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Ucraina: punto, le mani di Putin del Donbass, italiani inquieti

Scritto per La Voce e il Tempo uscito lo 02/06/2022 in data 05/06/2022

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L’84,3% degli italiani è preoccupato del rischio di un conflitto mondiale, una percentuale ancora più alta (l’87,3%) è preoccupata dall’eventualità di una crisi energetica. Cento giorni dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la scena internazionale suscita più ansie dell’emergenza sanitaria, che inquieta il 14,3% dei cittadini. L’emergenza climatica (75,7%) e l’espansionismo cinese (56,1%) sono ben più avanti nella ‘hit parade’ dei crucci nazionali. Lo indica il 34° Rapporto Italia dell’Eurispes.

Con il passare delle settimane, il conflitto alimenta paura e insicurezza. Ma aumenta anche la voglia di pace. E, finalmente, in Ucraina, il fronte diplomatico, in stallo da due mesi, sembra muoversi più rapidamente di quello militare, dove “la situazione nel Donbass è molto complicata – ammette all’alba di mercoledì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky -. Severodonetsk, Lysychansk, Kurakhove sono ora l’epicentro dello scontro”, anche se gli ucraini rivendicano succesio a Kherson e progressi a Kharkiv e tengono a Zaporizhzhia, malgrado i russi abbiano un vantaggio significativo “in termini di equipaggiamento e numero”. E gli ucraini lamentano, sul campo, tra 60 e 100 caduti al giorno.

Diplomazia: il risveglio di Erdogan
Il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov sarà in Turchia l’8 giugno “per discutere di corridoi sicuri” per l’export di grano dall’Ucraina, come gli chiedeva il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. E Zelensky sarebbe pronto ad accettare l’iniziativa di Erdogan per un incontro a Istanbul con il leader russo Vladimir Putin e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres: una notizia, questa, non ufficialmente confermata.

Dopo due mesi in posizione defilata, il presidente Erdogan torna a essere protagonista dei tentativi di trovare una via d’uscita al conflitto in Ucraina: Erdogan, che a marzo aveva già messo intorno a un tavolo i ministri degli Esteri russo e ucraino, chiama il presidente russo Vladimir Putin e lavora per organizzare un incontro tra Russia, Ucraina e Onu a Istanbul.

Secondo quanto scrive la Tass, la Turchia è pronta a partecipare a un meccanismo di osservazione in Ucraina se Mosca e Kiev raggiungeranno un accordo su un ‘cessate il fuoco’ da tenere sotto controllo. Mosca dà atto a Erdogan dello sforzo; e Kiev non chiude la porta: il presidente “valuterà la proposta di tenere colloqui telefonici a tre con i leader di Russia e Turchia, se il presidente russo intende partecipare”, riferisce un po’ cerimoniosamente un portavoce.

Erdogan s’inserisce nello spiraglio diplomatico aperto la scorsa settimana dai leader europei Macron, Scholz e Draghi e gioca su più tavoli: a quello Nato, tiene ancora bloccata l’adesione all’Alleanza di Finlandia e Svezia.

Con il presidente turco, Putin evidenzia “la disponibilità russa a facilitare il transito marittimo senza ostacoli di merci” – vale pure per il grano ucraino –, come ad accelerare l’export agro-alimentare, se le sanzioni saranno levate. C’è poi da rendere sicura la navigazione nel Mar Nero e nel Mar d’Azov, eliminando le mine. Ma Kiev accusa Mosca di rubare il grano all’Ucraina esportandolo illegalmente per conto proprio: quasi mezzo milione di tonnellate. E il premier britannico Boris Johnson sostiene che Putin aggrava crisi alimentare.

Terreno: la battaglia di Severodonetsk
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e forze russe controllano la maggior parte di Severodonetsk, una città di 70 mila abitanti, ridottisi a 10/12mila: lo ammettono gli ucraini, secondo cui “si combatte strada per strada”. Un serbatoio di acido nitrico di un’industria chimica è stato colpito in un bombardamento a Severodonetsk – Zelensky parla di un’azione “folle” -. Secondo una testimonianza, i cadaveri dei soldati russi uccisi non verrebbero rimossi: “L’odore di decomposizione riempie la zona”.

Durante un’operazione di evacuazione a Severodonetsk, è rimasto ucciso un giornalista francese, Frédéric Leclerc Imhoff; e si segnala la scomparsa di tre medici.

A Poltova, un tribunale ha condannato due soldati russi a 11 anni e mezzo di reclusione: colpirono con missili multipli due villaggi nella regione di Kharkiv: Alexander Bobykin e Alexander Ivanov hanno “ammesso pienamente la loro colpa e si sono detti pentiti”. Il Parlamento dio Kiev ha invece ‘licenziato’ la commissaria per i diritti umani Lyudmila Denisova, molto mediaticamente attiva dall’inizio dell’invasione.

L’intelligence di Kiev dice che Putin vuole completare l’occupazione del Donbass entro il 1° luglio. La Russia, che per l’intelligence britannica, ha subito “perdite devastanti” fra i suoi ufficiali, starebbe concentrando truppe e armi a Kursk, al confine con l’Ucraina. L’Ucraina ha invece ricostituito a Kharkiv nuove unità del battaglione Azov decimato e catturato a Mariupol.

E c’è pure un’eco d’Italia nelle cronache di guerra, perché i russi sostengono, mostrando un video, di avere distrutto una postazione ucraina “dove i nazionalisti avevano posizionato artiglieria inviata dall’Italia”. Ma Roma smentisce l’origine italiana del materiale in questione.

Usa: niente missili a medio raggio
La decisione del presidente Usa Joe Biden di non dare all’Ucraina i missili a media gittata, ma solo quelli che tirano fino a 70 km, delude e irrita Zelensky. Il capo negoziatore Mykhailo Podoliak depreca su Twitter la debolezza dell’Occidente nell’esercitare pressioni sulla Russia: “La Russia non deve vincere, ma non daremo armi pesanti – potrebbe offendere Mosca -. Putin deve perdere, ma non imponiamo nuove sanzioni. Milioni di persone moriranno di fame, ma non siamo ancora pronti per i convogli militari di scorta al grano. L’aumento dei prezzi non è il peggio che aspetta l’Occidente, con una politica di questo tipo”. Kiev scalpita, perché i sistemi di missili ora negatile dagli Usa “sono quelli di cui abbiamo bisogno”, sostiene Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri.

Della decisione di Biden, Mosca, invece, si rallegra. Il vice-presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev, un ex presidente ed ex premier, la giudica “ragionevole”. Se le sue città saranno attaccate, nota Medvedev, la Russia colpirebbe i centri “decisionali criminali” ucraini, anche “ben lontani da Kiev”.

Washington nega a Kiev il Multiple Launch Rocket System (Mlrs), che ha una gittata di 300 km, ma le do l’High Mobility Artillery Rocket System (Himars), una versione più leggera che spara munizioni analoghe, ma solo fino a 70 km contro bersagli terrestri – comunque, ben oltre gli obici Howitzers forniti finora, che hanno una gittata massima di 25 km, e i missili anti-tank Javelin o anti-aereo Stinger -.

Negli Usa, le interpretazioni sui motivi della decisione di Biden sono diverse Il Washington Post la collega alla percezione che le notizie dal fronte non sono incoraggianti per gli ucraini. “Mentre s’avvicina il giorno 100 dall’inizio dell’invasione russa, l’inerzia dei combattimenti nel Donbass è favorevole ai russi”, nonostante che l’Ucraina abbia ricevuto abbondanti aiuti militari americani e occidentali.

TheDefensePost riporta, invece, il giudizio del senatore repubblicano Lindsey Graham, un esperto di problemi della difesa e della sicurezza, secondo cui il no di Biden “è un tradimento dell’Ucraina e della stessa democrazia”: “L’Amministrazione Biden s’è lasciata intimidire dalla retorica russa una volta di più”.

Claudio Salvalaggio osserva sull’ANSA: “Mosca ha già ammonito diverse volte che ogni minaccia al suo territorio rappresenterebbe una rilevante escalation e che chi fornisce armi all’Ucraina diventa un legittimo bersaglio dell’esercito russo. Fornire missili più potenti non aiuterebbe il dialogo … e aumenterebbe le crepe che si cominciano a intravedere nell’Alleanza Atlantica … In questo scenario la Casa Bianca non vuole mettere a rischio la faticosamente ritrovata unità euro-atlantica e quindi non si mette di traverso all’ipotesi di una tregua”.

In realtà, non si può parlare di marcia indietro: che il nuovo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina dagli Stati Uniti per 40 miliardi di dollari avrebbe incluso anche sistemi di missili a medio raggio era stato detto dalla Cnn, ma non era mai stato avallato da fonti ufficiali. Però, la stampa Usa e quella occidentale hanno letto la decisione di Biden in modo univoco, come del resto Al Jazeera (“Biden non manderà in Ucraina missili che possono raggiungere la Russia”).

Il titolo campeggia su molti media degli Stati Uniti, dove però la guerra in Ucraina perde terreno rispetto alla battaglia sulla stretta alla vendita di armi nell’Unione e alle polemiche sull’aborto, oltre che all’impatto dell’inflazione e alle primarie per le elezioni di midterm a novembre.

L’annuncio di Biden e la notizia del Wall Street Journal che Usa e Cina preparano il primo incontro tra i capi della Difesa dei due Paesi, Lloyd Austin e Wei Fenghe, suggeriscono che Washington stia dando un colpo di freno alla politica dello scontro a 360 gradi con Mosca e Pechino.

L’incontro dovrebbe svolgersi a Singapore a margine del Shangri-La Dialogue, conferenza annuale sulla difesa in programma il 10-12 giugno. Austin ha già annunciato che ci sarà, Wei non ancora. L’incontro fra i due avrebbe un significato particolare, dopo che Biden ha prospettato un intervento a difesa di Taiwan in caso di attacco cinese. Nelle ultime tre settimane, ci sono già state telefonate tra i ministri della Difesa e tra i capi di Stato Maggiore Usa e russi.

Ue: compromesso sul petrolio
L’intesa notturna al Vertice europeo sull’embargo Ue al petrolio russo la facciamo raccontare dall’inviato dell’ANSA che l’ha vissuta in presa diretta, Mattia Bernardo Bagnoli. “I leader dei 27, al termine d’una trattativa lunga e spesso vicina a naufragare, sono riusciti a salvare l’unità europei con un escamotage che accontenta Viktor Orban e fornisce adeguate garanzie ai Paesi senza sbocco sul mare. L’intesa prevede un embargo immediato al petrolio che arriva dalla Russia all’Ue via mare mentre rinvia lo stop al greggio trasportato attraverso l’oleodotto Druzhba. Toccherà agli sherpa analizzare quest’ultimo punto ‘il prima possibile’, come recita il testo delle conclusioni. Non sarà facile ma, ora, la strada appare tracciata”.

“A piegare le ultime resistenze dell’Ungheria e dei suoi vicini è stato l’inserimento nelle conclusioni non solo dell’esenzione del petrolio che arriva nell’Ue via oleodotti ma anche di una postilla secondo la quale Bruxelles si impegna a introdurre ‘misure di emergenza’ in caso di interruzione della fornitura di energia da parte di Mosca. Budapest, e anche Praga e Bratislava, hanno ottenuto per iscritto che in caso di ritorsioni del Cremlino saranno aiutate dagli altri Paesi membri. Il periodo di esenzione per il petrolio via oleodotto sarà oggetto di discussione nei prossimi giorni ma non sarà breve”.

Zelensky, collegato in videoconferenza, “ha spronato i colleghi europei a non dividersi ed a varare ‘in fretta’ le sanzioni. Certo, il Consiglio straordinario non era stato convocato solo per risolvere l’impasse sul greggio: l’agenda prevedeva un confronto serrato su temi chiave, come il piano dell’Ue per svincolarsi dagli idrocarburi russi e al contempo impostare la rotta verso l’autonomia energetica grazie alle rinnovabili. L’architrave, ovviamente, resta il sostegno incondizionato all’Ucraina, finanziario (è stata trovata l’intesa su aiuti per la ricostruzione da 9 miliardi) e politico-militare”.

Ma a catalizzare l’attenzione è stato proprio il braccio di ferro sull’embargo al petrolio. Un braccio del Druzhba passa da Polonia e Germania: Varsavia e Berlino si sono dette disposte a fare a meno della loro quota quando scatterà il blocco, a fine anno, che riguarderebbe, quindi, oltre il 90% dell’import di greggio dalla Russia.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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