Il Settimanale 2022 2 – “O ci lasciamo o ci uniamo ancora di più”, così mi diceva Kolia, il mio ragazzo ucraino, durante le nostre videochiamate subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il conflitto ci ha portato a dover ripensare al nostro rapporto, già a distanza, dal momento che Kolia vive e lavora in provincia di Salerno, come infermiere.
Mi continuava a ripetere: “Ele, io voglio partire e tornare a casa”. Per molti giorni, dopo l’invasione, non ha dormito la notte con il pensiero alla madre Vira e al fratello Vasia, rimasti in Ucraina. Senza contare la preoccupazione per i suoi colleghi di università, ora infermieri e quindi potenziali soccorritori al fronte.
La guerra aveva invaso anche le nostre conversazioni: quando Kolia parlava con me, la sua attenzione era richiamata dal bombardamento di notizie che gli arrivavano sul telefono. Allo stesso tempo, non mi faceva partecipe delle sue paure per non coinvolgermi troppo. Inevitabilmente, però, la fame di notizie aveva iniziato a travolgere anche me. Avevo cominciato a stare in chiamata fino a notte fonda con lui per seguire insieme l’evolversi della guerra e per cercare in qualche modo di confortarlo e distrarlo.
La mia solidarietà si era tradotta nella partecipazione alle manifestazioni che nei giorni successivi al 24 febbraio erano state organizzate a Roma: volevo fargli sentire tutta la mia vicinanza. “Grazie che sei con me”, mi ha scritto su WhatsApp quando gli ho inviato una foto della fiaccolata al Campidoglio gremito di gente e di bandiere azzurre e gialle.
Il 5 marzo sono cambiate molte cose. Vira e Vasia si sono messi in viaggio per raggiungere Kolia in Italia. Mi aveva già anticipato che lo spostamento non sarebbe stato semplice soprattutto perché non si sapeva se il fratello, di 17 anni, avrebbe potuto superare i severi controlli alla frontiera.
L’avvenuto ricongiungimento ha contribuito a tranquillizzare la famiglia. Anche tra di noi, nell’ultimo periodo, sembra essere tornata la normalità. Le conversazioni sono di nuovo leggere; e di guerra si parla meno, a volte anche in modo ironico. “Andiamo insieme in Ucraina, io vado a combattere e tu diventi una giornalista famosa”, mi ha detto ieri sera.
L’esito del conflitto, però, è ancora lontano e restano momenti bui di preoccupazione: è di pochi giorni fa la notizia del padre di un amico chiamato a fare le visite mediche per l’esercito.
La frase di Kolia, “o ci lasciamo o ci uniamo ancora di più”, mi torna anche oggi in mente. Cambiamenti nella nostra quotidianità ce ne sono stati, e anche molti. Quel che è certo è che non ci dimenticheremo facilmente di questo periodo, per noi una grande scommessa. Forse, questa guerra ci ha uniti davvero.
Scritto da Elena Malusardi e Debora d’Antonio con la redazione composta da Maria Mantero, Luigi Perrotta, Chiara Zampiva