L’Ucraina fa un passo verso, non dentro, l’Unione europea. E la Moldavia con lei. Il che costituisce una zavorra in più nel processo di adesione, perché, se l’urgenza di fare entrare Kiev è palese, non si può dire altrettanto di Chisinau. In tempi record rispetto alle consuetudini, la Commissione europea ha ieri deciso di raccomandare al Consiglio europeo, che si riunirà la prossima settimana, il 23 e 24 giugno, di riconoscere lo statuto di candidato all’adesione ai due Paesi dell’ex Urss. La Georgia, invece, si vede riconosciuta “una prospettiva europea”, ma Bruxelles deve ancora valutare “se rispetta una serie di condizioni prima di concederle lo statuto di candidato”.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky gongola: “Oggi è una giornata davvero storica: l’Ucraina ha sentito contemporaneamente il sostegno di quattro potenti Stati europei – con la visita dei leader di Francia, Germania, Italia e Romania, ieri -. E in particolare il sostegno al suo movimento verso l’Ue”. E, intanto, riceve a Kiev, per la seconda volta, il premier britannico Boris Johnson, che, evidentemente, non tollerava di essere relegato in secondo piano dalla missione europea congiunta e sbandiera di essere pronto ad addestrare “migliaia di ucraini”.
A Bruxelles, c’è molta più cautela, anche se la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si presenta ai media vestita coi colori ucraini, giacca gialla e camicetta blu, e non lesina la retorica: “Zelensky ci ha detto che, anche senza il percorso europeo, le riforme” chieste dall’Ue “sono comunque ritenute necessarie, sulla stato di diritto, la giustizia, la lotta alla corruzione, la rimozione del potere degli oligarchi sull’economia … C’è ancora da lavorare, ma il popolo ucraino ha mostrato si essere pronto a morire per il sogno europeo”.
I collaboratori della von der Leyen mettono i puntini sulle i: lo statuto di candidato non significa l’apertura di negoziati per l’adesione. “Il processo è lungo, doloroso e reciproco”, richiede “aggiustamenti anche all’Ue”: “La Polonia, e non è la sola, ci ha messo 10 anni, dal 1994 al 2004, per passare dal riconoscimento della candidatura all’ingresso nell’Ue”. E per i Balcani occidentali i tempi sono più lunghi.
Fredde, se non ostili, le reazioni a Mosca, anche se il presidente Vladimir Putin fa spallucce: “L’Ue non è un’alleanza militare, non siamo contro l’adesione dell’Ucraina. Poco prima il suo portavoce Dmitry Peskov aveva detto che la candidatura dell’Ucraina all’Ue richiede “un’acuta attenzione”, causa “il rafforzamento della componente di difesa dell’Unione”. L’Ue “manipola” l’Ucraina offrendole “la prospettiva di un’adesione”, afferma la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
Sul piano militare, Putin ribadisce che “tutti gli obiettivi dell’operazione speciale in Ucraina saranno realizzati”. Zelensky risponde annunciando che l’Ucraina introdurrà i visti per i russi a partire dall’1 luglio: come se le forze d’invasione ne dovessero fare richiesta.
C’è però un ammiccamento di Putin a Macron. Il presidente russo appoggia la posizione francese per una soluzione politico-diplomatica in Ucraina. Dice Peskov: “Nonostante le differenze di fondo esistenti, Macron ha coerentemente seguito questa strada, che anche il presidente approva”.
Macron ha ieri ripetuto che l’Ucraina non avrà mai pace se l’obiettivo finale del conflitto è “schiacciare la Russia”. E ha aggiunto che nemmeno Zelensky si prefigge di schiacciare la Russia. “Il presidente Zelensky difende la sua terra. E noi vogliamo aiutarlo a farlo. A volte abbiamo vinto la guerra e perso la pace”.
La lettura della situazione del presidente Usa Joe Biden è diversa: difende la scelta di non spingere l’Ucraina a negoziare con la Russia ed è convinto che, “se lo avessimo lasciato fare in Ucraina, Putin non si sarebbe fermato e avrebbe seminato il caos in Europa”.
La ‘diplomazia della pace’ potrebbe presto arruolare Angela Merkel: l’ex cancelliera tedesca non esclude di mediare nel conflitto ucraino, pur precisando che “la questione per ora non si pone”. Merkel trova “giusto che l’Occidente si schieri a favore dell’esistenza dell’Ucraina, senza partecipare al confronto militare diretto”.
Sul terreno, la situazione umanitaria nell’Ucraina orientale è “estremamente allarmante” e va deteriorandosi: lo afferma l’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, anche se Putin assicura di non volere “trasformare il Donbass in una Stalingrado” . Fonti filorusse dicono che alcune truppe ucraine asserragliate nell’impianto Azot di Severodonetsk si sono arrese. Secondo fonti ucraine, un missile ieri ha affondato nel Mar Nero la nave russa Vasily Bekh, che trasportava armi, munizioni e personale militare. “La Moskva non è più sola in fondo al Mar Nero”, recita un tweet della Difesa ucraina.
La Cina flette i muscoli diplomatici e militari. Il presidente cinese Xi Jinping ospiterà il 23 giugno un vertice virtuale dei Paesi Brics con i leader di Russia, India, Brasile e Sudafrica, seguito – il 24 – da un dialogo ad alto livello sullo sviluppo globale, con una partecipazione allargata. E ieri la Cina ha ufficialmente lanciato la sua terza portaerei alla quale è stato dato il nome di Fujian, la provincia di fronte all’isola di Taiwan.