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Qatar 2022 – Svizzera, nessuna protesta, parla solo il campo

Scritto per Qatar 2022, uno speciale de Il Settimanale della classe di Giornalismo internazionale del Coris della Sapienza

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Qatar 2022 – Bocche cucite per la Svizzera a Qatar 2022. Non come i colleghi tedeschi però, che hanno simulato un bavaglio in forma di protesta contro la Fifa. Il capitano degli elvetici Granit Xhaka, nella conferenza stampa prima della partita con il Camerun, ha sottolineato: “Come Svizzera, non dobbiamo fare nulla. Dobbiamo accettare ciò che ci è stato detto, vogliamo concentrarci sul calcio.” Le proteste resteranno fuori dal rettangolo di gioco e non saranno un affare dei calciatori svizzeri, a quanto pare.

Dopo le turbolenze che avevano disturbato il cammino ai Mondiali 2018 (strascichi politici dopo la sfida contro la Serbia), ora la compagine di mister Murat Yakin sente di doversi concentrare solo sul calcio e sulla prestazione sportiva. Lo stesso Xhaka rileva: “Ultimamente abbiamo avuto un po’ di sfortuna, c’è stata agitazione. Ora siamo davvero tranquilli per la prima volta”. Un contesto finalmente favorevole al lavoro degli elvetici. Al punto che inserirsi spontaneamente nelle proteste che tanto stanno caratterizzando questi Mondiali in Qatar rischierebbe di essere deleterio per il gruppo.

Sì, perché le polemiche riguardo la competizione in corso stanno letteralmente impazzando. La tragedia legata alla morte e alle condizioni dei lavoratori durante la costruzione degli stadi aveva infiammato il dibattito ben prima dell’inizio del torneo. Successivamente è salito alla ribalta il divieto di indossare la fascia da capitano con su scritto “One Love”, potendo però utilizzare quella con su scritto “No Discrimination”.

Quindi, nei Mondiali più polemizzati e politicizzati degli ultimi tempi, emerge la solita questione: i calciatori devono diventare attivisti politici? La Svizzera, insieme a molte altre rappresentative nazionali, ha deciso di restare fuori dal dibattito, impegnando mente e corpo solo sul rettangolo di gioco.

Non si può dire lo stesso per tutte le partecipanti al torneo: la Danimarca ha ripensato la propria divisa da gioco per solidarietà degli operai morti sul lavoro in Qatar; l’Inghilterra si inginocchia prima di ogni calcio d’inizio in sostegno al movimento ‘Black Lives Matter’; la Germania, come detto, prima del match contro il Giappone si è fatta fotografare con una mano sulla bocca, in segno di protesta contro il divieto alla fascia “One Love”.

Il giornalista Tomas Schifferle sul ‘Tagenzaiger’ evidenzia come salti all’occhio una mentalità particolarmente indignata quando si parla di calcio. Per restare alla Svizzera, nessuno ha protestato per il ritorno in campo di Roger Federer a Doha. Così come nessuno ha gridato allo scandalo per i successi di Beat Feuz e Corinne Suter nella discesa libera olimpica, nonostante fossero a Pechino, capitale di un Paese che è politicamente un regime assoluto. Invece, si chiede ai calciatori di esporsi a livello politico, “servitori di un sistema che le emittenti e i partner pubblicitari hanno creato con i loro miliardi. Ma prendono solo ciò che viene loro offerto”; e che rivendicano attualmente solo il desidero di giocare una Coppa del Mondo, come meglio possono. Da che parte schierarsi?

La Svizzera, dal canto suo, ha deciso: “One Love” o “No Discrimination”, rimarrà fuori da proteste e polemiche. Conterà solo il calcio.

di Pietro Junior Guiducci, Federico Macrina, Francesco Venneri

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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