Nella crisi in Ucraina, fermezza, ma anche creatività: per impedire che la Russia superi le linee rosse; e anche per evitare di trovarsi in un vicolo cieco se lo facesse, sfruttando tutti gli spiragli per tenere aperto il dialogo. Joe Biden colleziona suggerimenti eccellenti, da quando la Russia ha lanciato la sua invasione: dal guru della politica estera degli Stati Uniti, Henry Kissinger, agli analisti dei media più autorevoli, nessuno gli nega un consiglio e una critica.
Ora, il consiglio è su come affrontare la nuova fase della crisi ucraina, nell’ipotesi, per molti improbabile, che la Russia reagisca con armi nucleari tattiche a un attacco contro le regioni che saranno annesse. La critica è al perché si arrivò all’invasione senza un’iniziativa per sventarla.
La ricetta “fermezza più creatività” la suggerisce David Ignatius, giornalista e scrittore, editorialista del Washington Post, una delle firme più autorevoli della stampa Usa: Biden dovrebbe comportarsi come fece John Fitzgerald Kennedy nella crisi dei missili con Cuba dell’ottobre del 1962, quando l’orologio dell’Apocalisse fu davvero vicino alla mezzanotte dell’olocausto nucleare.
Certo, le differenze tra oggi e allora sono notevoli. A cominciare dalle personalità dei protagonisti: giovane – il più giovane – e carismatico l’allora presidente; anziano – il più anziano – e poco popolare l’attuale; e, dall’altra parte, impulsivo, ma sostanzialmente prevedibile, Nikita Krusciov, apparentemente gelido e imperscrutabile Vladimir Putin.
Per Ignatius, Biden deve prendere posizioni ferme, ma lasciandosi sempre una gamma di possibilità di de-escalation. L’approccio moderato del presidente, che vuole evitare lo scontro con la Russia, “è ammirevole, ma è anche una delle ragioni per cui Putin continua ad alzare la posta”. E c’è il rischio d’indurre la Cina a una maggiore aggressività nel Pacifico. Ma “la capitolazione non è un’opzione”.
Oggi, Biden, rispetto a Putin, pare in posizione di forza, mentre l’Ucraina non vuole compromessi, Ignatius scrive: “Kennedy ebbe successo nella crisi dei missili di Cuba per due ragioni. Primo, si mostrò preparato a rischiare una guerra nucleare per fermare una mossa spericolata di Mosca. Secondo, attraverso un canale segreto, trovò un modo salva-faccia per evitare la catastrofe finale. Biden dovrebbe studiare entrambe le lezioni”.
Pochi giorni or sono, Ignatius, sempre sul WP; aveva avvertito Vladimir Zelensky, pur nell’ora dell’euforia per la controffensiva, che liberare tutto il territorio occupato “non è per ora realistico“. D’altra parte, Putin s’è ormai reso conto che la guerra non va come lui aveva pianificato: messo sotto pressione, potrebbe liberare la macchina bellica russa dai freni che la tengono imbrigliata – e ha iniziato a farlo -. “Questa è una ragione per cui Zelensky farebbe bene a evitare di oltrepassare una soglia strategica. Per quanto sconsiderato e distruttivo sia stato finora Putin, può fare molto peggio”.
La Nato ha violato diverse “linee rosse” indicate da Putin, che “ha messo in guardia dal dare a Kiev armi mortali e l’Amministrazione Biden lo ha fatto; ha implicitamente messo in guardia dal darle armi di precisione come i missili Himars e il presidente Biden lo ha fatto”.
Fra chi offre consigli a Biden, ci sono pure ‘dottor Stranamore’ dell’olocausto nucleare. Un docente della Georgetown University, Matthew Kroenig, direttore del Centro Scowcroft per la Strategia e la Sicurezza dell’Atlantic Council, scrive che “gli Usa dovrebbero istituire una deterrenza più chiara [scegliendo] tra minacce vaghe o esplicite, fatte pubblicamente o privatamente”. Se la dissuasione fallisse e Mosca ricorresse all’atomica, Kroenig pensa a “un bombardamento convenzionale limitato delle basi direttamente coinvolte nell’attacco”, accettando il rischio di una guerra tra Russia e Nato.
Per il WP, gli Usa mandano da mesi segnali a Mosca, prospettando “gravi conseguenze” in caso d’utilizzo dell’arma nucleare. La linea della deterrenza dell’Amministrazione Biden è caratterizzata da “ambiguità strategica”: minacce vaghe per non dare al Cremlino indizi su come la Casa Bianca risponderebbe all’impiego dell’atomica.