Dopo la firma a Città del Messico di un accordo tra governo e opposizione, ‘benedetto’ da Usa e Ue, oltre che da Gran Bretagna e Canada, l’Assemblea nazionale del Venezuela controllata dall’opposizione ha messo fine alla presidenza ad interim del leader dell’opposizione Juan Guaidó, riconosciuta a partire dal 2019 dagli Stati Uniti e da molti altri Paesi, soprattutto occidentali – una sessantina in tutto -.
S’è dunque concluso con un insuccesso il tentativo di estromettere il presidente Nicolás Maduro. Alla base della risoluzione approvata dall’Assemblea nazionale, c’era proprio la constatazione che “gli obiettivi prefissati non sono stati raggiunti”. Ora si apre un percorso verso elezioni nel 2024.
La crisi energetica innescata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia dà frutti di pace, o almeno di dialogo, nell’altro emisfero: le ingenti risorse petrolifere venezuelane tornano a essere attrattive per l’Occidente e la situazione a e con Caracas va normalizzandosi, dopo quattro anni di forte contrapposizione, che aveva condotto il Paese sull’orlo di una guerra civile.
Ad esprimersi, è stata l’assemblea eletta nel 2015, dove l’opposizione a Maduro è maggioritaria, e non quella eletta successivamente, dominata da sostenitori del governo. Quattro partiti dell’opposizione sono stati d’accordo sulla fine della presidenza ad interim di Guaidó; una proposta di proroga di un anno ha raccolto scarsi consensi.
L’accordo fra governo e opposizione firmato a Città del Messico il 26 novembre, dopo una pausa nelle trattative protrattasi per 14 mesi, prevede l’attuazione di un piano di spese umanitarie – ripristino di reti idriche ed elettriche, infrastrutture, sanità, istruzione, assistenza alimentare, etc – dell’ordine di 2700 milioni di dollari (sono risorse pubbliche attualmente congelate in conti esteri causa sanzioni internazionali).
La presidenza ad interim di Guaidó mirava a destituire Maduro, di cui contestava la rielezione, avviare una fase di transizione e indire nuove elezioni. Ma la guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne è derivata hanno indotto gli Usa a riallacciare il dialogo con il Venezuela e a ‘scaricare’ Guaidó.
Maduro non potrà essere presente il 1 gennaio 2023 all’insediamento di Luiz Inácio Lula da Silva alla presidenza del Brasile: le relazioni diplomatiche tra Brasile e Venezuela, rotte dal presidente uscente Jair Messias Bolsonaro, non hanno ancora potuto essere ristabilite.