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Ucraina: Biden non fa festa, ora teme l’escalation

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/09/2022

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La guerra in Ucraina potrebbe essere “a una svolta”, scrive prudente la stampa Usa. E il presidente Joe Biden si esprime con cautela sulla controffensiva delle forze di Kiev e sulla ritirata delle truppe di Mosca: “E’ troppo presto per parlarne”; risponde a chi lo sollecita mentre fa campagna per il voto di midterm dell’8 novembre.

A Washington, c’è il timore che la Russia, umiliata sul terreno dall’Ucraina, possa innescare un’escalation: Due le ipotesi che più preoccupano: che Mosca ricorra ad armi nucleari tattiche o coinvolga nel conflitto gli Stati Uniti. Fonti del Cremlino hanno già avvertito che se gli invii di armi a Kiev continueranno considereranno gli Usa belligeranti.

Anche per questo, citando un’espressione della Ap, gli Stati Uniti evitano di inscenare “una danza della vittoria” sull’avanzata ucraina. A Città del Messico, il segretario di Stato Antony Blinken ricalca le parole di Biden: “Le forze ucraine hanno fatto importanti progressi, specie nel Nord-Est, nella loro controffensiva contro le truppe russe”, ma è “troppo presto per prevederne l’esito” perché i russi mantengono in Ucraina “forze molto significative, così come armi, munizioni ed equipaggiamenti; e continuano a usarle indiscriminatamente contro le forze armate ucraine e contro i civili e le infrastrutture civili”.

Washington mette pure la sordina nel reclamare credito per quanto sta avvenendo: “E’ frutto – dice Blinken – del sostegno che abbiamo fornito, ma è soprattutto frutto dello straordinario coraggio e della resilienza delle forze armate ucraine e del popolo ucraino”.

La scorsa settimana, Biden, Blinken e il segretario alla Difesa Lloyd Austin avevano molto insistito con gli alleati europei perché non incrinassero l’unità dell’Occidente in questo momento, che può essere di svolta nel conflitto, percependo le fibrillazioni degli europei sui fronti delle sanzioni e dell’energia, all’avvicinarsi dell’inverno che imporrà loro sacrifici.

La reazione di Mosca, quale che sia, segnerà un deterioramento dello scenario e un innalzamento del livello di rischio. A meno che russi e ucraini, per motivi diversi, non ritengano che sia giunta l’ora del negoziato: sui media Usa, si osserva che, negli ultimi giorni, fonti russe e ucraine hanno spontaneamente evocato la trattativa, sia pure subordinata a condizioni reciprocamente inaccettabili.

Gli analisti a Washington si pongono una serie di interrogativi. Il dato di fatto è che gli ucraini hanno praticamente ripreso tutto il Nord-est occupato dai russi da sei mesi, nell’area di Kharkiv, favoriti dal fatto che gli invasori hanno spostato truppe ed equipaggiamenti a Sud nell’ipotesi che gli ucraini operassero lì un contrattacco, nell’area di Kherson. Gli interrogativi riguardano che cosa accadrà adesso, se gli ucraini saranno in grado di consolidare le posizioni e se i russi lanceranno, o meno, una leva per rinforzare gli effettivi e mandare rinforzi.

I corrispondenti dal fronte riferiscono che le truppe ucraine cercano di capitalizzare sui loro successi e di mantenere la pressione sui russi. Ma, secondo la Cnn, gli ucraini devono ancora affrontare “diverse sfide” per riaffermare il controllo della regione di Kharkiv, dove ieri è mancata l’elettricità a causa di bombardamenti russi.

Molta attenzione destano i segnali di incrinature nell’opinione pubblica russa: deputati di Mosca, San Pietroburgo e Kolpino hanno chiesto le dimissioni del presidente Vladimir Putin, giudicandone le decisioni “lesive degli interessi della Russia e dei suoi cittadini”. L’intelligence statunitense cerca di accertare la portata dei fermenti generati dall’ “onda di shock delle sconfitte sul terreno”.

I rovesci sul campo di battaglia danno fiato ai critici di Putin, come inducono i suoi sodali a cercare capri espiatori fra i ministri e i generali. A Kiev è invece difficile contenere l’euforia o quanto meno la speranza che la guerra abbia preso una piega favorevole, con le bandiere ucraine che tornano a sventolare sui villaggi liberati e delle truppe russe che se ne vanno abbandonando armi e mezzi.

Il New York Times non parla di “segnali decisivi” di una disfatta russa, ma la campagna ucraina “ha tagliato le linee di rifornimento nemiche, creato sbandamento nelle truppe russe, galvanizzato gli ucraini e avvilito i sostenitori di Putin”. Il Ministero della Difesa russo ammette il ritiro di unità dalla regione di Kharkiv, in particolate da Balakliia e da Izium, per trasferirle a Sud, nel Donetsk. Per gli analisti Usa, potrebbe essere qualcosa di simile a quanto già accaduto dopo la prima fase dell’invasione, cioè una riduzione del fronte, puntando tutto sull’occupazione ed eventualmente l’annessione del Donbass.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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