Il Settimanale 2022 2 – La guerra in Ucraina ha cambiato la vita di tutti, in modi diversi. Noi abbiamo cambiato la nostra percezione, cercando di trasformare la nostra esistenza in una vita attiva, solidale; tentando di tendere una mano a chi ne ha bisogno. Per Nadiya, un’anziana signora ucraina, la vita si è bloccata.
Nadiya, 89 anni, è arrivata a Roma qualche settimana prima del fatidico 24 febbraio 2022 per passare un po’ di tempo con la figlia e il genero. Non poteva prevedere che quella che era iniziata come una visita alla figlia lontana si sarebbe rivelata una sua nuova vita: dallo scoppio della guerra infatti è bloccata a Roma, in attesa di poter tornare al suo paese e alla sua quotidianità.
Siamo riusciti a parlare con lei grazie alla figlia che si è offerta di farci da interprete, dato che Nadiya parla solo ucraino. La signora ci ha permesso di entrare nel suo cuore, nelle sue angosce e nel suo dolore, il dolore di chi è ospite da mesi e non sa se mai riuscirà a tornare a casa sua.
Quanto segue è il frutto di ciò che ci ha raccontato.
«Quando sono arrivata in Italia non pensavo che avrei lasciato il mio paese forse per sempre. Non so quando potrò tornare, non so se troverò ancora la mia casa e la mia famiglia. Sono in contatto soprattutto con mio figlio maggiore e lo sento quasi tutti i giorni, ma spesso abbiamo problemi di comunicazione. La segreteria telefonica mi fa temere il peggio!».
Le chiediamo di parlarci della sua famiglia ma, tenendo lo sguardo fisso sul suo crocifisso, Nadiya affoga nei pensieri: si tocca la fronte, quasi a voler sistemare i ricordi, e chiede a sua figlia di portarle le sue foto in bianco e nero. Ce le porge delicatamente: lei a trent’anni mentre tiene stretto a sé uno dei suoi figli.
Con gli occhi pieni di lacrime prosegue il suo racconto. «Sarei dovuta tornare in estate per festeggiare i miei novant’anni con la famiglia, ma la situazione è degenerata da un momento all’altro. Abbiamo saputo dell’inizio della guerra in diretta, mentre i russi iniziavano a bombardare il paese. Erano le 4 di mattina in Italia quando mio figlio ci avvisò che la guerra era iniziata. Urlava e piangeva, parlava così veloce che non abbiamo realmente capito cosa stesse accadendo. Lui vive insieme alla moglie e a due figli piccoli in un paesino poco distante da Kiev, proprio dove la situazione sembrava essere più tesa. Ci ha raccontato che ogni giorno sentono passare delle camionette con un altoparlante da cui una voce ripete in continuazione di non uscire di casa se non per motivazioni di vitale importanza».
A questo punto, notando la sua espressione terrorizzata, la invitiamo a una pausa, ma lei ci assicura che parlarne la aiuta a esorcizzare il dolore. «Ho provato e continuo a provare tante emozioni contrastanti: rabbia, paura, preoccupazione. Ma più di tutto ho sentito un enorme senso di impotenza e mi sono sentita in colpa per non essere rimasta nel mio paese con la mia famiglia … Ma come potevo sapere?».
Non poteva saperlo, nessuno poteva. Ciò che è certo è che la vita di tutti è cambiata, in modi diversi: per Nadiya è rimasta sospesa; per noi, invece, è divenuta attiva, solidale.
Sago News, di Alessia Del Vecchio, Odissea Di Bernardo, Giulia Mariani, Simone Ronci