L’Europa prova ad aprire una via alla pace, o almeno alla tregua, nel conflitto in Ucraina, cercando di uscire dal percorso di logoramento della Russia imboccato dagli Stati Uniti. In una telefonata al presidente russo Vladimir Putin, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz chiedono “negoziati diretti e seri” con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Putin risponde che “la Russia è pronta a riprendere il dialogo con l’Ucraina”. La conversazione triangolare russo-franco-tedesca si colloca in scia a quella di giovedì tra Putin e il presidente del Consiglio italiano Maria Draghi, ma pare avere esiti più concreti e fattuali: il Cremlino riferisce che Putin, Macron e Scholz concordano di continuare a tenersi in contatto “con telefonate”.
Con il passare dei giorni, si rafforza la sensazione che la Russia stia vincendo nel Donbass: Mosca conferma la conquista delle città di Lyman e, secondo la Ap, le forse separatiste filorusse di Lugansk e di Donetsk martellano le postazioni ucraine di Kramatorsk, uno snodo ferroviario; Kiev sostiene d’avere sventato, dopo combattimenti strada per strada, la presa di Severodonetsk. Si teme che altre località debbano vivere l’odissea di Mariupol.
I russi tornano a bombardare quartieri residenziali di Mykolaiv, facendo vittime civili. La provincia di Kherson, interamente occupata dalle forze d’invasione, chiude ogni accesso al territorio ucraino “per ragioni di sicurezza”. Le autorità locali filorusse sconsigliano “qualunque viaggio verso l’Ucraina, qualunque ne sia la motivazione”.
Macron e Scholz chiedono a Putin di liberare i circa 2.500 combattenti fatti prigionieri all’Azovstal. Ma i filorussi del Donetsk pensano a un tribunale internazionale ‘stile Norimberga’ per processare i miliziani ucraini evacuati dall’acciaieria di Mariupol: potrebbe avallare la tesi della ‘nazificazione’ dell’Ucraina ripetutamente evocata da Mosca per giustificare l’invasione; e potrebbe magari aprire la strada a uno scambio di prigionieri coi militari russi perseguiti dagli ucraini per crimini di guerra.
C’è anche da sciogliere il nodo dell’export di grano dall’Ucraina: secondo Putin, la Russia è pronta a facilitare soluzioni, dai porti sul Mar Nero e sul Mar d’Azov. Il Ministero degli Esteri russo bolla, peò, come senza fondamento le accuse di blocco dei porti ucraini.
Sull’ipotesi di negoziati diretti con Putin, Zelensky dice: “La domanda non è cosa voglio trattare con lui. La questione è che non c’è altri con cui negoziare. Ha costruito uno Stato in cui nessuno decide nulla”, in cui gli altri non contano nulla. Il presidente ucraino non accantona la sua consueta retorica bellica: vinceremo, non cederemo un palmo di territorio.
In tal senso, il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov annuncia che l’Ucraina ha ricevuto una nuova e più potente versione degli obici semoventi americani M109 da 155 mm: “Materiale – dice – di alta qualità, la cui consegna è il risultato della cooperazione tra diversi Paesi”. Da Mosca, Putin però avverte: “La fornitura di armi all’Ucraina da parte dell’Occidente rischia di creare un’ulteriore destabilizzazione”. E il Ministero della Difesa russo diffonde le immagini di un test d’un missile ipersonico nel Mar Baltico: una sorta di monito a Finlandia e Svezia che attendono d’entrare nella Nato.
Ma Mosca fa pure sapere che intende di continuare a lavorare con Washington sul nuovo Start – l’attuale Trattato scade nel 2026 -.
Il bollettino di guerra ucraino indica che i soldati russi caduti in Ucraina dall’inizio dell’invasione sono circa 30mila. Aggiornando le perdite finora subite da Mosca, Kiev elenca, dopo 94 giorni di conflitto, anche 207 caccia, 174 elicotteri e 503 droni abbattuti; e 1.330 carri armati russi, 628 pezzi di artiglieria, 3.258 veicoli blindati per trasporto truppe, 116 missili da crociera, 203 lanciamissili, 13 navi, 2.226 veicoli e autocisterne e 93 unità di difesa antiaerea distrutti.