Il Settimanale 2022 2 – L’essere umano per sua natura si adatta facilmente ad ogni tipo di evento, anche quelli più tragici: l’abbiamo visto con la pandemia e ora lo vediamo con la guerra in Europa, l’invasione dell’Ucraina. La nostra vita di tutti i giorni è rimasta invariata, ma un aspetto che continua ad essere messo a dura prova è la salute mentale: sempre più giovani dichiarano di provare un forte senso di incertezza per il futuro.
È innegabile: l’eco di quello che sta succedendo in Europa, dalle battaglie alle trattative per la pace finora mancata, risuona anche all’orecchio di noi ventenni. Eppure, se ci viene chiesto «Ti ha toccato direttamente la guerra? Come?», la risposta più immediata è almeno parzialmente negativa: «Non ho parenti in Ucraina, ma dal 24 febbraio non riesco più a dormire bene la notte». O ancora: «Non avevo intenzione di partire per l’Ucraina, ma da quando è scoppiato il conflitto penso sempre che la guerra possa espandersi e cancellare ogni speranza per il futuro».
Alla luce di queste risposte, date esclusivamente da giovani a un questionario da noi prodotto per un sondaggio anonimo da noi condotto, la questione è chiara: possiamo uscire lo stesso il sabato sera ma, se ci viene chiesto dove e come ci vediamo tra dieci anni, non sappiamo cosa rispondere.
Improvvisamente sembra che la guerra si trovi alle spalle di casa nostra, in quel quartiere che in fondo non abbiamo mai frequentato, ma che adesso, a saperlo distrutto, ci risulta così familiare. Ci siamo sentiti immediatamente coinvolti in qualcosa che in realtà non intacca quasi per niente la nostra vita di tutti i giorni. Così, noi ventenni, abbiamo scoperto un forte senso di appartenenza a qualcosa che però nella quotidianità non ci appartiene, un gigantesco paradosso tra la teoria e la pratica: vi siamo vicini e soffriamo per voi, ma la nostra vita resta uguale. Infatti, alla domanda «il conflitto ha cambiato i tuoi programmi?» la maggior parte dei sessanta giovani che ha compilato il nostro questionario risponde di no.
In questa come in altre epoche storiche, i giovani si ritrovano sullo sfondo, protagonisti passivi di un periodo che è incisivo e determinante, ma nel quale noi non possiamo scrivere niente. Tuttavia, anche se il nostro decorso quotidiano, all’infuori di «cerco sempre il benzinaio meno caro invece di andare al primo distributore che trovo», è rimasto lo stesso, qualcos’altro per la maggior parte di noi è cambiato: il futuro diventa sempre più incerto.
È risaputo quanto la recente pandemia e i suoi conseguenti lockdown abbiano sconvolto i progetti di tutti. Ma forse non si parla abbastanza di quanto abbiano “allontanato” i piani per il futuro dei giovani. Se mascherine, zone colorate e coprifuoco ci sembrano adesso un ricordo lontano, ecco arrivare una nuova imminente minaccia che ci riconduce al punto di partenza: è possibile pianificare il futuro?
Proprio così ci tocca questo conflitto, con questa scomoda, pungente e spaventosa domanda alla quale non sappiamo trovare una risposta. La routine è rimasta immutata, ma la dose di ansia giornaliera è cambiata. L’incertezza, lo sconforto e la paura sono aumentati, causando danni psicologici che hanno sintomi che si manifestano tutti i giorni: attacchi di panico, insonnia, irrequietezza. Il mondo è cambiato, e noi con lui.
Saba, di Simona Alba, Benedetta Irrera, Alice Lomolino, Arianna Remoli
Fonte: Questionario anonimo da noi creato inoltrato a 60 giovani. https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSc3xTJQHCcOIWsjLziopUtTHpwEO3iTt-sK7lB6e-sMWtuvVg/viewform?usp=sf_link