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Ucraina: le tante vittorie di una guerra dove tutti sono sconfitti

Scritto per Il fatto Quotidiano del 28/05/2022

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Dopo Mariupol, Severodonetsk: la città dell’Ucraina divenuta l’epicentro dell’avanzata russa nel Donbass è sotto continui bombardamenti, il 60% delle abitazioni è completamente distrutto e il 90% degli edifici è gravemente danneggiato. Stretta su tre lati dalle forze russe, uscirne è “estremamente pericoloso”, dicono fonti ucraine. La caduta della città in mani russe potrebbe essere imminente.

Sorta negli Anni Trenta intorno a un impianto di concimi chimici, Severodonsk aveva oltre 100mila abitanti all’inizio dell’invasione: ne restano 12/13mila. E le vittime civili sono finora state “almeno 1500”.

La Russia fa “progressi lenti ma tangibili” nel Donbass, rileva il premier britannico Boris Johnson: le truppe di Mosca stanno “continuando a rosicchiare terreno”, sia pure “a caro prezzo”. Johnson dice che non bisogna “lasciarsi cullare dall’incredibile eroismo degli ucraini nel respingere i russi alle porte di Kiev”: è “vitale” ora più che mai “sostenerli militarmente”.

Le forze dell’autoproclamata repubblica filorussa di Donetsk affermano di avere “il pieno controllo” della città di Lyman. E gli ucraini accusano la Russia di avere disseminato nel Mar Nero tra le 400 e le 500 vecchie mine sovietiche, che rendono impossibile alle navi uscire dai porti ucraini.

Nei computi dell’Onu, il bilancio delle vittime civili accertate in Ucraina dall’inizio dell’invasione sfiora quota 4.000 – i feriti sono quasi 4.700 -. I dati effettivi potrebbero però essere molto più alti.

Come può finire il conflitto, che pare in stallo, ma la cui inerzia, in questo momento, è favorevole alla Russia? Il New York Times osserva che molti leader subordinano la cessazione delle ostilità alla “vittoria”, ma danno al termine un significato ben diverso l’uno dall’altro.

Zelensky – Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, vittoria è riportare la linea del fronte almeno al punto di partenza, cioè salvaguardare l’integrità territoriale ucraina e, in prospettiva, ripristinare l’autorità di Kiev sulle autoproclamate repubbliche filorusse di Lugansk e di Donatsk e pure sulla Crimea – in pratica, ritornare al 2014 -.

Ma se la resistenza dell’Ucraina ha indotto la Russia a ridimensionare le sue ambizioni, rinunciando all’idea di prendere Kiev, appare molto difficile che gli ucraini riescano a respingere i russi fin dove sono partiti. Zelensky ne incolpa gli europei: “Il catastrofico svolgersi degli eventi potrebbe ancora essere fermato se … i forti del mondo non flirtassero con la Russia, ma volessero davvero porre fine alla guerra”. Invece, l’Ue “da settimane” non riesce a concordare il blocco dell’import di petrolio dalla Russia e “il mondo non osa bloccare il sistema bancario russo”.

Negoziati? “L’Ucraina non è ansiosa di parlare con la Russia, ma … sarà necessario farlo”: parole di ieri a un ‘think tank’ indonesiano. Quando?

Putin – Il presidente russo Vladimir Putin ha annacquato i suoi obiettivi: dal cambio di regime, alias ‘denazificazione’ dell’Ucraina, all’acquisizione dei territori russofili, creando con Mariupol una continuità tra il Donbass e la Crimea e facendo del Mar d’Azov un lago russo. Su queste basi, Putin potrebbe cantare vittoria e negoziare; ma, su queste basi, Zelensky non ci pensa nemmeno.

Ci sono partite parallele, specie con l’Ue: l’economia, l’energia e l’emergenza alimentare. Parlando ieri con il cancelliere austriaco Karl Nehammer, Putin ha notato che l’Ucraina deve sminare i porti “il prima possibile” per consentire il transito delle navi.

Biden – Per il presidente Usa Joe Biden, vittoria è fiaccare una volta per tutte la potenza militare russa, ridurre la Russia a una pari della comunità internazionale e porre le condizioni per un cambio di regime a Mosca. Su questa linea, c’è Johnson, e magari qualche Paese dell’ex blocco sovietico.

Poco interessato in questa fase alla trattativa, Biden non sembra neppure attento a isolare la Russia, ma pare quasi spingerla fra le braccia della Cina. Alla cerimonia di laurea dei cadetti di Annapolis, l’Accademia navale degli Stati Uniti, ha ieri preso a sberle Putin, che non solo vuole conquistare l’Ucraina, ma “cancellarne la cultura”, e il presidente cinese Xi Jinping “che sbaglia ad affermare che le democrazie non sono sostenibili nel XXI secolo”.

L’Europa – C’è un crinale tra gli ‘atlantisti ad oltranza’ e quelli che antepongono la cessazione delle ostilità – una tregua, se non la pace – agli obiettivi ideologici. Francia e Germania guidano, nonostante molte contraddizioni, questo gruppo, dove prevale l’urgenza di salvare vite umane e tamponare le crisi dell’economia, dell’energia, dell’emergenza alimentare.

L’Italia – Il piano di pace italiano era uno ‘specchietto per le allodole’ di casa più che un prodotto da esportazione. Infatti, non se l’è comprato nessuno. Le telefonate di Draghi con Putin, ieri, e con Zelensky oggi lo confermano. Del piano e della pace, s’è parlato molto meno che di guerra, energia, export alimentare.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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