Qatar 2022 – Nell’ultimo match del girone D dei Mondiali, il 30 novembre, la Tunisia cercava la qualificazione contro la Francia, sperando in un risultato favorevole nella partita tra Australia e Danimarca. Nonostante la vittoria dei tunisini, però, la sconfitta dei danesi ha significato per le Aquile di Cartagine l’eliminazione.
Nella conferenza stampa prepartita, l’allenatore della Tunisia, Jalel Kadri, si era mostrato molto fiducioso, affermando: “Stiamo per affrontare i campioni del Mondo in carica, la missione è molto difficile, ma nel calcio nulla è impossibile. Ho fiducia in questo gruppo, ho 26 uomini nel vero senso della parola”.
Il match tra le aquile di Cartagine e les Bleus era particolarmente sentito da ambo le parti. I motivi hanno radici socio-politiche: la Francia conquistò la Tunisia nel 1881, istituendo nel Paese nord-africano un protettorato francese. Il regime coloniale terminò pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il 20 marzo 1956, data della proclamazione dell’indipendenza della Tunisia.
La partita aveva profumo di derby sia per le questioni storiche sopra citate, sia per la presenza nella rosa delle aquile di Cartagine di 12 giocatori con doppio passaporto. Ben dieci di questi sono nati in Francia, mentre gli altri due hanno anche nazionalità tedesca.
Il quotidiano francese Le Monde scriveva al riguardo: “Il posto riservato ai giocatori locali è diminuito negli anni. Ma in un momento in cui una crisi economica ostacola la stragrande maggioranza dei suoi club, la Federcalcio tunisina non esita più a rivolgersi ai giocatori della sua diaspora”. E così ha fatto per Qatar 2022.
La pratica utilizzata dalla Tunisia di convocare giocatori con doppia cittadinanza non è un caso isolato, anzi è molto usata anche dalle nazionali europee, in particolare dalla Francia stessa.
In un articolo dal titolo “Come l’immigrazione ha reso migliore il calcio francese”, Al Jazeera spiega come, grazie alla presenza di giocatori provenienti dalle ex colonie, les Bleus siano riusciti a vincere il Mondiale del 1998 e gli Europei del 2000, oltre che recentemente il Mondiale 2018.
Questo nel ’98 divise l’opinione pubblica tra chi vedeva in questa formazione la fotografia “dell’umanità francese”, come dichiarò l’allora presidente della Repubblica Jacques Chirac, e chi invece la giudicava una “squadra artificiale”, come disse il leader di Front National, partito della destra radicale francese, Jean-Marie Le Pen.
Le autorità francesi temevano possibili disordini a causa del match, com’era successo domenica 27 novembre a Bruxelles dopo la vittoria del Marocco sul Belgio.
Oltre alle motivazioni politiche, ad alimentare la tensione tra le parti si aggiungeva il fatto che, nell’ultimo incontro tra Tunisia e Francia, nel 2008, i tifosi tunisini avevano fischiato l’inno francese, scatenando polemiche circa l’integrazione delle nuove generazioni d’immigrati tunisini.
di Emanuele Di Vito e Marta Sofia Tiboni