Il Settimanale 2022 1 – Un aspetto impossibile da ignorare del conflitto russo-ucraino è la quantità di informazioni cui possiamo avere accesso tramite i social media. Il racconto della guerra passa attraverso un intricato prisma in cui ai media tradizionali si affiancano tanti racconti satellite, più immediati e meno filtrati: sono quelli diffusi dai civili, testimoni impotenti il cui unico margine di azione è trasformare gli account Instagram, TikTok, Telegram in amplificatori di informazioni. Uno di loro, Oleh Opryshko, e ci ha raccontato la sua esperienza.
Oleh, 27 anni, è uno studente ucraino trapiantato in Italia da ormai 20 anni. I suoi contatti con la madre patria sono ancora molto forti, dal momento che parte della sua famiglia si trova tuttora nel Paese invaso: sua nonna, originaria del Donbass e attualmente residente nell’Ucraina occidentale, è la persona con cui si tiene in contatto ogni giorno; la sorella di sua nonna e una parte dei suoi parenti si trova invece ancora nel Donbass.
Nonostante sia ormai fisicamente distante dalla vita in Ucraina, i legami familiari e il sentimento di forte patriottismo impediscono a Oleh di sentirsi sradicato dalla terra violata dall’esercito russo. Per questo motivo, sin dall’inizio delle ostilità, compie una scelta: usa i suoi canali social, Instagram in particolare, per raccontare il conflitto: “Era l’unico modo per dare un aiuto concreto”, afferma. Mettendo a frutto il suo bilinguismo, Oleh reperisce immagini e video da Telegram, traduce dall’ucraino all’italiano per condividere quante più informazioni possibili sui movimenti delle truppe russe sul territorio ucraino. Gran parte di quello che riporta sono testimonianze dirette che arrivano da persone presenti sul posto.
Oleh dimostra un grande senso di responsabilità, e racconta la frustrazione di fronte alla deresponsabilizzazione di altri: tra le prime persone che ha contattato all’inizio del conflitto c’è una parente di nazionalità russa, la quale ha rifiutato di adoperarsi per contrastare col dissenso le azioni del suo governo. “Quello che mi ha fatto davvero arrabbiare”, dice Oleh, “è che questa persona non abbia neppure pensato di fare un gesto solidale nei confronti dei nostri parenti bloccati nelle zone del conflitto, neppure una semplice telefonata per chiedere come stessero”.
“Non è colpa mia”, questa è una delle frasi più semplici da dire di fronte a una situazione più grande dei singoli individui. Il bombardamento di informazioni cui siamo sottoposti è da un lato un superpotere, che permette di concretizzare qualcosa che rimarrebbe altrimenti “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. D’altra parte, la sovraesposizione mediatica può generare un senso di soffocamento e di impotenza. Eppure, tante voci singole riescono a fare un gran rumore.
La voce di Oleh, già potentemente amplificata dai social, è arrivata il 6 marzo a Latina , dove ha partecipato a un evento del ciclo di incontri dedicati alla situazione russo-ucraina, “Locale, globale”, promosso dal Pd. A dialogare con Oleh, Brando Benifei, capo delegazione degli eurodeputati Pd. “Quel che abbiamo provato a fare è semplicemente informare le persone. Basta poco per combattere l’indifferenza”: questo il pensiero di Oleh.
di Giulia Becker, Simone Candela, Samuele Diodato, Benedetta Mannucci, Adriano Melita