Il Settimanale 2022 1 – Iuliia Khimenko ha trent’anni, è nata e cresciuta a Kharkiv, Ucraina, e da otto anni vive a Roma. Allo scoppio della guerra si trovava qui in Italia, lontana da famiglia e amici. Ai sensi di colpa per il trovarsi al sicuro e all’istinto di correre nel suo Paese, è subentrata ben presto la consapevolezza di dovere restare. Gli aiuti umanitari dalla penisola «non sono così tanti e magari, comunque, qui posso fare il mio» racconta.
La sua storia con la guerra inizia, però, con la paura per i suoi genitori e il bisogno di portarli in salvo. Iuliia, infatti, parla della sua città natale «che era ed è bombardata ogni giorno dall’inizio della guerra» perché sul confine con la Russia e della difficoltà di convincere la madre e il padre a raggiungerla.
Poi, la voglia di dare il proprio aiuto. Dopo aver fatto donazioni ad associazioni ucraine di sua conoscenza, decide di agire in prima persona. Inizialmente si rende utile via chat: non sono tante, ma ci sono persone che già dai primi giorni iniziano ad arrivare in Italia. Telegram si rivela un mezzo di comunicazione efficace per scambiare informazioni e per fornire assistenza in tempi brevi.
Vivendo qui da tanti anni, Iuliia sa bene «che sfortunatamente l’Italia non è un Paese dove tutto è organizzato in modo veloce e efficace da subito» e che quindi una collaborazione di questo tipo che parta dal basso, dalla gente, è indispensabile.
Il suo impegno si è rivolto anche a chi è in cerca di un alloggio. È il caso di un ragazzo di 15 anni arrivato in Italia e trovatosi qui senza i genitori, entrambi sotto obbligo militare. Per evitare che il ragazzo fosse affidato ai servizi sociali o fosse indotto a tornare a Odessa, Iuliia si è mobilitata e, dopo essersi fatta avanti per tenerlo in custodia, ha trovato per lui una famiglia con cui stare. «Adesso va a scuola, sono molto contenta».
«Per le altre cose» racconta «ho un amico a Roma che ha un’associazione per persone disabili e ha deciso di aiutare gli ucraini». Il loro intento è raccogliere aiuti e portarli sul posto fisicamente: «Fortunatamente abbiamo trovato uno sponsor e proprio ieri abbiamo concluso un ordine molto grosso e importante per gli ospedali con cose particolari, come materiale per la sutura».
Quando le chiediamo se possiamo contribuire in qualche modo anche noi, la sua risposta è chiara: «Credo sia estremamente importante l’informazione», un’informazione che sia veritiera e che ricordi alle persone che il conflitto continua. Questo è tanto importante quanto gli aiuti materiali. «Se si vogliono donare soldi va benissimo, è la cosa più facile e utile», ma non è l’unica e non è neanche alla portata di tutti. Iuliia incoraggia anche a donare oggetti che non si usano più: un vecchio sacco a pelo può essere una soluzione per chi non ha dove dormire. «Non è che la tua vita deve diventare un incubo per aiutare qualcuno che sta peggio di te» ci tiene a specificare, ribadendo però che qualcosa si può sempre fare.
di Galatea Berdini, Francesca Cassone, Francesca Ditoma e Beatrice Subissi