Cinque mesi di guerra alle spalle; e chissà quanti davanti. Perché, tra Russia e Ucraina, non ci sono segnali di pace, dopo decine di migliaia di caduti su entrambi i fronti – 40 mila le perdite russe, stima il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – e almeno 5.237 civili uccisi e 7.035 feriti dall’inizio dell’invasione – le cifre sono dell’ONU -. La ‘pace del grano‘ firmata la scorsa settimana può tenere, nonostante i russi continuino a colpire il porto di Odessa con missili e bombe. Ma rischia di incancrenirsi la ‘guerra dell’energia’ di cui potremmo avvertire le conseguenze, oltre che pagare il prezzo, in autunno.
Un centro per il coordinamento dei corridoi nel Mar Nero per l’export di grano dai porti dell’Ucraina opera da mercoledì a Istanbul, in parallelo con la ripresa dei traffici dal porto di Chornomorsk. Allestito presso l’edificio dell’Università della Difesa turca, il centro è previsto dall’intesa conclusa per sbloccare i cereali ucraini – e non lasciare decine di milioni di persone nei Paesi più poveri prive di derrate alimentari -: vi operano esponenti dell’Onu e di Russia, Ucraina, Turchia.
Dopo lo scalo di Chornomorsk, saranno coinvolti quelli di Odessa e Pivdennyi. Il crono-programma del ministro delle Infrastrutture ucraino Oleksandr Kubrakov dissipa i dubbi sull’attuazione dell’accordo firmato a Istanbul, separatamente, da Russia e Ucraina e mediato e garantito da Onu e Turchia. L’intesa prevede corridoi marittimi protetti per le navi che vanno a caricare o trasportano cereali ucraini nel Mar Nero.
Gli Stati Uniti, tuttavia, d’intesa con Kiev, lavorano a un piano B, che prevede trasporti di grano via terra (su strada e su rotaia) e fiumi, nel caso gli attacchi russi sugli scali ucraini continuassero.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan incontrerà il presidente russo Vladimir Putin a Sochi il 5 agosto. L’annuncio conferma il ruolo di primo piano di Erdogan nella vicenda ucraina e coincide con indiscrezioni della Cnn secondo cui Mosca vorrebbe acquistare droni da combattimento turchi
Bayraktar TB2. Erdogan e Putin ne avrebbero parlato la scorsa settimana a Teheran: se la voce fosse confermata, la Turchia, Paese della Nato che avrebbe già fornito all’Ucraina una cinquantina di droni dall’inizio dell’invasione, si troverebbe a essere fornitore dei due belligeranti.
La ‘diplomazia del grano’ del Palazzo di Vetro e di Ankara ha raggiunto il suo obiettivo. Manca, invece, l’innesco di una ‘diplomazia di pace’, o almeno di tregua, fra Mosca e Kiev: l’Occidente continua a mandare armi agli ucraini aggrediti e si organizza nella prospettiva di una guerra lunga; Papa Francesco vi si oppone, ma la diplomazia vaticana fatica a muoversi nel conflitto fra le chiese ortodosse russa e ucraina. Che vi siano ancora spazi di manovra lo suggerisce una battuta del Papa in volo per il Canada: “Si, vorrei andare a Kiev. Speriamo”.
L’attacco su Odessa e le giravolte di Mosca
All’alba di sabato 23 luglio, poche ore dopo la firma dell’accordo di Istanbul, quattro missili russi centrano il porto di Odessa: pare uno sfregio all’intesa, “Putin sputa sull’Onu” dice Zelensky. Dopo averlo inizialmente negato, contro ogni evidenza, domenica Mosca ammette d’essere responsabile dell’azione, ma afferma di avere colpito obiettivi militari: “Abbiamo distrutto una nave da guerra ucraina e un deposito di missili Harpoon forniti dagli Usa”, afferma il Ministero della Difesa russo. I missili Kalibr a lungo raggio hanno centrato “un cantiere navale”, mettendo fuori uso le capacità di lavorazione dell’impianto di riparazione e ammodernamento della Marina ucraina. La portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova, parla di “un attacco ad alta precisione”.
Zelensky vede nell’azione la conferma dell’inaffidabilità del Cremlino e dell’impossibilità di intesa con Putin. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken condanna l’attacco e dubita “della credibilità” di Mosca: il bombardamento “mette a repentaglio gli sforzi per fare pervenire” derrate alimentari a chi ne ha bisogno nel Mondo e getta un velo “sull’affidabilità della Russia”. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres condanna senza mezzi termini l’attacco russo e sostiene che “l’attuazione dell’accordo” è “imperativa”.
In visita al Cairo, il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov tenta un difficile recupero: assicura che la Russia manterrà i suoi impegni sull’export dei prodotti agricoli, a prescindere dalla revoca delle restrizioni applicate ai prodotti russi, e che le marine russa, turca “e di un terzo Paese” garantiranno la sicurezza delle navi cariche di grano nel Mar Nero. Ma poi aggiunge: “Aiuteremo gli ucraini a sbarazzarsi del regime di Zelensky”; e avverte che la ‘pace del grano’ non fermerà “l’operazione militare speciale” russa, cioè l’invasione dell’Ucraina, la cui fine potrebbe essere decretata, se gli obiettivi saranno stati raggiunti, il 7 ottobre, nel compleanno di Putin.
Secondo Mosca, il lancio dei missili non dovrebbe avere conseguenze sulle operazioni di export, perché l’azione “era rivolta solo a infrastrutture militari”, senza toccare le infrastrutture utilizzate per il carico del grano e di altre derrate alimentari. Dunque, secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, l’attacco “non può e non deve ostacolare l’inizio del processo”: l’export dei cereali dal porto di Odessa può andare avanti in conformità con l’accordo sponsorizzato dall’Onu.
Combattimenti ed epurazioni, armi e sanzioni
Le cronache di guerra sul terreno sono uno stillicidio di bombardamenti e combattimenti, da cui è difficile ricavare l’andamento del conflitto. I russi dicono di essere all’offensiva nel Donbass, ma l’avanzata, se c’è, è molto lenta. Gli ucraini s’impegnano a riconquistare Kherson entro il mese d’agosto e continuano a ricevere equipaggiamenti dall’Occidente.
“Tutte le ostilità finiscono con negoziati” e Mosca “non s’è mai rifiutata di negoziare con Kiev”, afferma Lavrov: “I Paesi occidentali hanno proibito all’Ucraina di trattare con la Russia sulla base degli accordi raggiunti a Istanbul” a fine marzo (e rimasti senza seguito).
Zelensky constata che la guerra, “non ha spezzato e non spezzerà l’Ucraina”: “Cinque mesi. Dopo otto anni. La guerra non ha fermato la vita nel nostro Paese e non lo farà. E di certo non ci renderà ostaggi dell’orrore che gli invasori hanno portato nel nostro Paese. Resisteremo. Proteggeremo ciò che è nostro. Vinceremo!”.
A Kiev, è tempo di epurazioni. Zelensky, che aveva recentemente silurato i vertici dell’intelligence, rimuove il comandante delle forze speciali dell’esercito ucraino, Grigory Galagan – al suo posto Viktor Horenko – e ‘fa fuori’ Ruslan Demchenko, primo vice-segretario del Consiglio di Sicurezza e Difesa nazionale dell’Ucraina: in passato, il giornalista Yurii Butusovera l’aveva accusato di essere un agente russo. S’ignorano i motivi delle decisioni del presidente.
Gli Usa consegnano quattro ulteriori sistemi missilistici Himars e ne annunciano altri. La Germania manda tre lanciarazzi multipli Mars II promessi in giugno, insieme a tre obici semoventi PzH 2000 e a tre carri Gepard (in tutto Berlino intende inviarne 15). Kiev attende ancora il sistema di difesa aerea tedesco Iris-T e tre veicoli veicoli corazzati.
L’Ue ha intanto prorogato al 31 gennaio 2023 le sanzioni anti-russe.
Sul terreno, i filo-russi sostengono che la regione di Donetsk sarà liberata, cioè occupata, entro fine agosto, come già successo con la regione di Lugansk, mentre gli ucraini puntano a riconquistare Kherson, la prima città a essere presa. A Zaporizhzhja, dove si preparerebbe un referendum sull’annessione alla Russia, come a Kherson, sarebbero già stati rilasciati “oltre 8.000 passaporti della Federazione russa”. E trova conferma l’uccisione, fra i volontari che combattono cogli ucraini, di un canadese, uno svedese e un polacco, oltre che di due americani.
Impossibile elencare – e soprattutto verificare – le informazioni sui combattimenti fornite dalle due parti, lo stillicio di bombardamenti e attacchi missilistici, scointri e battaglie, vittime civili. I nomi di località martoriate che più ricorrono nelle cronache, oltre a Odessa, sono Mykolaiv, Bakhmut, Berdiansk, Sloviansk, Chernihiv, Sumy e Kharkiv. L’intelligence britannica nega che i russi abbiamo esteso i loro obiettivi oltre il Donbass, come preconizzato da Lavrov: “L’offensiva russa è su piccola scala, è concentrata sull’asse di Bakhmut e fa minimi progressi”.
Secondo l’esercito ucraino, i russi stanno preparando una offensiva sulle città di Siversk e Soledar, nel Donetsk. E forze armate bielorusse avrebbero condotto una ricognizione d’addestramento verso Volyn e Polissia.
Le fonti di Kiev vantano una serie di successi e sostengono di stare “infliggendo perdite al nemico su tutti i fronti”, sottolineando il ruolo dell’artiglieria “fornita dall’Occidente”. Nel Lugansk, dove “nelle ultime settimane abbiamo colpito diversi depositi di munizioni e concentrazioni di invasori”, le forze russe si sarebbero ritirate da Verkhnokamianske: un distaccamento Omon (ex unità speciali anti-terrorismo della polizia russa) avrebbe perso 12 uomini e una caserma russa sarebbe stata distrutta a Kadiivka. Anche nel Donetsk, le azioni ucraine “impediscono al nemico di lanciare attacchi più concertati”. Con un drone, gli ucraini affermano di avere distrutto un tank russo e ucciso 15 “invasori”. Sono tutte informazioni non verificate.
Fronte energia, come fronte grano, la settimana s’è aperta nel segno della distensione. Peskov dice che la Russia “non è interessata” a una completa cessazione delle forniture di gas ai Paesi europei: “La Russia è un fornitore di gas responsabile e, indipendentemente da ciò che si dice a Bruxelles, , nelle capitali europee, negli Stati Uniti, la Russia era, è e continuerà ad essere il Paese che garantisce in larga parte la sicurezza energetica dell’Europa”. Ma l’affidabilità di Mosca, agli occhi dei suoi clienti’, resta relativa.
Infine, una notizia che avalla l’ipotesi che la guerra sia destinata a durare a lungo: l’Eurovision 2023, il festival della canzone europea, si farà nel Regno Unito e non in Ucraina, nonostante che a maggio il successo sia andato a una band ucraina. Un accordo in tal senso è stato raggiunto tra Kiev, Londra e l’Eurovisione.
La controinformazione e gli ‘pseudo Santi’
L’intreccio della controinformazione coinvolge ‘pseudo Santi’, nel groviglio di tensioni fra le Chiese di Mosca e di Leopoli. L’episodio che segue è stato analizzato da NewsGuard, che fa ‘fact-checking’ sulle informazioni diffuse sulla guerra in Ucraina.
Diversi account social e siti di notizie filo-russi hanno pubblicato la foto di un falso decreto che sarebbe stato diffuso dalla Chiesa ortodossa ucraina per annunciare la decisione di canonizzare Stepan Bandera, un leader nazionalista ucraino, riconoscendolo come santo.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Bandera guidò un’ala radicale dei nazionalisti ucraini, che combatté a fianco dei tedeschi durante l’invasione nazista dell’Ucraina sovietica. In seguito l’ala radicale guidata da Bandera tentò di rivendicare la regione di Leopoli, occupata dai nazisti, come Stato ucraino indipendente. Bandera è ‘venerato’ nell’Ucraina occidentale, ma nella parte orientale del Paese molti ne disapprovano l’associazione con i nazisti.
Il governo russo tenta di giustificare l’invasione dell’Ucraina sostenendo, tra l’altro, che l’obiettivo è “de-nazificare” il Paese e ‘purificarlo’ dall’ideologia di Bandera.
Però, il decreto che annuncia la canonizzazione di Bandera da parte della Chiesa ortodossa ucraina è falso. Un portavoce della Chiesa ha detto a StopFake, un’organizzazione ucraina di ‘fact-checking: “Per creare questa immagine, si è ricorsi a un fotomontaggio grossolano. Oltretutto, il contenuto è incoerente e mal scritto dal punto di vista del linguaggio delle canonizzazioni e delle tradizioni”; insomma, “Il contenuto del documento e lo stile di scrittura indicano chiaramente che è un falso”.
Il portavoce della Chiesa ha pure spiegato a StopFake che, essendo Bandera di fede greco-cattolica, il leader nazionalista non avrebbe neppure i requisiti per essere canonizzato dalla Chiesa ortodossa ucraina.