nucleari. Incursioni e sabotaggi su obiettivi iraniani ne sono una testimonianza.

La guerra, le scuole e l’orologio dell’Apocalisse
Ci sono due notizie quasi speculari che dicono come la guerra in Ucraina stia incidendo sui valori e sulle prospettive. Una è che il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba rivela con orgoglio che l’86% delle scuole di Kiev, compresi gli asili, si sono dotate di un rifugio anti-aereo: roba da brividi nella schiena, perché scuola dovrebbe essere sinonimo di aule, biblioteche, laboratori, palestre, mense, non bunker. “Abbiamo 1085 rifugi nelle strutture educative” dell’area metropolitana, dice Kuleba.

L’altra è che la Russia reintroduce l’insegnamento e l’addestramento militare, mimetizzato come “nozioni di base sulla sicurezza della vita”. La nuova materia, che sarà obbligatoria dal prossimo anno scolastico, comprende tecniche di utilizzo delle armi, dalle mitragliatrici alle bombe a mano. Un retaggio dei tempi dell’Unione sovietica – la formazione militare fu obbligatoria fino al 1993 -; un segno d’un clima in cui un ragazzo di 19 anni rischia una pena detentiva per un post sui social “lesivo” delle forze armate russe e “propedeutico” al terrorismo.

Bunker da una parte, ‘libro e moschetto dall’altra: il conflitto in Ucraina militarizza le società e crea atmosfere repressive dei diritti umani, a partire dal diritto al dissenso. Politico.eu segnala che scuola e insegnamento sono un fronte di guerra in Ucraina, dove è pure in corso “uno scontro ideologico”, con Mosca che vuole che migliaia di studenti e insegnanti, nei territori occupati, adottino il sistema didattico russo.

Ansie e paure si ripercuotono in Europa. Per analisti occidentali, “la straordinaria virata” – fonte: Cnn – dell’Amministrazione Biden e del governo tedesco sui carri armati all’Ucraina alza il rischio di coinvolgimento dell’Occidente nel conflitto. Così, le lancette dell’ ‘orologio dell’Apocalisse’ si avvicinano alla mezzanotte dell’Olocausto nucleare: gli Scienziati atomici che ogni anno misurano il rischio di catastrofe atomica riducono il margine di sicurezza da 100 a 90 secondi e pubblicano per la prima volta il loro bollettino in russo e ucraino, oltre che in inglese.

Non a caso l’avanzamento delle lancette coincide con l’ok di Washington e Berlino, finora esitanti, alla fornitura all’Ucraina di carri armati “d’alta gamma”. Se i sistemi di difesa anti-aerea servono a stornare attacchi, i carri servono a ricacciare gli invasori: significano condividere che la guerra possa chiudersi solo una volta ristabilita l’integrità territoriale del Paese attaccato e, quindi, di fatto, protrarre il conflitto. Teoricamente, l’annuncio dell’imminenza del loro arrivo potrebbe indurre Mosca a negoziare. Praticamente, è probabile che la spinga a lanciare una nuova offensiva di terra, prima che gli ucraini dispongano dei nuovi mezzi.

Negli ultimi giorni, gli opposti oltranzismi hanno dominato la scena. I russi reagiscono all’annuncio dei carri con tracotanza – “Li distruggeremo” –; intensificano gli attacchi su città e infrastrutture ucraine; e mostrano i muscoli testando sull’Atlantico il loro missile ipersonico Zircon. Gli ucraini millantano di poter arrivare fin sulla Piazza Rossa e conducono attacchi sul territorio russo. Esperti militari occidentali suggeriscono che l’Ucraina cambi strategia: dalla guerra d’attrito nel Donbass alla ripresa della controffensiva, profittando dello scarso morale delle truppe russe, nelle cui fila defezioni e diserzioni sarebbero numerose.

Aggiungono tensione le dichiarazioni incendiarie del ex premier britannico Boris Johnson, smentite da Mosca, secondo cui Putin, prima d’invadere l’Ucraina, minacciava di bombardare il Regno Unito – ma perché Boris lo racconta ora? -.

Il sì ai carri trapela mentre Zelensky fa una purga di vice-ministri, governatori, stretti collaboratori, per l’emergere di episodi di corruzione: una lebbra che contamina l’Ucraina. La propaganda russa, che ci ha sempre giocato su, rincara la dose: a Kiev, è iniziata “una nuova spartizione della torta”. L’informazione occidentale, invece, vede nel ‘repulisti’ una conferma della volontà di Zelensky di ‘fare pulizia’.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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