La Turchia non demorde e spera di completare la ‘pace del grano’ siglata a Istanbul il 22 luglio, sbloccando, dopo l’export di cereali dall’Ucraina, anche quello dalla Russia. Le partenze di cargo dai porti ucraini sono ormai routine – nota il ministro della Difesa turco Hulusi Akar – e proseguono i colloqui per superare i limiti imposti dalle sanzioni all’export russo: i negoziati coinvolgono Russia, Ucraina, Turchia e Onu.
Le trattative sul grano avanzano più velocemente di quelle per la pace, o per un cessate-il-fuoco, che sono a un punto morto. Kiev e Mosca si dicono vicendevolmente pronte a negoziare, ma ciascuna alle proprie condizioni.
L’invasione impastoia pure la diplomazia vaticana, che non trova una via per incidere. Il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, dice a Limes che “il disarmo è l’unica risposta adeguata … un disarmo generale e sottoposto a controlli efficaci … Non mi pare corretto chiedere all’aggredito di rinunciare alle armi e non chiederlo, prima ancora, a chi lo sta attaccando”. Parolin difende Papa Francesco dall’accusa di essere filo-russo, ricordandone “l’inequivocabile condanna dell’invasione russa”.
Anche il fronte militare è quasi fermo. Secondo l’intelligence britannica, nell’ultimo mese i russi hanno guadagnato solo una decina di km nel Donbass: “Quasi certamente meno del previsto”, nonostante l’intenso ricorso all’artiglieria pesante.
Secondo gli inviati della Ap, nel Sud-Est la resistenza ucraina sale d’intensità nelle aree occupate dai russi, dove Mosca lavora per organizzare dei referendum sull’annessione, come fece in Crimea nel 2014. Secondo il Pentagono, le perdite finora subite dalle forze russe ammonterebbero a 80 mila tra morti e feriti – le forze ucraine stimano di avere eliminato oltre 40 mila invasori -, un numero giudicato “notevole”, a fronte del mancato conseguimento degli obiettivi prefissatisi.
Kiev, però, prosegue l’evacuazione del Donbass: oltre 3000 i civili evacuati in sei giorni, fra cui 600 bambini. I russi hanno ieri condotto intensi bombardamenti nell’Est e hanno pure attaccato Kharkiv – un civile ucciso e cinque feriti -.
L’epicentro dell’allarme resta Zaporizhzhia, anche se “i sistemi di monitoraggio della radioattività dell’Ue e le fonti internazionali non indicano alcun aumento della radioattività in Ucraina o nell’Ue né alcuna minaccia di radiazioni innediata” – lo dicono le fonti di Bruxelles -. Nei giorni scorsi, bombardamenti di origine controversa effettuati all’interno e nei pressi della centrale nucleare avevano causato danni significativi alle infrastrutture, anche in prossimità dello stoccaggio a secco del combustibile nucleare esaurito nel perimetro dell’impianto.
Ieri, ci sono state esplosioni nella base aerea russa di Saki, vicino a Novofedorivka, in Crimea: si sarebbe trattato di un incidente e non dell’effetto di un attacco ucraino, con una vittima. Kiev, però, rivendica l’operazione, “E’ solo l’inizio”.
La Russia ha interrotto le consegne di petrolio ad alcuni Paesi europei tramite l’oleodotto Druzhba, che transita in Ucraina. Lo stop, legato a una transazione bancaria non andata a buon fine causa sanzioni, “è scattato il 4 agosto” e impatta sulle consegne a “Ungheria, Slovacchia e Rep. Ceca”.
Nel segno di quello che gli Usa considerano un ‘asse’ tra Cina, Russia e Iran, un satellite iraniano è stato lanciato dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan. L’agenzia spaziale russa Roscomos riferisce che un razzo vettore Soyuz 2.1b ha portato nello spazio “il satellite iraniano Khayyam e 16 piccole navicelle spaziali”. La scorsa settimana fonti d’intelligence occidentali avevano affermato che la Russia “intende utilizzare il satellite per migliorare la sua sorveglianza sugli obiettivi militari in Ucraina”. Ma Teheran rivendica il controllo del satellite “dal primo giorno”.