“La Russia è probabilmente l’unico Paese al Mondo da cui la gente fugge non perché è stato invaso, ma perché ha invaso un altro Paese, l’Ucraina”: il tweet di Mikhail Khodorkovsky, oligarca russo dissidente, che vive in esilio, è usato dal Washington Post per descrivere la situazione in Russia dopo l’escalation della guerra in Ucraina decisa la scorsa settimana dal presidente Vladimir Putin (referendum sull’annessione in quattro regioni occupate e mobilitazione parziale col richiamo di 300 mila riservisti – c’è chi dice siano di più -).
Operazioni condotte con improvvisazione e incompetenza, innescando reazioni internazionali negative – i referendum sono giudicati dalle Nazioni Unite e da moltissimi Paesi illegali e non validi – e proteste in Russia. Centinaia di migliaia di uomini stanno lasciando il Paese per sottrarsi al richiamo. Scrive ancora il Washington Post: all’epoca della guerra in Vietnam, “Circa 40 mila americani cercarono di sottrarsi alla leva trasferendosi in Canada … Ma ciò avvenne nell’arco di un decennio … Quello che è accaduto in Russia nell’ultima settimana è su una scala non comparabile”, una fuga verso la Finlandia e l’Estonia, ma anche verso la Georgia, il Kazakhstan, la Mongolia.
Di fronte all’efficacia della controffensiva ucraina, che in breve tempo ha ripreso, nel Nord-Est, nella regione di Kharkiv, oltre 8000 kmq di territorio, un’area grande quanto l’Umbria, ma che sembra ora rallentata, Putin mette l’Occidente e il suo popolo davanti a fatti compiuti: i referendum, conclusisi martedì; e i richiami, in atto. In più, evoca il ricorso al nucleare.
Mentre in Europa, un calo di pressione e una fuga di gas, forse dovuti a sabotaggio, nel tratto sotto il Mar Baltico di due gasdotti dalla Russia alla Germania, accrescono le ansie e le insicurezze sugli approvvigionamenti energetici all’avvicinarsi dell’inverno.
I risultati dei referendum nelle auto-proclamate repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk e nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, annunciati martedì ad urne appena chiuse, sono netti, com’era scontato: secondo i primi dati, oltre il 95% dei votanti si sono espressi per l’annessione; e l’affluenza alle urne ha ovunque superato il 50%, rendendo le consultazioni valide – per Mosca, anche se la comunità internazionale le considera illegittime -. “Nel Donetsk – afferma la Tass, citando i rilevamenti di lunedì sera – aveva votato l’86,89% degli elettori, nel Lugansk l’83,61%, nella Regione di Kherson il 63,58% e nella Regione di Zaporizhzhia il 66,43% “.
L’annessione, una volta proclamata – potrebbe essere cosa fatta all’inizio della prossima settimana – innescherà risposte dagli Usa, dalla Nato e dall’Occidente Si preparano ulteriori sanzioni a Mosca e nuovi aiuti a Kiev; e pure la Cina e l’India prendono le distanze dall’escalation di Putin.
L’Onu la settimana scorsa, durante l’Assemblea generale, aveva bollato i referendum come illegali. Dal punto di vista russo, l’annessione consentirebbe l’uso di armi nucleari per fermare un’eventuale controffensiva ucraina per la riconquista dei territori occupati, che, a quel punto, sarebbero divenuti, per Mosca, suolo russo.
Le reazioni e le parole sul nucleare del cardinale Parolin
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba afferma che l’esito del voto “non cambierà nulla” nella condotta militare delle forze ucraine. Concetto analogo esprime il segretario di Stato Usa Anthony Blinken, mentre Washington destina all’Ucraina ulteriori aiuti militari, armi e munizioni, per 1.1 miliardi di dollari.
Blinken dice: “Kiev ha il diritto di continuare a difendersi con le nostre armi anche nei territori che saranno eventualmente annessi dalla Russia. Dal nostro punto di vista non cambia niente, non li riconosceremo mai”.
Il segretario generale Nato Jens Stoltenberg parla con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, assicurandogli che i Paesi dell’Alleanza sono fermi nel loro sostegno alla sovranità e al diritto all’autodifesa dell’Ucraina: “I referendum farlocchi indetti dalla Russia non hanno alcuna legittimità e sono una palese violazione del diritto internazionale. Quelle terre sono ucraine”. Il rischio dell’uso dell’atomica non è probabile, “ma va preso sul serio”.
In una riunione all’Onu, nella Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari, il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, descrive un Mondo “vicino all’abisso di una guerra nucleare”. La minaccia dell’uso dell’atomica nel conflitto in Ucraina riporta la guerra in Europa a una dimensione mai vista da generazioni, “ripugnante”.
Putin presenta, invece, i referendum come un’operazione umanitaria: “Il salvataggio delle persone nei territori in cui si sta svolgendo il referendum è al primo posto nell’attenzione di tutta la nostra società a livello nazionale”. Ma in tutta la Federazione si diffondono rabbia, frustrazione, proteste: gli arresti sono migliaia.
Negoziati più vicini? Mosca lancia esche, Kiev s’arrocca
Adesso che l’annessione dei territori ucraini occupati è cosa fatta, con i referendum farsa, la Russia torna a dirsi pronta a negoziare con l’Ucraina. Ma, se la situazione cambia, cambiano le condizioni per le trattative, puntualizza Putin al presidente turco Recep Tayyip Erdogan: di fatto, una ripresa del dialogo tra Mosca e Kiev non pare imminente.
A Samarcanda, dove si erano incontrati due settimane or sono, Putin aveva già detto a Erdogan che un negoziato con l’Ucraina sarebbe ora possibile, salvo poi smentire l’ammissione. Che, comunque, non basta al momento a fermare il conflitto e a riaprire la trattativa.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov attribuisce la responsabilità dello stallo all’Ucraina, che lasciò cadere il negoziato a fine marzo. Mosca, però, vuole trattare dalle posizioni acquisite; Kiev, invece, pone la precondizione del ritiro delle truppe russe fuori dai confini ucraini: non quelli ipoteticamente modificati dai referendum, ma quelli pre-invasione.
Fonti dell’Onu documentano 5.996 civili morti, tra cui 382 bambini, e 8.848 feriti dall’inizio dell’invasione – i numeri reali potrebbero essere più alti -. I militari caduti sono decine di migliaia, dall’una e dall’altra parte, anche se non si possono considerare attendibili le cifre fornite da Mosca e da Kiev.
Fonti dell’Ue garantiscono l’efficacia delle sanzioni anti-Russia e prevedono un calo del Pil russo dell’11%, molto di più di quanto finora registrato. Nell’analisi dell’Ue, “la Russia è sempre più isolata, partner come Cina e India hanno già espresso le loro preoccupazioni per l’intervento militare … Non è questo il momento di cedere”.
L’escalation di Putin, la cautela della Cina e la fermezza dell’Occidente
Con i referendum farlocchi in quattro regioni ucraine occupate, e la loro conseguente annessione alla Russia, Putin, dunque, crea le condizioni per un’ulteriore drammatica escalation dell’invasione: il ricorso al nucleare in caso di controffensiva ucraina in quei territori per sottrarli al giogo russo, perché si tratterebbe di difendere “il patrio suolo”.
A giudizio degli analisti, le mosse del Cremlino sono un’ammissione che la situazione in Ucraina s’è deteriorata. La controffensiva ucraina segna il passo, dopo due settimane a ritmo incalzante, mentre i russi conducono ogni giorno raid aerei e attacchi missilistici sulle città ucraine e bombardano con droni dell’Iran il porto di Odessa. E’ un’altra forma d’allargamento subdolo d’un conflitto che vede sempre più Paesi fornire sostegno militare a uno dei due belligeranti,
La scorsa settimana, il duello sull’Ucraina tra l’Occidente e la Russia s’è svolto all’Onu: in parte, nel Consiglio di Sicurezza, riunitosi il 22 proprio per discutere gli sviluppi della guerra e le mosse di Putin.; e, da martedì a sabato, nella sessione plenaria dell’Assemblea generale. Per Mosca, l’Occidente è “parte del conflitto”, perché “dà aiuti e armi al regime di Kiev e ne copre i crimini”.
L’escalation russa era nell’aria; la replica dell’Occidente è sostanzialmente compatta e largamente prevedibile; le novità sono la cautela della Cina, che si smarca dall’Occidente, senza però assecondare la Russia: e un piano di pace dall’esito incerto del Messico, che chiama in causa Onu e Vaticano.
Nei corridoi del Palazzo di Vetro, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi tesse una tela di contatti fitta. All’ucraino Kuleba dice, parafrasando le parole di Xi Jinping, che “sovranità e integrità di tutti i Paesi vanno rispettate e scopi e principi della Carta dell’Onu vanno pienamente osservati”. Salvo rilevare che “le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi – leggasi Russia, ndr – vanno prese sul serio”. La Cina “è sempre dalla parte della pace e manterrà un ruolo costruttivo”, conclude Wang, che incontra pure il collega russo Serguiei Lavrov.
Ma il ministro cinese avverte anche gli Usa che, “se non cambiano rotta su Taiwan, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto”. Per Wang, la politica dell’ “Unica Cina” è la base su cui poggiano le relazioni tra Pechino e Washington: “la questione di Taiwan, se non gestito bene, è molto probabile che provochi conseguenze devastanti”.
Da Pechino, giunge l’esortazione a Russia e Ucraina al cessate il fuoco e ad impegnarsi per trovare una soluzione pacifica con il dialogo e le consultazioni, cercando “di soddisfare le preoccupazioni sulla sicurezza reciproche”. Non è affatto un ‘endorsement’ dell’escalation di Putin: per la Cina, l’invasione e le sanzioni sono freni alla crescita e ostacoli ai commerci.
Cina e Russia si erano impegnate, negli ultimi tempi, a una partnership “senza limiti” contrapposta “al dominio globale” degli Stati Uniti. Due settimane fa, Putin e il presidente cinese Xi Jinping erano a Samarcanda, al Vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), dove leader asiatici hanno lavorato a un nuovo “ordine internazionale”, sfidando l’influenza occidentale.
Il processo di pace proposto dal Messico per fare cessare la guerra in Ucraina prevede la creazione di un comitato per il dialogo e la pace, con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e capi di Stato e di governo, fra cui Papa Francesco e il premier indiano Narendra Modi. L’intento è offrire “un canale diplomatico complementare a quelli esistenti”, visto che il Consiglio di Sicurezza non ha modo di agire per fermare il conflitto. L’Ucraina l’ha accolto con freddezza, la Russia l’ha respinto.