In Ucraina, escalation di guerra e spiragli di pace. Il conflitto, al suo ottavo mese, conosce una recrudescenza, dopo settimane di stallo: la controffensiva ucraina, le minacce nucleari, i sabotaggi forse incrociati ai gasdotti NordStream nel Baltico e al ponte sullo stretto di Kerch, una pioggia di missili mai vista finora sulle città ucraine. E l’escalation porta con sé interrogativi: se gli Stati Uniti e i loro alleati debbano fare di più perché l’Ucraina sconfigga l’invasione, o se debbano fare di più perché Kiev e Mosca avviino negoziati. L’Occidente azzarda un mix dei due: lo spettro di un conflitto atomico è un enorme deterrente; e l’angoscia dell’impatto, sulla gente e sull’economia, d’una crisi energetica in pieno inverno è una forte spinta a fare fermare la guerra, sia pure solo con un cessate-il-fuoco.
E mentre i falchi del Cremlino chiedono di colpire più duramente l’Ucraina, e gli oltranzisti di Kiev pongono condizioni radicali a qualsiasi trattativa, speranze di dialogo si socchiudono: la Russia è pronta a considerare un incontro tra i presidenti russo Vladimir Putin e Usa Joe Biden, in Indonesia, a Bali, al Vertice del G20 di novembre. L’apertura del ministro degli Esteri Serguiei Lavrov è ipotetica: da Washington non è ancora venuta nessuna proposta, ma Biden non la esclude – dipende da quel che Putin è pronto a mettere in tavola –; e coincide con l’annuncio di nuovi attacchi missilistici e aerei contro obiettivi militari e infrastrutture ucraine. La carota e il bastone.
La Turchia, il Paese diplomaticamente più attivo nel conflitto, fa un appello a Mosca e Kiev perché trovino un cessate-il-fuoco “il più presto possibile”; e ad Astana, in Kazakhstan, i presidenti Putin e Recep Tayyp Erdogan s’incontrano, a margine di una Conferenza sulle misure di rafforzamento della fiducia in Asia. Ricevendo il capo dell’Aiea Rafael Grossi, Putin si dice “aperto al dialogo” sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che sta in un territorio annesso ma non interamente controllato da Mosca.
La Cina è “preoccupata” per l’evolvere della situazione e torna a invitare le parti in causa a risolvere le divergenze “con il dialogo e le consultazioni”. Pechino intende “svolgere un ruolo costruttivo nell’allentamento delle tensioni”. La diplomazia vaticana tesse trame sotto traccia (e finora senza esito). C’è fermento e la percezione che qualcosa si stia muovendo, al di là delle prese di posizione formali.
In una riunione virtuale di 90 minuti martedì, i leader del G7 s’impegnano a continuare a imporre ulteriori costi economici alla Russia ed a restare al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario. I Grandi condannano gli “atti di sabotaggio” ai gasdotti NordStream, senza indicarne responsabili, e accusano Minsk di complicità con Mosca.
Intervenendo al Vertice, il presidente ucraino Volodymyr Zelenky chiede uno “scudo aereo” e dice che Putin “ha ancora spazio per un’ulteriore escalation” e che non può esserci dialogo con lui. L’Onu afferma che i bombardamenti russi di lunedì su Kiev e una dozzina di città “potrebbero avere violato” il diritto di guerra internazionale.
Da Washington, Biden ha una girandola di contatti per evitare crepe nella coalizione pro-Ucraina, per mantenere il fronte dei leader alleati compatto e farlo se possibile crescere. Il Washington Post definisce così la “missione centrale” della presidenza Biden: mantenere unita la coalizione globale e interna a sostegno di Kiev, nell’imminenza di un inverno duro che potrebbe innescare fibrillazioni in Europa e di fronte al crescente scetticismo di deputati e senatori sui miliardi di aiuti destinati all’Ucraina. All’Onu, l’Amministrazione Biden spera di ottenere la firma di almeno 100 Stati su 193 in calce alla risoluzione che condanna le annessioni della Russia.
La tesi è che fermezza e compattezza avvicinano la fine della guerra. Ma, dopo il voto di midterm l’8 novembre, potrebbero aprirsi varchi di dialogo tra Usa e Russia.
Intanto, gli Stati Uniti s’apprestano a inviare altre armi a Kiev nei prossimi giorni, in particolare “sistemi per la difesa aerea”, e rinnovano l’impegno ad “aiutare l’Ucraina a difendersi per quanto necessario”. E la Germania ha già consegnato il primo dei quattro sistemi di difesa aerea Iris-TSlm promessi a Kiev. La Russia replica che sistemi avanzati “renderanno il conflitto più lungo e doloroso per gli ucraini”, senza mutare gli obiettivi di Mosca “e il risultato finale”.
Il vice-presidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev, il ‘falco dei falchi’, avverte che dare “agli psicopatici di Kiev” di sistemi missilistici a lancio multiplo a lungo raggio è “il modo più veloce per fare degenerare il conflitto a guerra mondiale”. Medvedev consiglia agli Stati Uniti e ai loro alleati di pensare in modo ragionevole e di valutare i rischi esistenti.
L’Unione europea addestrerà circa 15mila militari ucraini. La missione ha già ricevuto l’ok politico, restano da definirne alcuni dettagli operativi. “Il quartier generale sarà a Bruxelles, con due campi d’addestramento distinti sul terreno, il principale in Polonia e uno in uno Stato da definire”, dice una fonte dell’Ue. Circa 12 mila soldati riceveranno un addestramento “generale”; altri tremila seguiranno un corso specializzato, ad esempio chimico-sanitario.
Fronte nucleare, Lavrov ripete che la Russia prevede di farvi ricorso solo in funzione difensiva. Ma la Nato condurrà la settimana prossima una esercitazione delle forze nucleari pianificata prima dell’invasione dell’Ucraina. “Cancellarla ora – dice il segretario generale Jens Stoltenberg – darebbe a Mosca un messaggio sbagliato”, anche se esperti britannici negano l’esistenza di segnali che Putin s’appresti a usare l’atomica.
Per Lavrov, “l’Occidente usa bugie e manipolazioni per dipingere la Russia come fonte di minacce”: “La Russia s’è impegnata a rispettare la dichiarazione delle cinque potenze nucleari, secondo cui la guerra nucleare è inaccettabile”.
C’è un nuovo avvicendamento ai vertici militari russi: il ministero della Difesa nomina il generale Sergey Surovikin comandante delle operazioni in Ucraina. Da fine giugno, Surovikin, 55 anni, comandava le forze nel sud dell’Ucraina: è un veretrano della Siria, un falco già accusato di corruzione e brutalità.
Una tempesta di piombo sulle città ucraine
Lunedì 10, la Russia ha rovesciato una tempesta di piombo sulle città ucraine, dopo il sabotaggio, sabato, ad opera ucraina, del ponte sullo stretto di Kerch: 83 missili e ordigni sganciati da 17 droni iraniani Shahid cadono su Kiev, Leopoli, Kharkiv, Dnipro, Zaporizhzhia e un’altra dozzina di città e località. Vengono dal Mar Caspio e da Nizhny Novgorod; entrano nello spazio aereo moldavo – lamenta Chisinau -, in buona parte vengono intercettati.
E’ l’attacco più pesante sulle città dall’inizio dell’invasione. Ci sono vittime civili, una ventina, e oltre sessanta feriti. L’allerta aerea in tutta l’Ucraina dura oltre cinque ore e mezza.
Lunedì mattina, le strade del centro di Kiev erano chiuse al traffico, i convogli della metropolitana sospesi. Colonne di fumo, lingue di fuoco si levavano dagli edifici colpiti. Anche un parco giochi per bambini è stato danneggiato. Sui luoghi degli attacchi, i soccorritori scavavano tra le macerie alla ricerca di superstiti. Si raccomandava di fare scorte d’acqua e di caricare gli apparati elettrici.
Nei giorni successivi, ci sono stati nuovi raid con vittime su Zaporizhzhia, Rivne, Kryvyi Rih, ancora nell’area di Kiev e altrove. La centrale di Ladyzhyn, nella regione di Vinnytsia, è stata attaccata con droni kamikaze. I danni inflitti alle infrastrutture energetiche dai bombardamenti russi sono evidenti: l’Ucraina invita la popolazione a “limitare” il consumo di elettricità: “le distruzioni sono gravi” e “numerosi centri sono senza elettricità”. E l’Ucraina blocca le forniture energetiche all’Ue assicurate negli ultimi tre mesi.
Dal canto suo, Mosca denuncia un raid ucraino nel sud del Paese, a causa del quale 2.000 persone sono senza corrente elettrica.
Il presidente russo Vladimir Putin riunisce il Consiglio di Sicurezza nazionale: dice che la risposta di Mosca sarà “dura”, se Kiev continuerà a compiere attacchi terroristici sul territorio russo e bolla l’Ucraina alla stregua “delle organizzazioni terroristiche internazionali”. Il Ministero della Difesa russo afferma che “gli obiettivi degli attacchi di precisione sono stati raggiunti” e che “tutti i siti presi di mira sono stati colpiti” – impianti energetici, centri di comunicazione, comandi militari -.
Sotto la pioggia di missili Zekensky ammette “un momento difficile”: “Vogliono panico e caos, vogliono distruggere il nostro sistema energetico. E uccidere le persone: ora e luoghi degli attacchi sono stati scelti per causare il maggior danno possibile”. S’intrecciano telefonate con il presidente francese Emmanuel Macron e con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha la presidenza di turno del G7. Si discute l’aumento della pressione sulla Russia e gli aiuti per ripristinare le infrastrutture colpite.
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba twitta: “L’unica tattica di Putin è il terrore…. Questa è la sua risposta agli acquiescenti che vogliono parlare con lui di pace: Putin è un terrorista che parla coi missili”.
Le esplosioni che scuotono Kiev, dopo settimane di relativa calma, innescano reazioni consonanti: la Nato, l’Ue, molti Paesi membri riconoscono la necessità di dotare a Kiev di strumenti più efficaci di difesa aerea. Macron vede “un cambiamento profondo della natura di questa guerra”. Liz Truss, premier britannica, riesuma l’idea di una ‘no fly zone’, da tempo accantonata.
La Cina, invece, invita le parti a tirare il freno a mano e sollecita una de-escalation: “Speriamo che la situazione possa allentarsi il prima possibile”, commenta la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning. Pechino “sostiene il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi e delle legittime preoccupazioni di sicurezza di ogni Paese”; e auspica che le divergenze siano risolte “con il dialogo”.
Secondo l’intelligence britannica, gli attacchi missilistici russi avvengono mentre le forze di Mosca restano sul terreno “sotto la pressione” di Kiev dal sud al nord-est. Ma c’è una nuova avanzata russa di almeno due chilometri lungo due direttrici verso Bakhmut, centro strategico. Per Londra, l’azione “potrebbe coinvolgere” ex detenuti reclutati in prigione, per la necessità “imperativa di conseguire un successo operativo”.
Medvedev, che la giustizia ucraina mette nella lista dei ricercati, vuole lo “smantellamento totale del regime politico ucraino”: “Il primo attacco è stato sferrato, ce ne saranno altri”. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov si dichiara soddisfatto “al cento per cento”: “Ti avevamo avvertito, Zelensky, che la Russia non aveva ancora iniziato. Smettila di lamentarti… È meglio che scappi prima di essere colpito. Scappa. Scappa, Zelensky, scappa… ”
Fiamme e morte sul ponte sullo stretto di Kerch
Dopo la controffensiva ucraina, i referendum le annessioni e le minacce nucleari, la recrudescenza del conflitto scatta all’alba di sabato, con l’esplosione di un tir sul ponte lungo 18 km che scavalca lo stretto di Kerch e collega la Crimea alla Russia: l’attentato blocca il traffico stradale e danneggia la linea ferroviaria, causando l’incendio di sette vagoni cisterna d’un treno in transito e compromettendo un canale di approvvigionamento primario per le truppe russe impegnate nell’invasione dell’Ucraina. Una parte dell’infrastruttura, un suggello dell’annessione della Crimea alla Russia avvenuta nel 2014, finisce in acqua. Tre le persone rimaste uccise nell’esplosione:
Prima del calar del sole, il traffico stradale era già stato parzialmente ripristinato, per i mezzi leggeri e gli autobus. Quello ferroviario riprende in serata. I veicoli sono ispezionati ai posti di controllo: anche quello esploso lo sarebbe stato, come mostrano le telecamere di sorveglianza, senza però che la presenza di esplosivi a bordo fosse rilevata.
Questa volta, l’Ucraina non si nasconde, come fece ad agosto per l’attentato di cui rimase vittima Darya Dugina: i servizi segreti di Kiev rivendano l’attentato, “E’ stata una nostra operazione”, dicono, dopo che Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky aveva già twittato: “Crimea, il ponte, l’inizio. Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto, tutto ciò che è stato rubato deve essere restituito, tutto ciò che appartiene all’occupazione russa deve essere espulso”.
Sul sito del Ministero della Difesa ucraino si legge: “L’incrociatore ‘Moskva’ e il ponte di Kerch, due simboli del potere russo in Crimea, sono andati. Quale sarà il prossimo?“. L’esplosione viene accostata all’affondamento in aprile della nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero. Salvo poi suggerire, ore dopo, e forse su input esterno, una improbabile “pista russa”.
Mosca e le autorità della Crimea intendono ripristinare l’infrastruttura il più presto possibile: i lavori sarebbero già iniziati sabato stesso -. E’ segno della gravità dei problemi logistici creati: la Crimea è ora tagliata fuori dalla Russia e il fronte di Kherson è scoperto. Il ponte di Kerch, costato 4 miliardi di dollari, fu inaugurato nel 2018: una colonna di Tir, alla cui testa ce n’era uno guidato da Putin, lo attraversò con inni e bandiere
Mosca smentisce problemi: “I rifornimenti delle truppe russe coinvolte nell’operazione militare speciale” in Ucraina nelle aree di Mykolaiv-Kryvyi Rih e Zaporizhzhia “sono ininterrottamente effettuati lungo il corridoio via terra e in parte tramite trasporto marittimo”. E il leader della Crimea Sergei Aksyonov rassicura chi vive nella penisola: “Abbiamo carburante per un mese, scorte di cibo per più di due mesi”. Ma la gente avrebbe già cominciato a fare incetta, secondo una fonte dei tatari ostile ai russi. Secondo fonti della dissidenza a Mosca, tutte le informazioni tranquillizzanti sono veline del Cremlino per minimizzare la portata dell’attentato