La guerra in Ucraina è protagonista al Forum di Davos, dove Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, assicura gli ucraini che “l’Europa sarà sempre con voi” e che ci sarà sempre “per tutto il tempo che sarà necessario” per quanto riguarda aiuti e ricostruzione. Bruxelles ha già sbloccato una fetta di aiuti da tre miliardi di euro, prima parte d’un pacchetto da 18 miliardi per il 2023.
Tradizionale palestra di parole cui non seguono fatti, il World Economic Forum 2023 è segnato, oltre che da contesto bellico, che incide sulle economie e sull’inflazione, dall’urgenza di sventare una recessione globale provocata dalla crescente frammentazione geopolitica sui fronti degli scambi e degli investimenti: lo dimostra la partecipazione record di ministri delle Finanze, ben 57, l’afflusso massiccio di banchieri centrali, 17, e un drappello di capi di Stato e governo europei.
Ma il conflitto tiene banco. Per l’Ucraina, c’è una folta delegazione: l’obiettivo principale è indurre i Paesi occidentali a fornire a Kiev più armi e più velocemente per permetterle di meglio difendersi dall’invasione russa. Lo riconosce il sindaco di Kiev Vitali Klitshko: “Sono qui per questo”. Assente a sorpresa il presidente Volodymyr Zelensky, ci sono la moglie Olena Zelenska, e due vice-premier, Yuliia Svyrydenko, ministra dell’Economia, e Mykhailo Fedorov, ministro della Digitalizzazione, oltre a Klitshko.
Il ‘fronte ucraino’, cioè l’insieme dei Paesi più inclini a sostenere l’Ucraina, comprende, inoltre, esponenti dei governi dei Paesi baltici e della Polonia, oltre che il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Lato Usa, ci sono pure i vertici dell’Fbi e dell’intelligence.
Assenti invece i russi, ‘personae non gratae’ a Davos. Ma, in parallelo al Forum, il presidente russo Vladimir Putin riunisce i responsabili economici del suo Paese e afferma che l’economia russa va meglio del previsto: un messaggio all’Occidente, s’ignora quanto veritiero, per dire che le sanzioni non funzionano, anzi sono un boomerang.
Armi che vanno, soldati che vengono
Mentre il Forum è alle prime battute, in Polonia il comandante in capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi incontra per la prima volta il capo di stato maggiore Usa Mike Milley. Intanto, negli Stati Uniti, a Fort Sill in Oklahoma, soldati ucraini iniziano a impratichirsi nell’uso dei missili anti-aerei Patriot – l’addestramento durerà mesi -.
In un’intervista rilasciata ai media tedeschi, Stoltenberg fa sapere che l’Ucraina può attendersi presto altre consegne di armi pesanti da parte dei Paesi occidentali. “I recenti impegni per acquistare equipaggiamento bellico pesante sono importanti e me ne aspetto altri nel prossimo futuro”, dice Stoltenberg, anticipando i risultati della riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, che coordina le forniture di armi a Kiev, venerdì 20, presso la base aerea di Ramstein, in Germania.
Oltre agli Usa e ad altri Paesi, anche l’Olanda manda in Ucraina i Patriot. Gran Bretagna e Francia, ma anche Germania, si apprestano a fornire carri armati pesanti. Il premier britannico Rishi Sunak assicura al presidente Zelensky che il Regno Unito intende “aumentare il sostegno all’Ucraina, anche con la fornitura di carri armati Challenger 2 e di ulteriori sistemi di artiglieria”. L’ambasciata di Mosca a Londra, citata dalla Tass, replica che l’invio di tanks a Kiev “comporterà un’escalation delle ostilità e nuove vittime”: “Londra è sempre più coinvolta nel conflitto ucraino”.
Il Pentagono, dal canto suo, sta inviando in Ucraina armi immagazzinate in Israele e Corea del Sud, perché – scrive il New York Times – le scorte negli Usa calano e i produttori non stanno al passo con le commesse.
La pace è lontana, invito al Papa
La pace non fa progressi, né a Davos né altrove. Putin e Zelensky hanno avuto ennesimi colloqui telefonici con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che, accantonate per ora le speranze d’intesa globale, mira a fare piccoli passi: tipo scambi di prigionieri e ‘cessate-il–fuoco’ locali, dopo la ‘pace del grano’ raggiunta nell’estate scorsa. Con Erdogan, Putin lamenta il continuo aumento delle forniture militari dell’Occidente all’Ucraina e “l’ipocrisia” di Kiev, che non accettò una tregua di 36 ore per il Natale ortodosso.
Ibrahim Kalin, portavoce di Erdogan, spiega che le parti in guerra non sono pronte a raggiungere “un accordo di pace globale” nei prossimi mesi. L’onere dei combattimenti, però, potrebbe presto indurle ad accettare tregue circoscritte ad aree specifiche. Per Kalin, né Russia né Ucraina possono “vincere la guerra militarmente”. Si lavora all’apertura di un “corridoio umanitario” che consenta l’evacuazione di civili – donne, bambini, anziani, feriti – dall’Ucraina.
Per Putin, intervistato da una tv russa, “la dinamica dell’operazione militare speciale” in Ucraina è “positiva”: “Tutto si sta sviluppando secondo i piani di Ministero della Difesa e Stato Maggiore”. Parole che contrastano con le cronache del conflitto: la resistenza e le controffensive degli ucraini, le perdite e i cambi di strategia russi. Putin sostiene che il movente dell’invasione è “la protezione delle persone – cioè dei filo-russi ucraini, ndr – oggetto di bullismo e genocidio da parte del regime di Kiev per otto anni”. Per il presidente, l’obiettivo finale è la liberazione del Donbass e la creazione di condizioni che garantiscano la sicurezza della Russia.
Da Kiev, viene un’apertura a una visita di Papa Francesco, che, ad ogni Angelus e a ogni udienza, esprime vicinanza al popolo ucraino. “Penso che sia giunto il momento per il Papa di visitare l’Ucraina e dare così un segnale molto chiaro che è la Russia che deve fermare ciò che ha avviato”, dice in un’intervista televisiva Andriy Yermak, capo della segreteria di Zelensky. “Apprezziamo tutte le iniziative di pace, incluse quelle portate avanti da Francesco”, aggiunge. “La Russia deve fermare la guerra, spetta a loro arrestare il conflitto: stanno uccidendo civili, distruggendo infrastrutture”. Yermak ne ha anche parlato anche con il cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede.
La situazione sul terreno
Sul terreno, la guerra continua a fare morti e orrori. A Dnipro, le macerie di un palazzo residenziale, colpito da un missile sabato scorso, restituiscono oltre 45 vittime, fra cui sei bambini e ragazzini; un’ottantina i feriti; ancora decine i dispersi. La Russia dice di non avere intenzionalmente attaccato quello che non era un obiettivo militare. Ma gli ucraini rincarano la dose: i russi a Kherson hanno di nuovo bombardato “locali in cui lavora personale della Croce Rossa”, dove in passato era già stata uccisa una volontaria.
Nel Donetsk i combattimenti proseguono a Soledar, una cittadina mineraria, e a Bakhmut: ci sono informazioni molto contraddittorie. Per le fonti ucraine, gli scontri a Soledar sono feroci, intorno e nella città, che sarebbe ancora “controllata dai militari ucraini”, pur se “i russi cercano di avanzare in diverse direzioni … , subendo enormi perdite”. Le strade – sostengono gli ucraini – “sono coperte di corpi di mercenari del gruppo Wagner e di militari regolari russi, la linea del fronte è sotto tiro dei bombardamenti”.
Invece, fonti russe danno per presa Soledar, dove preoccupazioni per la sorte dei civili sono forti. Oltre 500 civili, tra cui 15 bambini, sono ancora lì: impossibile ora evacuarli. Prima della guerra, Soledar aveva circa 10.500 abitanti. Le immagini satellitari mostrano che la città è praticamente rasa al suolo: un paesaggio apocalittico, palazzi distrutti e crateri prodotti da missili e bombe.
Secondo le fonti russe, a Soledar restano solo “sacche di resistenza” delle forze ucraine: i russi hanno già preso il controllo totale dei quartieri occidentali. Ma un noto blogger militare ucraino filorusso, Yuri Poldolyaka, riferisce che gli ucraini stanno facendo affluire rinforzi; e che vi sono soldati di Kiev che rifiutano di arrendersi e sono asserragliati nelle miniere di sale.
Nell’intento di sventare un incidente radioattivo, l’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, l’Aiea, ha installato una missione permanente nella Pivdennoukrainsk, una centrale nucleare nel Sud dell’Ucraina: “Siamo qui per contribuire a garantire la sicurezza nucleare”, dice il capo dell’Aiea Rafael Grossi. L’Agenzia, già stabilmente presente nella centrale di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, circa 250 km a Ovest della Pivdennoukrainsk, progetta d’installare suoi specialisti in tutte le centrali atomiche ucraine.
Secondo l’Onu, all’inizio della settimana erano oltre 7.000 i civili uccisi in Ucraina dall’inizio dell’invasione. Ma il bilancio reale potrebbe risultare “considerevolmente più alto”, poiché l’ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti umani considera solo i decessi confermati. “La maggior parte delle vittime civili registrate è stata causata dall’uso di armi esplosive con effetti ad ampio raggio, tra cui proiettili di artiglieria pesante, sistemi missilistici a lancio multiplo, missili e attacchi aerei”, recita un comunicato.