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Ucraina: la denuncia di HRW, russi e ucraini mettono civili a rischio

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/07/2022

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Nella guerra in Ucraina, non solo i russi, anche gli ucraini mettono “inutilmente” in pericolo i civili, piazzando truppe dentro zone abitate, come il sotterraneo di una scuola o un dispensario. L’accusa non viene da Mosca, ma da Human Rights Watch (HRW), l’organizzazione non governativa che difende i diritti umani e che nacque con l’obiettivo di verificare il rispetto, da parte dell’Urss, degli Accordi di Helsinki del 1975.

Secondo Belkis Wille, una ricercatrice dell’HRW, “le forze russe ed ucraine devono entrambe evitare di collocare truppe fra i civili”. HRW ha documentato quattro casi di basi militari russe e tre di basi militari ucraine in zone residenziali; “Gli attacchi condotti contro tali basi hanno ucciso e ferito civili”.

Fra le località sotto sorveglianza dell’HRW, Kharkiv e Zaporizhzhia. Nel villaggio di Iaguidné, nella provincia di Chernikiv, i russi hanno detenuto per un mese 350 civili nel sotterraneo d’una scuola trasformata in base militare. Gli ucraini, invece, hanno installato loro truppe in un centro sanitario di Pokotylivka, nella provincia di Kharkiv: quando i russi le hanno attaccate, il 28 aprile, alcuni civili sono stati feriti e decine di case tutto intorno e una scuola sono state danneggiate.

Quanto sta avvenendo in questi giorni a Zaporizhzhia è al centro delle cronache. L’azienda statele ucraina responsabile degli impianti nucleari sostiene che le forze russe hanno chiesto l’accesso alla sala macchine della centrale nucleare, dove intendono immagazzinare il loro “intero arsenale militare”, tra cui carri armati e sistemi missilistici.

“Se vengono colpiti i reattori o l’impianto di raffreddamento, rischia di saltare in aria mezza Europa”, replicano le fonti russe dopo l’attacco di mercoledì degli ucraini condotto con l’impiego di droni che hanno provocato 11 feriti e hanno danneggiato edifici di servizio, ma non i sei reattori dell’impianto energetico.

Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko sostiene che “l’Occidente, l’Ucraina e la Russia devono porre fine al conflitto” per evitare il “precipizio” della “guerra nucleare”. Lukashenko, l’alleato più stretto del presidente russo Vladimir Putin, ritiene che “tutto dipende dall’Ucraina”, perché il governo di Kiev “deve sedersi al tavolo dei negoziati e accettare di non minacciare mai più la Russia”.

In una giornata senza sviluppi militari né diplomatici decisivi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky giudica “insufficienti” le nuove sanzioni europee anti-russe, mentre l’ex presidente russo Dmytri Medvedev, alle cui ‘sparate’ siamo ormai abituati, dice che “l’Ucraina potrebbe perdere quel che resta della sua sovranità e scomparire dalla mappa del Mondo”. Il presidente turco Recep Tayyip  Erdogan annuncia per agosto una nuova riunione con Svezia e Finlandia, sulla questione dei militanti curdi rifugiati nei Paesi nordici che Ankara considera terroristi e di cui reclama l’estradizione: il che vuol dire che, almeno fino ad allora, la Turchia non darà il suo assenso all’adesione alla Nato di Stoccolma ed Helsinki.

Sul terreno, è il consueto stillicidio di bombe e missili, con vittime civili a Kharkiv e “forti esplosioni” a  Mykolaiv.

Nei contati diplomatici incrociati di questa crisi, da segnalare ieri la visita a Mosca del ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, ricevuto dal suo omologo russo Serguiei Lavrov. I due hanno discusso progetti congiunti nel campo energetico e dei trasporti. In controdendenza rispetto all’Unione europea, l’Ungheria mira ad aumentare le forniture russe di gas per garantirsi sicurezza energetica nel prossimo futuro.

Secondo la Cia, l’invasione dell’Ucraina non dissuaderà la Cina dall’usare la forza contro Taiwan: “Il problema non è se ciò avverrà, ma quando”, ha detto il capo dell’Agenzia Bill Burns, proprio mentre l’Amministrazione democratica inscena un balletto delle parti su Taiwan: la speaker della Camera Nancy Pelosi annuncia l’intenzione di recarvisi in visita e il presidente Joe Biden la critica, trincerandosi dietro il fatto che “i militari non la giudicano una buona idea”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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