“Le armi lascino il posto ai negoziati”: è l’appello di Papa Francesco, nel giorno in cui l’Ucraina riceve lanciarazzi Usa Himars. L’annuncio del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov è tracotante: “Grazie per questi potenti strumenti! L’estate sarà calda per gli occupanti russi. E sarà l’ultima per alcuni di loro”.
Parlando dell’ “amata e martoriata Ucraina”, nell’udienza alle Opere per l’Aiuto alle Chiese orientali, il Pontefici dice: “Si è tornati al dramma di Caino e Abele; è stata scatenata una violenza luciferina, diabolica … Vorremmo che si compia presto la profezia di pace di Isaia: che un popolo non alzi più la mano contro un altro popolo, che le spade diventino aratri e le lance falci … Invece, tutto sembra andare nella direzione opposta: il cibo diminuisce e il fragore delle armi aumenta … Non cessiamo di pregare e di lavorare perché i sentieri della pace trovino spazio nella giungla dei conflitti”.
Un’eco beffardo all’auspicio di pace del Papa pare venire da Mosca, dove il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov dice che un piano di pace può essere steso, ma solo dopo che Kiev avrà soddisfatto tutte le richieste russe.
Non è noto quanti Himars siano giunti in Ucraina, ma si sa che gli Usa valutavano di inviarne quattro. L’Amministrazione Biden ha destinato ulteriori 450 milioni di dollari in aiuti militari all’Ucraina.
La giornata a Kiev è trascorsa nell’attesa della concessione all’Ucraina, da parte dei leader dei 27 riuniti a Bruxelles, dello statuto di candidato all’adesione all’Ue, giunto in serata e ottenuto in tempi eccezionalmente brevi. “Il nostro obiettivo – nota Andriy Yermak, capo di staff della presidenza – è la piena adesione all’Unione”, un percorso che potrebbe richiedere anni.
Il sì allo statuto di candidato ha pure avuto l’avallo del Parlamento europeo, con 529 voti a favore, 45 contrari e 14 astenuti. I deputati condividono una scelta che è “prova di leadership e lungimiranza”, ma sottolineano che “non esiste una procedura accelerata per l’adesione all’Ue” e che questa resta “un processo strutturato e basato sul merito”.
Un processo le cui insidie sono state confermate, nelle ultime 24 ore, dal veto posto dalla Bulgaria all’apertura di trattative per l’adesione con Albania e Macedonia del Nord, che sono in lista d’attesa da anni, come tutti gli altri Paesi dei Balcani occidentali.
Pare, invece, profilarsi una schiarita nelle tensioni tra Russia e Lituania sull’exclave di Kaliningrad. Il capo della diplomazia Ue Josep Borrell ripete che la Lituania sta solo “applicando le sanzioni” e che non sta “attuando un blocco”; ma aggiunge che “la Commissione rivedrà le linee guida”, mirando a contemperare il rispetto delle sanzioni e la tutela del traffico internazionale.
Sul terreno, nel Lugansk, le forze russe hanno preso il controllo di altri due villaggi, procedendo verso Lysychansk, mentre le forze ucraine tengono le loro residue posizioni a Severodonetsk e Syrotyne, “respingendo gli attacchi da Zolote e Vovchoyarivka”. Proseguono gli attacchi di Mosca contro i siti industriali di Severodonetsk: colpite una fabbrica di mattoni, una di fibra di vetro e una per il settore chimico.
Il bollettino quotidiano dell’intelligence britannica parla di uno stallo nel Donetsk, riconoscendo, però, che forze russe sono avanzate di cinque chilometri, che unità ucraine si sono ritirate per non essere circondate e che Mosca sta schierando più truppe e capacità di fuoco maggiori. La Russia intende organizzare l’11 settembre referendum per la creazione di repubbliche separatiste a Kherson e Zaporizhzhia, in coincidenza con elezioni locali in diversi territori russi.
Al Vertice dei Brics, in formato virtuale, il presidente cinese Xi Jinping stigmatizza l’espansionismo delle alleanze militari – una stoccata alla Nato – e predica “l’autentico multilateralismo”, l’abbandono della “mentalità da Guerra Fredda” e l’opposizione “alle sanzioni unilaterali”. A sua volta, Vladimir Putin denuncia “l’egoismo dell’Occidente”.
Al Vertice di Madrid, la prossima settimana, la Nato indicherà per la prima volta la Cina come fonte di preoccupazione nella nuova versione del Concetto strategico, che individua nella Russia “la principale minaccia alla sicurezza atlantica”.