Nuovo avvicinamento al comando dell’invasione russa: secondo fonti d’opposizione, finora né confermate né smentite, il generale Alexander Dvornikov non sarebbe più alla guida dell’“operazione militare speciale” in Ucraina. L’informazione proviene dal Conflict Intelligence Team, una ong investigativa russa.
Al posto di Dvornikov, sarebbe stato designato il generale Gennady Zhidko, già comandante del distretto militare orientale e vice-ministro della Difesa per gli affari politici. Dvornikov era stato nominato ad aprile, quando la Russia ridisegnò l’attacco all’Ucraina, riconoscendo, di fatto, il fallimento dell’iniziale invasione su larga scala e concentrando l’azione nel Donbass. Veterano pluridecorato, con responsabilità di comando in Cecenia e in Siria, Dvornikov, che – scrive il New York Times – non appare in pubblico da vari giorni, era da tempo oggetto di indiscrezioni su un possibile siluramento.
La rimozione, se confermata, sarebbe però in contrasto con l’andamento del conflitto, favorevole alla Russia in questa fase. L’analista Ruslan Leviev ritiene che potrebbe trattarsi di un “processo di rotazione” dei vertici delle forze armate, “come già visto in Siria”, dato che la gestione di Dvornikov non appare deludente.
Al compimento del centesimo giorno del conflitto ucraino, il Cremlino getta una secchiata d’acqua gelida sulle speranze d’un incontro di pace tra i presidenti russo Vladimir Putin e ucraino Volodymyr Zelensky. Lo fa la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova: “Sinceramente, non vedo che senso abbia discutere di questa questione, anche solo teoricamente”, perché mancano i fatti su cui poggiare l’ipotesi.
Mosca è però pronta a offrire i porti di Mariupol e di Berdyansk per sbloccare l’export di grano dall’Ucraina e definisce “un bluff dell’Occidente” la notizia secondo cui lei starebbe impedendo l’export agricolo – alimentare: “Chi vuole esportare grano dall’Ucraina, può farlo attraverso la Bielorussia: nessuno lo impedisce, ma bisogna revocare le sanzioni” al regime di Minsk.
La Russia è grata a coloro che si offrono come mediatori – leggasi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan – e conferma l’appuntamento dell’8 in Turchia sull’export agricolo. Il ministro russo Seguiei Lavrov ci arriverà dalla Serbia: il governo di Belgrado mette a rischio il processo di adesione all’Ue con il suo atteggiamento filo-russo.
Mosca sarebbe invece frustrata dall’atteggiamento di Pechino, da cui s’aspettava maggiore sostegno, almeno all’altezza della dichiarata partnership “senza limiti” fra i due Paesi.. Ma la Cina vuole espandere l’assistenza alla Russia senza incorrere nelle sanzioni occidentali e, secondo fonti del Washington Post, pone limiti a ciò che è disposta a fare. Il presidente Xi Jinping avrebbe incaricato i suoi più stretti consiglieri di escogitare come aiutare la Russia senza violare le sanzioni.
Lavrov, che cerca di tenere insieme gli alleati di Mosca, ha ieri visto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian per discutere dei negoziati nucleari, che riprendono lunedì, ma anche di Ucraina.
L’esercito russo invase l’Ucraina il 24 febbraio scatenando una guerra già costata la vita a decine di migliaia di persone, tra cui migliaia di civili. Ed è tempo di bilanci. “La vittoria sarà nostra”, afferma Zelensky, mentre la Russia afferma di avere già ottenuto “alcuni risultati” e di volere continuare fino a conseguire tutti gli obiettivi. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov dice: “Un buon numero di località sono state liberate dalle forze armate ucraine filo-naziste e la gente può iniziare a tornare alla normalità”.
Per l’Onu, invece, la guerra in Ucraina “non ha e non avrà vincitori”. Amin Awad, coordinatore delle azioni in Ucraina, scrive: “Da 100 giorni assistiamo a ciò che viene perso: vite, case, lavoro e prospettive”.
E’ tempo di bilanci. Secondo le forze armate ucraine, sono quasi 40.000 i soldati russi caduti nel conflitto; e Mosca avrebbe pure perduto 210 caccia, 175 elicotteri e 535 droni, 1.367 carri armati russi, 675 pezzi d’artiglieria, 3.366 veicoli blindati per il trasporto delle truppe, 121 missili da crociera e 13 navi.
L’Oms segnala che il sistema sanitario ucraino “è sotto forte pressione”. Al 2 giugno, si contano 269 attacchi a strutture e servizi per la salute, nei quali sono rimaste uccise almeno 76 persone e ferite 59.
Sul terreno, riferisce il Quai d’Orsay, un “volontario francese” è rimasto ucciso in combattimento. Nei pressi di Severodonetsk due giornalisti della Reuters sono stati feriti e il loro autista ucciso in raid. Secondo la Tass i reporter sarebbero stati colpiti mentre un drone ucraino bombardava un convoglio di auto con targhe civili, in cui viaggiavano anche reporter russi di Russia Today.
A Mariupol i russi, secondo quanto riferiscono fonti ucraine, stanno imprigionando e sparando a volontari e funzionari ucraini che si rifiutano di collaborare con le autorità di occupazione. Uno pseudo-tribunale, di cui gli ucraini non riconoscono la legittimità, ha condannato a 10 anni di carcere il capo di un villaggio dell’area; e un dipendente pubblico sarebbe stato ucciso a colpi d’arma da fuoco. Decine di volontari che a marzo e aprile aiutarono a evacuare i residenti di Mariupol sono detenuti nella prigione di Olenivka e sarebbero soggetti a torture.
L’Unione europea ”condanna fermamente i decreti presidenziali russi del 25 e 30 maggio”, che semplificano il processo di concessione della cittadinanza russa e il rilascio di passaporti russi agli ucraini di Kherson e Zaporizhzhia, sotto il controllo militare delle truppe di invasione russe, nonché ai bambini ucraini senza genitori e alle persone legalmente incapaci delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. “L’Unione europea – si legge in una nota – non riconoscerà questi passaporti, emessi come parte della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”.