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Ucraina: punto, se la pace è uno specchietto per le allodole

Scritto per La Voce e il Tempo uscito ilo 08/12/2022 in data 11/12/2022 e, in altra versione, per il Corriere di Saluzzo dello 07/12/2022

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Ucraina, un punto – Alberi di Natale senza luci a Kiev e in altre città ucraine, alle prese con blackout elettrici e costrette a centellinare gas e acqua, a patire buio e freddo in un inverno terribilmente rigido. Le fiammelle della speranza di pace non s’accendono, in una guerra il cui fronte s’è spostato dentro i centri abitati ucraini bombardati con raid, droni e missili; e nel cuore della Russia, dove aeroporti, serbatoi e altri obiettivi militari vengono ripetutamente colpiti. Dalla linea dei combattimenti di terra, le notizie sono rarefatte, le truppe sono in stallo.

La capitale, Kiev, e Odessa, il principale porto sul Mar Nero, appaiono le città piàù colpite: A kiev, il 40% della popolazione era rimasta senza corrente elettrica lunedì; a Odessa manca dovunque l’acqua, perché le stazioni di pompaggio sono senza energia.

Un razzo russo sarebbe caduto in Moldavia, vicino al confine con l’Ucraina, nei pressi di Briceni, nel Nord del Paese. Dopo i frammenti di contraerea ucraina caduti in Polonia, facendo due vittime, è un altro episodio che coinvolge un Paese terzo – la Moldavia, però, diversamente dalla Polonia, non fa parte della Nato -.

E mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky viene scelto dal Financial Times e dal Time come ‘persona dell’anno’, “Churchill dell’era social, portabandiera della democrazia liberale”, il presidente russo Vladimir Putin dà un giro di vite alla libertà d’espressione nel suo Paese: la gente sente che le cose in Ucraina non vanno bene e la frustrazione cresce. L’intelligence statunitense registra la riduzione dell’attività militare lungo le linee del fuoco terrestri e ne deduce che le forze russe non hanno più l’energia per attaccare e faticano a mantenere le posizioni.

Gli Stati Uniti, però, prendono le distanze dagli attacchi ucraini sul territorio russo: fonti militari Usa dicono di non incoraggiarli e negano di avere fornito a Kiev armi adatte a condurli.

L’incontro tra Biden e Macron e la conferenza a Parigi il 13 dicembre
L’incontro a Washington l’1 dicembre tra i presidenti Usa Joe Biden e francese Emmanuel Macron ha creato un mucchio di aspettative intorno alla conferenza sull’Ucraina del 13 dicembre a Parigi, prevista da tempo, ma presentata dai due leader come se potesse costituire una tappa verso la pace. E Biden aveva aperto all’ipotesi di vedere Putin, se ve ne fossero – aveva precisato – le condizioni.

Il momento d’ottimismo s’è rapidamente stemperato, come se le speranze di stop alle ostilità fossero uno specchietto per le allodole con cui illudere le opinioni pubbliche. La Russia, che pure ha probabilmente voglia di negoziare e fretta di sospendere il conflitto, perché le cose vanno male e rischiano di peggiorare, ha subito detto che, alle condizioni poste da Kiev e dall’Occidente, non c’è nulla da negoziare. L’Ucraina mette ogni giorno in guardia Usa e alleati dalla prospettiva di trattare con Mosca.

Dopo l’ennesima giornata di attacchi missilistici sulle città ucraine, Zelensky lunedì ha detto: “Firmare semplicemente qualcosa con questi terroristi non porterà la pace. Essi certamente infrangeranno ogni accordo raggiunto. Cedere alla Russia qualsiasi elemento dell’altrui sicurezza significa una nuova guerra”. Zelensky parlava nell’anniversario dell’accordo con cui l’Ucraina, nel 1994, aderì al Trattato di non proliferazione nucleare, rinunciando, in pratica, alle armi atomiche in suo possesso dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica.

Per Zelensky, “solo lo smantellamento delle capacità terroristiche russe, la liberazione dei territori ucraini occupati e l’incriminazione degli assassini per crimini di guerra porteranno la pace”, perché “la capacità della Russia di compiere attacchi terroristici massicci è una minaccia non solo per l’Ucraina, ma per l’intera regione … Fermare il terrore è un compito comune”.

Al di là delle positive sensazioni iniziali, il colloquio tra Macron e Biden non ha dunque risolto tutti i problemi transatlantici, né ha ri-orientato sull’Europa l’attenzione degli Usa rivolta al Pacifico. E non ha neppure impresso una svolta immediata nel conflitto ucraino

In realtà chi guardava le cose da Bruxelles vedeva nel dialogo tra Macron e Biden un ramoscello d’olivo offerto dagli Usa all’Ue per sventare ‘guerre’ economico-industriali più che passi avanti verso lo stop al conflitto in Ucraina, dopo settimane – scriveva Politico – “di escalation retorica”: gli europei accusavano Washington di approfittare dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia per danneggiare l’economia europea con provvedimenti tipo ‘Buy American’.

Insomma, gli europei dovevano sostenere, oltre che le conseguenze energetiche dell’invasione russa e le ritorsioni alle sanzioni, anche il peso delle misure statunitensi: di qui, la soddisfazione per i toni di Biden, che – dicono fonti dell’Eliseo – ha accettato di “risincronizzare” gli approcci a sostegno delle rispettive economie – anche qui, che cosa questo significhi in concreto resta da vedere -.

L’Europa strabica: Macron a Washington, Michel a Pechino
In quella circostanza, l’Europa s’era mossa in modo strabico: lo stesso giorno che Macron vedeva Biden, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel incontrava a Pechino il presidente cinese Xi Jinping. Tra i due eventi, centrale – e non è solo questione di longitudine e quindi di orario -, era una conferenza stampa del ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov, che parlava la lingua di chi cerca il negoziato e indicava persino il possibile mediatore nella persona di un suo vecchio amico americano John Kerry – tra il 2013 e il 2017, quando facevano entrambi lo stesso mestiere di capo della diplomazia dei rispettivi Paesi, s’incontrarono oltre 50 volte -.

Più complicato, anche per il momento in cui s’è svolto, e più fumoso nelle conclusioni, il colloquio tra Michel e Xi. Per il presidente cinese, la giornata di giovedì era zeppa di eventi interni prioritari, dall’arrivo a Pechino della salma di Jiang Zemin, un suo storico predecessore, deceduto a 96 anni – salì al potere dopo la strage di Tian Anmen nel 1989 e vi restò fino al 2002 -, alla necessità di tenere sotto controllo le proteste contro la drastica – e forse ormai anacronistica – politica ‘zero Covid’.

La visita ‘solitaria’ del presidente del Consiglio europeo, che dovrebbe istituzionalmente presentarsi in coppia con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ha così dato solo plastica evidenza alla situazione di separati in casa dei due, di cui molto e sempre più si chiacchiera a Bruxelles: ‘galeotta’ fu la sedia che il presidente turco Racep Tayyip Erdogan negò a UvdL, e che Michel non le cedette, durante una visita ad Ankara il 7 aprile 2021.

Sull’Ucraina, linea comune di Biden e Macron
Parlando con Macron, Biden s’impegna a muoversi – come ha del resto fatto finora – in sintonia con gli alleati europei in ambito Nato, ma, pur aprendo al dialogo con Putin, valuta un’espansione dei programmi di aiuti a Kiev: economici per la ricostruzione, quando sarà il momento – se ne parlerà appunto a Parigi il 13 dicembre -; e, nell’immediato, armi ed equipaggiamenti.

Qui, si rileva un incremento dei programmi di addestramento militari ucraini in una base degli Usa in Germania. La Cnn parla di “un’eccezionale espansione”: finora gli Stati Uniti hanno addestrato solo “poche migliaia di soldati ucraini su sistemi d’arma specifici”, mentre ora ne addestreranno “2500 al mese, in modo molto più intenso e su una gamma d’armamenti maggiore”, approfittando del rallentamento delle operazioni al fronte imposto dall’inverno.

Il comunicato tra Francia e Stati Uniti, più articolato delle dichiarazioni dei leader alla stampa, ribadisce l’impegno a dare sostegno all’Ucraina “finché sarà necessario”, senza “imporle la pace”, ed esprime la volontà di perseguire i crimini di guerra di Mosca. “Gli Usa e la Francia intendono continuare a lavorare con i partner e gli alleati per coordinare gli sforzi di assistenza, a cominciare dalla conferenza internazionale in programma il 13 dicembre a Parigi”. I due Paesi s’impegnano, inoltre, a “continuare a fornire un robusto sostegno finanziario diretto al bilancio dell’Ucraina e sollecitano le istituzioni finanziarie internazionali a rafforzare il loro supporto”.

Claudio Salvalaggio, il corrispondente dell’ANSA da Washington, sintetizza il bilancio dell’incontro tra Macron e Biden in tre punti: 1) sulla guerra in Ucraina, aperture, un po’ fumose, verso un negoziato di pace possibile e sull’idea di “parlare con Putin”; 2) sulle relazioni con l’Ue, qualche ipotetico correttivo ai sussidi Usa, in particolare alle energie rinnovabili; 3) e, sulla Cina, una linea di compromesso (vaga e generica), perché gli europei non facciano le spese del confronto di ambizioni geo-politiche ed economiche tra Washington e Pechino.

Macron e Biden hanno parlato e si sono comportati da vecchi amici – del resto, la Francia è l’unico grande Paese con cui gli Stati Uniti non sono mai stati in guerra, nella loro bellicosa storia di ben presto 250 anni -: dichiarazioni caramellose, pacche sulle spalle, convivialità e sintonia condivisa delle due ‘first ladies’, che sono entrambe insegnanti. “Gli Usa non potrebbero avere miglior partner con cui lavorare insieme”, dice Biden: e con i partner, si discute, prima di decidere che cosa fare insieme.

La tenuta della coesione dell’Occidente sull’Ucraina viene poi confermata dalla riunione a Bucarest dei ministri degli Esteri dei Paesi della Nato: il segretario generale Jens Stoltenberg nota che “l’Alleanza non è parte del conflitto e non lo diventerà”, perché Putin non riuscirà “a trascinarci dentro”, neppure usando “l’inverno come un’arma”. E il segretario di Stato Usa Antony Blinken vede gli alleati “più forti e più uniti che mai”.

Il tetto europeo sul prezzo del petrolio russo scontenta sia Mosca che Kiev
Con il tetto al prezzo del petrolio russo, finalmente deciso, dopo mesi di tergiversazioni, Bruxelles riesce a scontentare sia Mosca, che lo contesta, che Kiev, che lo giudica “una decisione non seria”: Zelensky accusa l’Ue di avere assunto “una posizione debole” e dice che ci vogliono “misure più forti”.

Quelle che Russia e Ucraina non si lesinano a vicenda. Ogni giorno, Kiev lamenta attacchi subiti, infrastrutture colpite, allarmi generalizzati, nonostante i missili russi vengano spesso intercettati (almeno, così sostiene la difesa anti-aerea ucraina); ma annuncia pure successi, ad esempio quando colpisce, con un drone, un aeroporto a Kursk, dove si sviluppa un incendio.

Non è la prima volta in questa guerra che gli ucraini raggiungono i russi dove si sentivano al sicuro: è già successo nel Mar Nero, dove la flotta di Mosca ha subito gravi danni, e nelle basi in Crimea.

Il nervosismo russo traspare dai comportamenti contraddittori della diplomazia di Mosca: Lavrov, dopo le aperture dell’1 dicembre, se la prende con Papa Francesco, le cui denunce di violenze e crudeltà – dice – “non sono cristiane”; e il Ministero degli Esteri annulla dei colloqui con gli Usa sul controllo delle armi nucleari perché “non ve ne sono le condizioni”.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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