Questa volta, la linea rossa la traccia Joe Biden: chiede a Vladimir Putin di non usare armi chimiche e/o nucleari nella guerra in Ucraina. “Non farlo! Se lo facessi, il volto della guerra cambierebbe”, dice in un’intervista a 60 Minutes sulla Cbs. La replica Usa “sarebbe consequenziale” e la Russia diventerebbe “ancora di più un paria nel Mondo”.
Per tutta risposta, Mosca fa spallucce: “Legga la nostra dottrina nucleare”, sbotta Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino. La Russia prevede il ricorso ad armi nucleari tattiche in caso di aggressione che metta a repentaglio “l’esistenza” o “la sovranità e l’integrità territoriale dello Stato”.
Nel Donetsk, continua la controffensiva ucraina: i soldati della 66a brigata celebrano la liberazione del villaggio di Shchurove, vicino a Lyman. Il Pentagono ritiene che le forze russe non siano in grado di centrare i loro obiettivi; e l’intelligence britannica stima che la Russia potrebbe non avere riserve per resistere alla spallata di Kiev nel Lugansk. Analisti militari sentiti dall’Ap ritengono che i russi stiano allestendo una nuova linea difensiva nel Nord-Est.
Un cedimento nel Lugansk innescherebbe una rotta russa: questione di uomini ed equipaggiamenti, ma soprattutto di morale.
L’Ucraina, che respinge il piano di pace del presidente messicano Manuel Lopez Obrador, giudicandolo filo-russo, sostiene di avere distrutto un deposito di munizioni russo a Melitopol. Due battaglioni ceceni si sono uniti alle forze russe e filo-russe nel Donbass. Un convoglio di 25 camion sta portando pezzi di ricambio alla centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Lì nei pressi, l’elemosiniere del Papa, cardinale Konrad Krajewski, è uscito illeso da una sparatoria mentre, con altri prelati, distribuiva viveri e aiuti nella terra di nessuno tra i due schieramenti.
In Asia Centrale, nonostante la firma d’una tregua, Kirghizistan e Tagikistan si accusano a vicenda di aver violato il cessate-il-fuoco in vigore da venerdì, dopo gli scontri di frontiera che hanno fatto almeno 24 morti e condotto all’evacuazione di 136mila kirghizi. I due Paesi hanno dispute di confine fin dalla dissoluzione dell’Urss. Venerdì, i due presidenti – il kirghizo Sadyr Japarov e il tagico Emomali Rakhmon – avevano concordato un cessate-il-fuoco immediato.