Il Settimanale 2022 2 – Spettatori della guerra con l’anima bersagliata dai sensi di colpa. Così i giovani italiani riflettono sul conflitto russo-ucraino, filtrato a distanza dai media. “Avevo l’impressione che la nostra vita sarebbe cambiata per sempre e che quel conflitto si sarebbe esteso nel resto d’Europa”: sono le considerazioni di Simone, 24 anni. La generazione zeta, che aveva assistito in fasce al crollo delle Torri Gemelle con un vago ricordo dell’interruzione della puntata della Melevisione quel fatale 11 settembre 2001, dal 24 febbraio ha visto per la prima volta le immagini di un conflitto convenzionale rimbalzare tra i canali della tv generalista. E non solo: social, siti di informazione, talk show e podcast sono subito stati monopolizzati da Kiev.
Uno degli effetti di questo bombardamento mediatico è stato un diffuso senso di colpa: in quei primi giorni il pensiero di fare un aperitivo senza sentirsi la coscienza sporca era per pochi privilegiati. “Come posso andare avanti con la mia vita come se nulla fosse mentre migliaia di persone muoiono o sono costrette a rifugiarsi sotto terra per evitare le bombe russe?”, si è chiesta più volte Benedetta, 23 anni, in quei giorni di febbraio. Le fa eco la coetanea Giulia: “Se da un lato le notizie che riceviamo ci danno l’impressione di partecipare alle sofferenze del popolo invaso, dall’altro ci fanno percepire un’angoscia nel vivere la quotidianità come se nulla fosse. Siamo consapevoli di quello che accade lontano e per questo ci sentiamo colpevoli, anche se è impensabile che la routine quotidiana si fermi ogni volta che scoppia una guerra fuori dal nostro Paese”.
L’angoscia però è destinata a svanire in fretta. Più si va avanti, più si perde l’interesse per un evento tanto drammatico: “A distanza di tre mesi da quel giorno, posso dire che la guerra non ha avuto un impatto così cruciale sulla nostra vita. Certo, sono aumentati sensibilmente i prezzi della benzina e del gas, ma non è la prima volta che accade e anche il governo è intervenuto tempestivamente per ovviare al problema. L’unico aspetto in cui avverto un cambiamento sono i mezzi di informazione che hanno inevitabilmente acceso i riflettori sulla vicenda”, conferma Simone.
Ma se al tavolo del bar è possibile sottrarsi ai discorsi su vittime e bombardamenti, per il web non vale la stessa regola: “Appena ci siamo connessi, commentando una partita di calcio o mostrando un libro nuovo sui social, siamo stati investiti da una pioggia di giudizi su come i nostri interessi siano una mancanza di rispetto verso il dramma ucraino”, confessa Samuele, 24 anni: “Distrarsi non significa mancare di sensibilità nei confronti di altri esseri umani che soffrono. In fondo, la capacità di evadere è un’ora d’aria che dobbiamo concederci con gratitudine verso la vita, proprio ed ancora di più perché c’è chi vorrebbe essere al nostro posto”.
di Benedetta Mannucci, Giulia Becker, Adriano Melita, Simone Candela, Samuele Diodato