La Russia apre a un’azione di pace del Papa. La Polonia diffida di una missione a Kiev del trio Scholz – Macron – Draghi. E l’Ucraina presenta una ‘lista della spesa’ ai ministri della Difesa attesi domani alla Nato a Bruxelles. Sul terreno, Severodonetsk è praticamente circondata e i collegamenti con Lisichansk sono tagliati.
Il negoziatore in capo di Kiev Mikhailo Podolyak twitta: “Abbiamo bisogno di armi pesanti”; e chiede 1.000 obici da 155, 300 sistemi lanciarazzi, 500 tank, 1000 droni, 2000 blindati. E’ poco probabile che le richieste ucraine siano soddisfatte: gli Stati Uniti, ad esempio, hanno finora fornito quattro lanciarazzi mobili. I proclami del presidente Volodymyr Zelensky e dei suoi collaboratori consentono di attribuire a Nato ed Ue la responsabilità di una sconfitta nel Donbass. Mentre Kiev denuncia la perdita del 25% dei terreni coltivabili.
L’apertura alla mediazione della Santa Sede è espressa in modo velato in un’intervista a Ria Novosti del direttore del Primo Dipartimento europeo del Ministero degli Esteri russo, Alexey Paramonov. “La dirigenza vaticana ha ripetutamente dichiarato la propria disponibilità a fornire ogni possibile assistenza per raggiungere la pace e porre fine alle ostilità in Ucraina. Queste affermazioni sono confermate nella pratica. Manteniamo un dialogo aperto e riservato su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria”.
Papa Francesco è stato finora molto cauto su una sua missione di pace tra Kiev e Mosca, dopo avere avuto screzi sia con la chiesa ucraina che con quella russa. Contatti sono in corso in questi giorni.
E’ invece confermata la missione congiunta dei tre leader europei giovedì a Kiev, una settimana prima del Vertice europeo del 23 e 24 giugno. Il portavoce del cancelliere ha ieri eluso le domande in merito, dicendo di non potere al momento fornire informazioni. Ma Business Insider fa la data del 15, sostenendo che il programma prevede solo un incontro con il presidente Zelensky.
Il viaggio del trio solleva obiezioni in Europa dagli oltranzisti anti-Russia e pro-guerra. Il Ministero degli Esteri polacco mette in guardia Scholz, Macron e Draghi dal fare pressione su Zelensky perché faccia concessione alla Russia. Il sottosegretario agli Esteri polacco Marcin Przydacz ricorda che il presidente polacco Andrzej Duda ha da tempo esortato i leader europei a visitare l’Ucraina e ad andare a vedere con i propri occhi Bucha e Borodianka auspicando che la visita possa modificare il loro approccio. Przydacz non “si illude” che ciò basti a cambiare la linea di Scholz, Macron e Draghi, ma non capisce perché l’Ucraina “debba perdonare la Russia”. Anche da Praga vengono critiche, specie a Macron.
Scholz, ha finora centellinato le forniture di armi all’Ucraina: non una sola arma pesante è stata data da Berlino a Kiev. Secondo la Bild, che cita il produttore di armi Rheinmetall, i primi veicoli Marder tedeschi destinati all’Ucraina, mezzi corazzati per la fanteria, sono già pronti, ma manca l’ok del governo tedesco alla loro fornitura. L’azienda sta riparando un centinaio di Marder e alcuni di questi sono già utilizzabili, ma spetta a Berlino decidere se e quando spedirli.
Sulla questione interviene anche l’ambasciatore di Ucraina in Germania, Andriy Melnyk, che scrive su Twitter: “Perché rifiutate all’esercito ucraino i Marder, mentre l’Ucraina sanguina nel Donbass davanti ai vostri occhi?”
Dopo un’ulteriore offensiva russa la scorsa notte, le forze ucraine sono bloccate a Severodonetsk. “Le unità militari ucraine hanno due opzioni: arrendersi, o morire. Non c’è altra via”, affermano fonti filo-russe del Donbass. Gli ucraini avrebbero fatto saltare in aria l’ultimo ponte che collegava Severodonetsk con Lisichansk e ora non possono lasciare la città. Dal canto suo, lo Stato Maggiore ucraino afferma che i russi si preparano “a condurre un’offensiva ed a circondare le nostre truppe nei distretti di Severodonetsk e Lysychansk e a bloccare le rotte logistiche da Bakhmut”. Nei pressi di Dnipro, un asilo è statao danneggiato da bombe russe. E Zelensky proclama: “Ci riprenderemo Mariupol”.
Nella diplomazia dell’assurdo che spesso contrappunta le cronache del conflitto, c’è da registrare una dichiarazione del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che, pur di superare il veto della Turchia all’ingresso nell’Alleanza di Finlandia e Svezia, sembra quasi auspicare che Stoccolma estradi ad Ankara i curdi del Pkk rifugiatisi in Svezia. Dopo avere incontrato a Bruxelles la premier svedese Magdalena Andersson, Stoltenberg dice: “Vogliamo risolvere il prima possibile i problemi con la Turchia per potere far entrare Svezia e Finlandia nella Nato. I segnali che la Svezia ha dato su terrorismo ed export di armi sono importanti … Le preoccupazioni della Turchia sono legittime: siamo impegnati in un dialogo trilaterale”. Con buona pace del rispetto dei diritti umani e dei valori fondamentali.
Del resto, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, al riparo del suo ruolo di mediatore tra Russia e Ucraina, si sente autorizzato a lanciare una nuova operazione militare contro i curdi in Siria e vuole ora estendere di 18 mesi il mandato dei soldati turchi in Libia. A dicembre 2020, l’assemblea turca aveva approvato un prolungamento di 18 mesi della missione militare di Ankara in Libia che era stata avviata nel gennaio dello stesso anno in virtù d’un accordo tra la Turchia e l’allora governo di unità nazionale di Tripoli.