Il Settimanale 2022 2 – Sin dall’inizio, l’invasione russa dell’Ucraina ha mosso i suoi passi tanto sul campo di battaglia quanto su quello social. Un’ondata di video e immagini dell’azione militare in corso ha improvvisamente invaso i nostri profili, concentrando la nostra attenzione su un’allarmante verità: la guerra è iniziata. Ormai da mesi i giornalisti stanno condividendo con il loro pubblico la propria esperienza a stretto contatto con la guerra, spesso a poca distanza dai campi di battaglia.
Tra notizie e commenti, l’intero web è al servizio di un conflitto che, se non fosse per i tragici bollettini quotidiani dei caduti e delle vittime, sembra si combatta più con i like che con le armi: una guerra che è diventata social. Si pensi che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky utilizza il suo profilo Twitter per comunicare con i followers e che lo stesso esercito ucraino posta continui aggiornamenti dal proprio account.
Insomma, dai politici agli influencer (o dai politici influencer), tutti si sentono coinvolti nel dibattito, nessuno escluso. In breve, i social stanno ridefinendo il modo di fare la guerra: se da una parte hanno ridotto le distanze rispetto al conflitto in corso, dimostrandosi utili strumenti di informazione diretta, dall’altra sono diventati vero e proprio strumento politico per combattere e deviare l’opinione pubblica.
L’utente, costantemente richiamato al conflitto, non è più solo spettatore, ma sbandiera la sua visione dei fatti a suon di post, schierandosi e continuando a far circolare le notizie. Tra immagini di morte e distruzione, testimonianze e inni alla pace, Instagram, TikTok e Twitter hanno pian piano soppiantato i classici mezzi di informazione, grazie alla possibilità di un confronto diretto fra gli utenti.
La sfida è non restarne sommersi. Quello di un’informazione a senso unico resta il principale rischio, visto l’ isolamento della Russia, in parte volontario e in parte forzato anche da un’ostilità verso numerosi aspetti della stessa cultura degli invasori. Un’informazione univoca che spesso non lascia spazio all’opinione personale, specialmente se divergente dal pensiero “di tendenza”, che tiene l’utente in balìa delle notizie più disparate e che spesso sfocia nelle fake news generando ulteriore e inutile panico (si veda quella falsa dell’invasione russa della Svezia a inizio conflitto).
Insomma una guerra unica nel suo genere, che continua ad essere presente nella quotidianità di ogni persona, coinvolta o meno grazie al proprio smartphone.
Un conflitto così confusionario e spettacolarizzato da perdere, talvolta, credibilità.
Agenzie della Vita, di Francesca Barone, Mariele D’Alessandris, Beatrice D’Uffizi, Claudia Raboni